Stati Uniti, sulla testa del Presidente Donald Trump la “mannaia” dell’impeachment. Le manovre parlamentari a Washington

Di Pierpaolo Piras

Washington. Per mesi, Nancy Pelosi, nota e stimata senatrice e presidente della Camera dei Rappresentanti americana, conscia dichiaratamente dei rischi, è stata restia alle pressioni del suo Partito Democratico, intese ad intraprendere le procedure d’impeachment contro Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti.

Nancy Pelosi, speaker della Camera dei Rappresentanti USA

L’accusa verso Trump è quella di “tradimento del suo giuramento d’ufficio”, ovvero di aver esercitato il suo potere presidenziale sul Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, affinchè avviasse indagini sugli affari di Joe Biden ( già vice-presidente nella passata presidenza di Barak Obama, ma suo principale rivale politico ed in prima fila nella “nomination” democratica che assumerà nel 2020) e di suo figlio Hunter, minacciandolo di ridurre sensibilmente gli aiuti economici e forniture militari all’Ucraina.

In poche parole, c’è in gioco la Casa Bianca.

La legge sull’impeachment fa parte del Corpus Iuris della Common Law, tipicamente anglosassone, giunta negli Stati Uniti con i cosiddetti “padri fondatori”, fin dalla costituzione storica degli USA nel XVIII secolo.

La Costituzione USA consente che il Parlamento possa rimuovere il Presidente prima della scadenza del suo mandato se un numero sufficiente di accusatori (parlamentari o altri) lo denunciano di “ tradimento, corruzione o altri crimini o delitti”.

Lo stesso grave provvedimento può essere comminato verso qualunque pubblico ufficiale federale che abbia commesso gravi reati.

L’avvio della procedura di impeachment del Presidente spetta alla Camera dei Rappresentanti – costituita da 435 membri , tutti eletti su base proporzionale in relazione all’entità della popolazione locale – che può negarla a maggioranza semplice.

La medesima votazione si terrà anche al Senato – secondo ramo del Parlamento, costituito da 100 rappresentanti, eletti in numero di due per ogni Stato dell’Unione, per un mandato di sei anni – dove l’Assemblea si riunisce sotto la supervisione di un giudice federale e la maggioranza per l’approvazione dovrà essere di due terzi dell’Assemblea stessa.

L’impeachment viene spesso adombrato nei momenti più acuti della dialettica parlamentare. Ma, nella storia americana, solo due presidenti sono stati stati messi sotto accusa senza completare questa procedura.

L’ultimo è stato il 42°: Bill Clinton. Il quale fu accusato, nel 1998, di spergiuro e di aver ostacolato la Giustizia per le sua dichiarazioni, giudicate false, sulla relazione con un’impiegata della Casa Bianca, Monica Lewinsky.

Il Presidente Trump

La maggioranza dei parlamentari alla Camera dei Rappresentanti votò a favore dell’impeachment. Ma quando il provvedimento giunse al Senato, nel 1999, la maggioranza mancò di misura il raggiungimento dei due terzi necessari.

Aggiungasi che, anche in quella circostanza, il furore politico dell’opposizione repubblicana fu tale da ledere sensibilmente la qualità delle accuse.

Richard Nixon, nel 1974, a fronte di una procedura d’impeachment ben strutturata e alle concrete accuse di aver ostacolato il corso della Giustizia nella cosiddetta indagine “Watergate”, annunciò pubblicamente le sue dimissioni, a distanza di due anni dalla fine del secondo mandato.

Il terzo Presidente USA (1865-69) Andrew Jonhson (già vice presidente democratico di Abramo Lincoln e a questi succeduto dopo la sua uccisione) subì l’intera procedura e venne “impeached” con rimozione d’ufficio dallo “studio ovale“ della Casa Bianca.

Nella storia degli Stati Uniti, nel 1860, James Buchanan fu il primo ad essere incriminato per corruzione e rimosso in pochi mesi dalla carica presidenziale americana.

Non abbastanza solide appaiono le accuse contro Donald Trump , dati i non pochi “distinguo” vigenti anche in ambito democratico. Così si giustifica, finora, la lunga esitazione di Nancy Pelosi ad assumere la decisione finale, quella assunta martedi scorso di avviare la messa in stato d’accusa di Trump. Sono state risolutive le pressioni su di lei esercitate dal “Caucus” (organo partitico locale) al quale afferisce.

Le incertezze rimangono, non solo per ragioni procedurali, ma anche per la significativa maggioranza dei Repubblicani al Senato, saldamente fedeli a Trump, dove i numeri sono sensibilmente distanti da quei due terzi occorrenti per la rimozione di The Donald.

Giungono anche “rumors” di ulteriori rivelazioni e verità documentali, capaci di cambiare la validità degli elementi d’accusa e, successivamente, di ledere la volontà politica di entrambi gli schieramenti.

Il percorso da seguire si sta dimostrando fragile, facendo presagire un dibattito altamente conflittuale, tale da superare la data delle prossime elezioni americane del 3 novembre 2020 .

Le regole procedurali del Senato sono formulate in modo da rendere la componente politica meno importante dell’analisi legale procedurale.

Un solo esempio è rappresentato dalla totale libertà per i senatori di interpretare e considerare ciò che è o non è un “tradimento” oppure una “corruzione” ed altro ancora. Oppure che non esistono regole standard che soddisfino la validità della prova.

Ancor più, la maggioranza repubblicana al Senato potrebbe disapprovare sic et simpliciter il caso, ignorandone completamente le prove.

Una corrente dei democratici è del parere che il lungo ed estenuante processo dell’impeachment e dei numerosi ed interminabili dibattiti che seguirebbero nei media, potrebbero focalizzare l’attenzione dell’elettorato a favore di Trump.

Gli stessi, piuttosto, punterebbero a concentrarsi sull’azione politica in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno.

Comunque vadano le cose, gia da oggi si osserva una polarizzazione eccessiva del confronto politico nel quale i contendenti cercano il coinvolgimento del proprio elettorato.

E quando i propri sostenitori sostengono cosi istintivamente i rappresentanti politici e altrettanto automaticamente si radicalizzano contro il gruppo rivale, magari con prove discutibili, allora viene meno anche il senso e le regole della buona democrazia.

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