KHARTOUM. Non regge affatto la tregua tra l’Esercito regolare sudanese e le milizie della RSF.
Indetta per tre giorni in occasione dei festeggiamenti per la fine del Ramadam (Eid al-Fit) , questa mattina, ad una settimana dal loro inizio, a Khartoum si sono intensificati i combattimenti.

Un’immagine dei combattimenti
Ieri, l’Esercito aveva dispiegato truppe di terra nella capitale in preparazione di possibili scontri, strada per strada.
Oggi, si sono registrate esplosioni e combattimenti nelle aree circostanti il Comando Generale dell’Esercito e il Palazzo presidenziale di Khartoum.
Si sono registrati altri scontri nei quartieri di Hillat Hamad, Khojaly e Arkaweet, dopo essere stati precedentemente limitati al cuore della capitale.
Secondo quanto riferito da testimoni oculari, nei quartieri di Ombada e Karari si sono succeduti bombardamenti continui dell’artiglieria. Sei i morti a Ombada Mansoura.
In campo anche l’Aeronautica.
I civili, chiaramente, hanno paura di lasciare le loro case. I servizi rimangono sospesi e i negozi sono chiusi.
Inoltre, gli ospedali sono chiusi o fuori servizio a causa di interruzioni di corrente e carenza di forniture mediche.
Il conflitto si è esteso anche alle strade che collegano Khartoum con altri stati del Paese.
Ieri, scontri si sono registrati sulla Western Road che collega il Darfur e il Nord Kordofan alla capitale.
I soldati dell’Esercito regolare hanno intercettato i combattenti delle RSF diretti alla capitale.
Altri combattimenti sulla Khartoum-Madani Road, nel tentativo di fermare le truppe dell’Esercito sudanese provenienti dal Sudan orientale e centrale.
Dopo il crollo di Al-Bashir (aprile 2019), il Generale Abdel Fattah Al-Burhan incaricò l’RSF di proteggere le aree strategiche di Khartoum per prevenire qualsiasi tentativo di colpo di Stato contro di lui.

Omar al-Bashir
I paramilitari vi rimasero fino allo scoppio della guerra, il 15 aprile
Intanto, il Comandante in capo delle Forze armate sudanesi, Generale Abdel Fattah Al-Burhan, ha ricevuto telefonate dai leader di diversi Paesi che chiedevano “di facilitare e garantire l’evacuazione dei loro cittadini e delle loro missioni diplomatiche dal Paese, ed ha acconsentito a fornire l’assistenza necessaria per garantirla”. Lo ha riferito su Twitter lo stesso Esercito sudanese.

Il Generale Abdel Fattah al-Burhan
Si prevede che il processo di evacuazione di tutte le missioni diplomatiche per le quali i rispettivi Paesi lo dovessero richiedere inizierà nelle prossime ore.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Cina evacueranno i loro diplomatici e cittadini con aerei da trasporto militare appartenenti alle loro Forze Armate partendo da Khartoum.
I sauditi, invece, hanno deciso di uscire dal Paese via terra fino a Port Sudan e, da lì, in aereo. Lo ha riferito il portavoce delle Forze Armate sudanesi, aggiungendo che “la partenza della missione giordana avverrà più tardi con la stessa modalità”.
Si tratta di un tragitto di 835 chilometri che richiede oltre 12 ore di viaggio fino allo scalo portuale sul Mar Rosso, che bagna anche l’Arabia Saudita.
L’Ambasciata statunitense a Khartoum, però, ha messo in guardia che non potrà garantire la sicurezza di convogli che cercassero di raggiungere Port Sudan dalla capitale e quindi qualsiasi evacuazione via terra avviene a “rischio e pericolo” di chi la intraprende.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani sta seguendo “con la massima attenzione” gli sviluppi della situazione in Sudan.
“L’Ambasciata a Khartoum è pienamente operativa – ha spiegato – ed è in costante contatto con tutti gli italiani. Il governo è in collegamento con le organizzazioni internazionali e con i Paesi alleati sta facendo e farà di tutto per garantire l’incolumità e la sicurezza dei nostri cittadini. Lavoriamo affinché si raggiunga tra le parti in conflitto una tregua duratura e rispettata da tutti”.

Il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani
Tajani ha spiegato che “è una situazione molto complicata quella degli italiani che vivono a Khartoum”, sottolineando che “tutti i nostri connazionali sono in contatto con l’Ambasciata”.
Molti sono già nella sede della rappresentanza diplomatica che è in grado anche di fornire alimenti e acqua, e anche carburante, per poter stare in condizioni dignitose.
Il ministro ha poi concluso, augurandosi che “vengano rispettate le grandi infrastrutture che sono utili al popolo del Sudan. Quindi che le due parti che si stanno combattendo non facciano danni al popolo sudanese. Ripeto, stiamo lavorando perchè si possa arrivare a una tregua duratura”.
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