Stati Uniti: l’ombra di Musk, un allarme dall’intelligence scuote Washington

Di Giuseppe Gagliano

WASHINGTON D.C. La capitale statunitense, in questi giorni, mentre il secondo mandato di Donald Trump prende forma tra proclami e polemiche, una voce dal passato dell’Intelligence americana squarcia il velo di un’Amministrazione già turbolenta.

Il Presidente americano Donald Trump

L’ex capo del controspionaggio dell’era Trump – una figura ancora senza nome nei resoconti frammentari – avrebbe lanciato un allarme sulle “epurazioni” orchestrate da Elon Musk, l’enfant terrible della politica americana, nominato da Trump a capo del Department of Government Efficiency (DOGE).

Ma di quali epurazioni si parla? E perché un veterano dell’Intelligence sente il bisogno di parlare ora? La risposta, come spesso accade, si nasconde tra le pieghe di un potere che si muove rapido, troppo rapido, per essere controllato.

L’uomo al centro della tempesta

Elon Musk non è mai stato un uomo qualunque.

Elon Musk

Genio visionario per alcuni, demagogo pericoloso per altri, il patron di Tesla, SpaceX e X ha attraversato il 2024 come un ciclone, trasformandosi da magnate eccentrico a pilastro dell’America di Trump.

La sua nomina a capo del DOGE, un’agenzia creata ad hoc per smantellare la burocrazia federale e tagliare mille miliardi di dollari di spesa pubblica, lo ha catapultato al cuore del potere.

Musk non si è limitato a gestire numeri: ha partecipato a telefonate con leader stranieri, influenzato nomine governative e, secondo i critici, agito come un presidente ombra.

La sua piattaforma X, nel frattempo, è diventata il megafono del movimento MAGA, amplificando narrazioni divisive e alimentando un clima di polarizzazione.

Ma il termine “epurazioni”, evocato dall’ex funzionario dell’Intelligence, getta una luce sinistra su questa ascesa.

Si riferisce forse ai tagli draconiani proposti da Musk, che hanno messo nel mirino Dipartimenti come quello dell’Istruzione e finanziamenti a enti pubblici come la National Public Radio?

Oppure si tratta di una metafora per descrivere la presunta “pulizia” su X, dove account e contenuti critici verso Trump sembrano sparire con sospetta regolarità? Più inquietante ancora, potrebbe alludere a una rimozione sistematica di figure scomode all’interno dell’amministrazione, un’ipotesi che, se vera, farebbe tremare i corridoi di Washington.

Un allarme dall’ombra

L’identità dell’ex capo del controspionaggio rimane avvolta nel mistero.

Potrebbe essere William Evanina, che guidò il National Counterintelligence and Security Center fino al 2021, o un’altra figura di alto profilo dell’era Trump.

Chiunque sia, il suo allarme non è un fulmine a ciel sereno. Musk, con il suo accesso a tecnologie sensibili tramite SpaceX – che gestisce contratti miliardari per satelliti spia e lanci militari – e il controllo di X, una piattaforma cruciale per l’informazione globale, rappresenta un unicum nella storia americana: un privato con un’influenza che rivaleggia con quella di un capo di Stato.

Per l’intelligence, Musk è un enigma.

Da un lato, SpaceX è un partner indispensabile per la sicurezza nazionale, con accordi come quello da 1,8 miliardi di dollari con il National Reconnaissance Office.

Dall’altro, la sua retorica incendiaria e la vicinanza a Trump sollevano interrogativi.

Un uomo che twitta di “invasioni di migranti” e partecipa a negoziati con Zelensky o Erdoğan può davvero essere un custode affidabile di segreti di Stato?

Il Presidente turco Erdogan

L’ex funzionario, secondo le indiscrezioni, teme che le “epurazioni” di Musk – siano esse burocratiche, digitali o politiche – possano destabilizzare un sistema già fragile, aprendo varchi a influenze straniere o a un caos interno.

Il gioco delle tensioni

L’allarme arriva in un momento di crepe visibili nell’edificio trumpiano.

Steve Bannon, il guru della destra radicale, ha definito Musk “malvagio” e chiesto la sua espulsione dall’Amministrazione.

Peter Navarro, consigliere al commercio, si è scontrato con lui sui dazi.

Persino Trump, secondo alcune voci, starebbe valutando un ridimensionamento del ruolo di Musk, con indiscrezioni che lo vedono pronto a lasciare il DOGE entro l’estate.

In questo contesto, l’allarme dell’ex capo del Controspionaggio potrebbe essere un segnale di allerta non solo su Musk, ma su un’amministrazione che rischia di implodere sotto il peso delle sue ambizioni.

E poi c’è X, il vero campo di battaglia.

La piattaforma, che Musk ha trasformato in un’arena di propaganda e controinformazione, è sotto scrutinio per il suo ruolo nella polarizzazione dell’America.

Campagne come #BidenBorderBloodbath, che dipingono i migranti come una minaccia esistenziale, hanno amplificato la rabbia di una base già radicalizzata.

Per un ex funzionario dell’Intelligence, abituato a monitorare minacce come lo spionaggio cinese o la disinformazione russa, X potrebbe rappresentare un rischio interno altrettanto grave: un’arma di destabilizzazione di massa nelle mani di un uomo che non risponde a nessuno.

Un futuro incerto

Washington non è nuova agli allarmi dell’Intelligence.

Durante il primo mandato di Trump, le Agenzie di sicurezza si scontrarono spesso con la Casa Bianca, denunciando interferenze russe o minacce ignorate.

Ma il caso Musk è diverso. Non si tratta di un nemico esterno, ma di un attore interno, un alleato di Trump che sembra sfuggire a ogni controllo.

Se le “epurazioni” di cui parla l’ex funzionario sono reali, potrebbero segnare l’inizio di una lotta di potere che va oltre i confini americani, toccando la sicurezza globale in un’epoca in cui lo spazio, il cyberspazio e l’informazione sono i nuovi fronti di guerra.

Per ora, l’allarme rimane un’eco senza conferme ufficiali.

Musk continua a twittare, Trump a governare, e l’America a dividersi.

Ma in un Paese dove il confine tra genio e caos è sempre stato sottile, le parole di un veterano dell’intelligence non possono essere ignorate.

Perché quando un uomo come Musk si muove, il mondo trema – e non sempre per il meglio.

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