Di Giuseppe Gagliano
SANA’A (YEMEN). Lo Stretto di Bab al-Mandeb, crocevia strategico del commercio mondiale, è oggi un campo di battaglia invisibile, dove si intrecciano interessi economici, tensioni geopolitiche e ambizioni militari.

Lo Stretto di Bab al-Mandeb
L’Operazione” Aspides”, lanciata dall’Unione Europea per proteggere le navi che transitano tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, è l’ennesima dimostrazione dell’ambiguità strategica occidentale di fronte alle crisi internazionali.

Una nave impegnata nell’Operazione “Aspides” (U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 3rd Class Jeremy R. Boan)
Un collo di bottiglia sempre più pericoloso
Da mesi, i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, colpiscono i traffici marittimi con attacchi missilistici e droni, costringendo le principali compagnie di navigazione a deviare le rotte verso il Capo di Buona Speranza.

Milizie Houthi
Il passaggio attraverso Bab al-Mandeb, una delle rotte commerciali più trafficate al mondo, è diventato una scommessa ad alto rischio. I ribelli non stanno solo sfidando l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, ma stanno lanciando un messaggio chiaro anche agli Stati Uniti e all’Europa: il controllo di queste acque non è più un dato di fatto.
L’Europa e la sua risposta a metà
L’Unione Europea ha deciso di rispondere con l’Operazione “Aspides”, missione navale destinata a scortare le navi mercantili minacciate dagli attacchi.
Ma è davvero una strategia efficace? I numeri dicono di no: dal lancio della missione, le scorte sono state garantite solo a una frazione minima delle imbarcazioni in transito. Nel frattempo, il traffico marittimo lungo questa rotta è crollato del 55%.
La verità è che l’Europa, come spesso accade, si è mossa con la prudenza di chi vuole essere presente senza rischiare troppo. Nessun intervento diretto contro gli Houthi, nessuna strategia a lungo termine per stabilizzare la regione. Solo un tentativo di limitare i danni, evitando di essere risucchiata in un conflitto più ampio.
Una crisi geopolitica più ampia
Ma Bab al-Mandeb non è solo un problema marittimo. È il punto di intersezione tra le rivalità regionali e le sfide globali.
L’Iran vede nei ribelli Houthi uno strumento per esercitare pressione su Arabia Saudita, Emirati Arabi e Occidente.
Gli Stati Uniti, impegnati su più fronti, sono riluttanti a un coinvolgimento diretto. L’Europa, come spesso accade, oscilla tra la necessità di proteggere i propri interessi commerciali e la paura di un’escalation militare.
E nel frattempo, il conflitto in Yemen continua senza soluzione, lasciando spazio ai signori della guerra, ai trafficanti e ai gruppi estremisti.
Perché alla fine, se non si affrontano le cause alla radice dell’instabilità nella regione, qualsiasi missione militare rischia di essere solo una toppa su una diga che sta già crollando.
Il vero nodo da sciogliere
La vera domanda è: l’Europa vuole davvero giocare un ruolo da protagonista in questa crisi o si limiterà a gestire l’emergenza senza cambiare nulla? Se vuole difendere la sicurezza delle sue rotte commerciali, deve fare molto più di inviare qualche nave da guerra.
Deve impegnarsi in una strategia politica ed economica più ampia, che includa il sostegno a un processo di stabilizzazione per lo Yemen, un controllo più efficace delle milizie nella regione e una visione chiara su come affrontare l’influenza iraniana.
Senza tutto questo, Operazione “Aspides” rischia di diventare l’ennesima missione destinata a fallire. Perché nel gioco del potere nel Mar Rosso, chi non decide è destinato a subire le decisioni altrui.
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