Di Marco Petrelli
TERNI. L’Imperial War Museum di Londra è noto in tutto il mondo per essere museo d’eccellenza della Storia millenaria della guerra.
Pochi sanno invece che anche l’Italia dispone di una collezione di rari valore e bellezza.
Stiamo parlando della raccolta tecnica del Polo Mantenimento Armi Leggere di Terni (PMAL) in Viale Brin.

La sala della raccolta tecnica del Polo Mantenimento Armi Leggere di Terni
Migliaia di armi, tutte funzionanti, dagli archibugi agli M16 della Guerra in Vietnam, esposti in quella che in gergo tecnico è chiamata “raccolta tecnica” nell’ex Fabbrica d’Armi di Terni.
Già, perché l’odierno PMAL, direttamente dipendente dal raccolta tecnica del Polo Mantenimento Armi Leggere di Terni (PMAL)nel maggio 1875, tantoché quest’anno Terni e l’Esercito ne celebreranno i 150 anni di Storia.
Non una fabbrica qualunque: nuova, moderna risposta del giovane stato sabaudo che, negli Anni ’70 del XIX secolo, si affacciava su una scena internazionale in costante evoluzione in un’epoca in cui la diplomazia e la guerra si muovevano di pari passo. E poter disporre di armi all’avanguardia, senza dipendere da forniture estere, significava garantire l’indipendenza e la competitività del Paese nella politica estera.
Fu proprio a Terni che, nell’ormai lontano 1892, entrò in produzione il primo fucile “moderno” italiano: il Carcano 1891 calibrato in 6,5 mm.

Due fucili Carcano 1891
Arma iconica, prodotta in massa nel corso delle due Guerre mondiali e rimasta in servizio con le Forze Armate italiane ben oltre il 1945 facendo altresì capolino, nel 2011, durante il conflitto civile scoppiato in Libia.
E sempre a Terni era stato prodotto, nel 1941, un esemplare di Carcano 91/38 che, al termine del conflitto mondiale e come ex ordinanza, fu immesso sul mercato civile e, passando di proprietario in proprietario, finì negli USA dove fu acquistato da un veterano dei Marines di nome Lee Harvey Oswald.

Lee Harvey Oswald uccise JF Kennedy
Già, il fucile che sparò a Dallas nel 1963 uccidendo il Presidente Kennedy usciva dalle officine di Viale Brin. Repetita Iuvant: non fu creato per quello scopo, fu una tragica coincidenza che, sin dalla tenera età, i ternani si sentono raccontare dai loro “vecchi”. Nemmeno si può definirla leggenda poiché è documentata…
La raccolta tecnica nacque come impegno e sfida delle maestranze della Fabbrica d’Armi, l’indomani della seconda guerra mondiale, quando alcuni esemplari delle armi manutenute furono scelti per creare una piccola collezione di rarità.
Col passare degli anni la stessa si arricchì di ulteriori pezzi, compresi acquisti di rarità che finirono nella raccolta e che fanno sognare i visitatori sia esperti sia neofiti della materia.
Un esempio? Mai sentito parlare della Kolibri 2,7 mm? Bene, è la pistola più piccola della Storia. Idea, non a caso, da un esperto di micro meccanismi di precisione, Franz PfennI, orologiaio austriaco qualche anno prima dello scoppio della Grande Guerra.

La pistola Kolibri 2,7 mm
O avete mai visto tubi da lavandino trasformati in pistole mitragliatrici? Beh, ci sono anche quelli nella raccolta tecnica, armi artigianali sequestrate alla criminalità organizzata e finite nella raccolta come curiosità.
Perché non farne un Museo? Dito nella piaga: l’idea gira dal 1990 ed ha visto una quasi realizzazione sotto la seconda amministrazione Ciaurro, per poi arenarsi.
Ad oggi resta il sogno infranto di una intera città, ritirata fuori dal cilindro in occasione di ogni campagna elettorale senza dimenticare che, la raccolta tecnica, è conservata in una installazione militare e dunque accessibile solo in determinate condizioni.
Il progetto originario prevedeva infatti di spostarla in due capannoni appositamente ceduti al Comune di Terni, che tuttavia nei decenni sono rimasti lì…
Oggi la raccolta è visitabile su prenotazione o in occasione delle visite guidate del FAI.
C’è anche un’associazione, il MIALT, che persegue la volontà di portare a compimento l’ambiziosa iniziativa in uno stabilimento che, oltretutto, è diventato cittadino onorario di Terni sotto la giunta Latini, dopo essere stato dichiarato bene di interesse culturale del MIBACT.
Se, un domani, vorreste rifarvi gli occhi con le rarità della collezione, potreste prima leggere un libro ormai in prossima uscita, La chiamavano Fabbrica d’Armi, per Eclettica Edizioni, con testimonianze (e prefazione) d’eccezione.
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