Di Massimo Giardinieri
Reggio Calabria. E’ davvero ragguardevole il risultato raggiunto al termine di una complessa attività di servizio condotta congiuntamente tra il personale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), i finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria ed i loro colleghi del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO) i quali, dietro il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Procura della Repubblica reggina – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato esecuzione alla confisca di compendi aziendali, beni immobili, mobili e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro, tutti riconducibili ad un imprenditore della zona attivo nel settore dei servizi aziendali.
La figura dell’imprenditore raggiunto oggi dal pesante provvedimento era balzata all’attenzione degli investigatori durante l’operazione “MARTINGALA”, che nel febbraio 2018 aveva sempre visto gli uomini della DIA e quelli della GDF reggina lavorare fianco a fianco per svelare l’esistenza di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una lunga serie di reati quali riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, intestazione fittizia di beni, per di più con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Secondo quanto emerso dalle indagini, l’imprenditore in questione avrebbe avuto la veste di “regista” in un ampio e consolidato sistema illecito, costruito questo intorno a diverse società di comodo aventi sede in Italia ed all’estero, delle quali l’uomo ne aveva – direttamente o indirettamente – la disponibilità.

Lo stesso, tramite una regolare documentazione, con fatture emesse per operazioni inesistenti ed accompagnate da artificiosi documenti di trasporto, inscenava finti movimenti di merci ed apparenti prestazioni di servizi tra le società a lui riferibili e le imprese beneficiarie, offrendo in tal modo ai suoi “clienti” una formale giustificazione per la grande quantità di denaro che convergeva verso le sue imprese.
Il predetto sistema però non si esauriva qui, giacché il responsabile avrebbe messo a disposizione di numerose imprese (per lo più riferibili a imprenditori ritenuti diretta espressione della ‘ndrangheta o collusi con questa) la sua organizzazione e il suo reticolo di società esistenti solo sulla carta e sparse tra l’Italia e l’estero, tutte sistematicamente coinvolte in transazioni economiche che simulavano movimenti di merci e flussi finanziari di soltanto apparente origine commerciale.
Il sistema così ben congeniato si rilevava particolarmente funzionale, oltre che per riciclare denaro sporco, anche per acquisire fraudolentemente crediti fiscali.
In relazione non poco inquietanti circostanze affiorate a seguito dell’indagine, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e la locale Direzione Distrettuale Antimafia, nell’esigenza di aggredire in maniera diretta ed il più possibile immediata le risorse economiche della criminalità organizzata e tagliare le loro collusioni con il mondo imprenditoriale, delegavano al riguardo gli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (GICO) di Reggio Calabria, dello SCICO e della DIA per un’apposita attività indagine a carattere economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione, sempre nei confronti del citato imprenditore, di conseguenti misure di prevenzione personali e patrimoniali.

Al riguardo, dopo aver delineato il chiaro profilo di pericolosità che caratterizzava il responsabile e le sue attività imprenditoriali, gli investigatori hanno puntato verso la ricostruzione dell’intero patrimonio acquisito dallo stesso nell’arco dell’ultimo trentennio, il cui valore è peraltro risultato essere nettamente in contrasto con la capacità reddituale dichiarata.
Si tratta dunque di un cliché tipico di queste indagini e che gli investigatori della GDF ben conoscono, per questo, proprio alla luce delle risultanze prodotte, la competente Autorità Giudiziaria disponeva ad ottobre 2020 il sequestro del patrimonio riconducibile all’imprenditore in questione.
Giunti ad oggi, riconoscendo la validità dell’intero impianto indiziario fornito da alcune tra le migliori risorse investigative di cui dispongono la Direzione Investigativa Antimafia e la Guardia di Finanza, si è infine giunti all’odierna confisca definitiva che, nel dettaglio, riguarda i compendi aziendali di sette tra imprese e società commerciali, una ditta individuale, cinque immobili, dieci orologi di lusso e disponibilità finanziarie per un valore complessivo che, come detto sopra, supera i 15 milioni di euro.
Con il medesimo provvedimento, il locale Tribunale ha inoltre sottoposto l’imprenditore alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (per quattro anni), con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
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