Stati Uniti: La guerra silenziosa nei fondali, la Guardia Costiera USA contro i narcos

Di Giuseppe Gagliano*

WASHINGTON D.C. Nell’immensità dell’Oceano Pacifico orientale, dove le onde si infrangono con un ritmo antico e il confine tra legalità e crimine si fa liquido, la Guardia Costiera statunitense combatte una guerra tanto invisibile quanto feroce.

Non si tratta di uno scontro fatto di esplosioni o di proclami, ma di una partita a scacchi giocata sott’acqua, dove l’astuzia tecnologica e l’intelligence si confrontano con l’ingegno criminale dei cartelli della droga.

Qui, tra Colombia, Messico e Stati Uniti, i narcos hanno affinato un’arma insidiosa: i sottomarini, o meglio, i semi-sommergibili, imbarcazioni artigianali costruite nelle giungle colombiane per eludere i radar e trasportare tonnellate di cocaina.

E ora, come se non bastasse, i cartelli hanno alzato la posta, impiegando droni sottomarini, fantasmi tecnologici capaci di muoversi senza equipaggio, guidati dal GPS, per sfuggire a ogni controllo.

Era il 1° settembre 2019 quando la Guardia Costiera statunitense, in un’operazione spettacolare al largo della California, intercettò uno di questi “narco-sub”.

Un aereo della Guardia Costiera USA

Le immagini, diffuse dalla stessa US Coast Guard, mostrano un militare che, con un coraggio che sfiora l’incoscienza, salta su un sottomarino in movimento, apre il boccaporto e costringe alla resa un narcotrafficante con le mani alzate.

Dentro, quintali di cocaina, parte di un carico da 18 tonnellate sequestrato in appena due mesi, per un valore di oltre 569 milioni di dollari.

Quattordici imbarcazioni simili, progettate per essere invisibili, furono catturate in quella stessa operazione.

Ma questo è solo un episodio, un fotogramma di una guerra che si combatte ogni giorno, lontano dai riflettori, nei fondali dell’oceano.

I cartelli della droga, con la loro capacità di adattamento degna di un organismo vivente, hanno trasformato il traffico di stupefacenti in un’industria tecnologica.

I narco-sottomarini, costruiti in cantieri nascosti tra le mangrovie della costa colombiana, sono meraviglie di ingegneria criminale: scafi in fibra di vetro, motori diesel, sistemi di ventilazione rudimentali ma efficaci.

Possono viaggiare per migliaia di chilometri, immergendosi quel tanto che basta per lasciare in superficie solo un’ombra impercettibile.

Un’unità della Guardia Costiera USA in navigazione

Negli ultimi anni, però, l’evoluzione è stata ancora più radicale.

In Spagna, nel 2022, le autorità hanno smantellato un’organizzazione che utilizzava droni sottomarini, capaci di trasportare fino a 200 chili di droga per 50 chilometri, guidati da un semplice GPS.

Un’innovazione che, come spiega la DEA, l’Agenzia antidroga statunitense, ha permesso ai narcos di trasportare oltre il 60% della cocaina diretta negli Stati Uniti attraverso questi mezzi subacquei, con solo un quarto delle imbarcazioni intercettato.

Di fronte a questa escalation, la Guardia Costiera statunitense non è rimasta a guardare.

Sotto il comando del Dipartimento della Sicurezza Interna, l’USCG ha affinato le sue capacità, trasformandosi in una forza che combina intelligence, tecnologia e determinazione.

La sorveglianza aerea, con velivoli dotati di strumenti di localizzazione a lungo raggio, è il primo pilastro di questa strategia.

A questo si aggiungono le reti acustiche subacquee, sistemi discreti che rilevano i movimenti anomali nei fondali, e i droni, sia aerei che sottomarini, che pattugliano aree vastissime. Ma il vero salto di qualità è nella fusione dei dati: piattaforme che integrano informazioni da satelliti, sonar, intercettazioni e rapporti di intelligence per creare una mappa in tempo reale dei movimenti sospetti. È una guerra di algoritmi, oltre che di uomini.

Eppure, la partita è tutt’altro che vinta.

I narcos, con i loro profitti miliardari, possono permettersi di innovare senza sosta.

Non solo costruiscono sottomarini sempre più grandi e sofisticati, ma hanno introdotto il noleggio di questi mezzi, riducendo i costi e delegando la logistica a organizzazioni specializzate.

Nel 2020, un’operazione congiunta tra Stati Uniti e Colombia ha smantellato una di queste reti, che forniva semi-sommergibili ai cartelli su base contrattuale. E mentre i narcos diversificano, passando dalla cocaina agli oppioidi sintetici come il fentanyl, la Guardia Costiera si trova a combattere un nemico che non solo è sfuggente, ma anche incredibilmente resiliente.

C’è poi un aspetto umano, spesso dimenticato.

Gli equipaggi dei narco-sub, spesso reclutati nei quartieri più poveri di città come Buenaventura, in Colombia, sono uomini disperati, disposti a rischiare la vita per pochi migliaia di dollari. Vivono stipati in spazi angusti, senza bagni, con strumenti di navigazione amatoriali, sapendo che, in caso di intercettazione, il loro destino è tra l’arresto e la morte.

Dall’altra parte, i “coast guardsmen”, come si chiamano i membri della Guardia Costiera, operano in condizioni estreme, con la pressione di proteggere non solo le coste americane, ma anche gli interessi economici e la sicurezza nazionale. È una lotta impari, dove la tecnologia è un’alleata indispensabile, ma non sufficiente.

Questa guerra silenziosa, combattuta nei fondali del Pacifico, è un riflesso del nostro tempo: un mondo dove la globalizzazione non è solo commercio e comunicazione, ma anche crimine organizzato su scala planetaria.

La Guardia Costiera statunitense, con i suoi droni, le sue reti acustiche e la sua intelligence, rappresenta una barriera fragile ma tenace contro un’onda che sembra inarrestabile.

E mentre i narcos continuano a costruire i loro sottomarini nelle foreste colombiane, l’oceano resta il campo di battaglia di una sfida che, per ora, non ha vincitori.

*Presidente del  Cestudec  (Centro Studi Strategici)

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