Di Valeria Fraquelli
Roma. Nei giorni scorsi si è tenuto il vertice Italia- Africa con lo scopo di rinsaldare i sentimenti di amicizia e collaborazione e, soprattutto, per fare il punto sulla situazione drammatica che stiamo vivendo a causa del virus e dei cambiamenti climatici.
Ma non sono solo queste le questioni in sospeso per quanto riguarda il Continente.
Al primo posto ci sono anche l’immigrazione e la transizione ecologica che lì è particolarmente difficile.
Italia e Africa vogliono impegnarsi per costruire un mondo più equo, a cominciare dai vaccini che mancano nei Paesi in via di sviluppo, e rendere il commercio internazionale veramente profittevole per tutti.
Se la ripartenza del commercio vuole dire più soldi e più opportunità di crescita bisogna che essa sia reale, percepita da tutti e i Paesi africani per adesso non sono ancora riusciti a raggiungere questo obiettivo per imboccare stabilmente la strada dello sviluppo.
Italia e Africa vogliono entrambe che il commercio sia un volano per lo sviluppo, capace di fare crescere i consumi e l’imprenditoria nello stesso Continente.
Se più imprenditori investissero e creassero posti di lavoro meno massiccia sarebbe l’immigrazione e tanti africani potrebbero rientrare nel loro Paese d’origine.
Questo andrebbe a vantaggio dei Paesi africani che potrebbero svilupparsi e rafforzare la loro economia e anche a vantaggio di quelli occidentali che stanno lottando contro l’immigrazione illegale.
L’obiettivo italiano è creare un partenariato con l’Africa per “superare l’anacronistica logica beneficiario-donatore, per promuovere invece un rapporto paritario che coniughi iniziative di hard power con azioni di soft power e rafforzamento della cooperazione, soprattutto in materia di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo nuovo partenariato sancisce quindi la volontà dell’Italia di essere un attore centrale in Africa, attivo in più settori e con l’obiettivo di garantire la crescita e lo sviluppo del Continente e al contempo assicurare la protezione degli interessi strategici nazionali” come ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
La crisi climatica va affrontata perché sta inaridendo i terreni e rendendo l’agricoltura e l’allevamento quasi impossibili e questo è un problema per l’Africa che basa gran parte della sua economia proprio sul settore primario.
Ma l’Italia può fare molto per aiutare i Paesi africani a non imboccare il circolo vizioso della decrescita.
“Non bisogna distrarsi”, ha detto infatti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha definito la Cop 26 “uno spartiacque”.
Il Continente africano deve far sentire alta la sua voce.
La produzione di energia pulita e la sua distribuzione sono fondamentali per l’Africa”, ha aggiunto il capo dello Stato.
L’ Africa è il continente più colpito dai cambiamenti climatici e la 26^ edizione della Conferenza sul clima che si terrà a Glasgow dal 1° al 12 novembre deve essere un’occasione per portare alla ribalta i problemi climatici dell’Africa e trovare tutti insieme soluzioni condivise.
Non dobbiamo pensare che i cambiamenti climatici i cui effetti in Africa sono già ben evidenti non possano avere ripercussioni su di noi e il nostro stile di vita.
Aiutare l’Africa a risolvere, o quanto meno mitigare, gli effetti del cambiamento climatico vuole dire aiutare anche noi occidentali.
Meno danni ambientali vuole dire meno immigrazione e più possibilità di sviluppo e di crescita e ha fatto benissimo il Presidente Mattarella a richiamare tutti al proprio dovere per rendere l’Africa un Continente sicuro e stabile che può darci grandi soddisfazioni e grandi possibilità di affari vantaggiosi per tutti.
E per questo l’Italia vuole instaurare nuove partnership per aiutare le popolazioni locali a fare emergere tutte le sue potenzialità.
Del resto il nostro Paese negli ultimi anni si è classificata al settimo posto tra i Paesi che investono in Africa, dopo Stati Uniti, Regno Unito e Francia, e non può girarsi dall’altra parte e fare finta di niente.
Per continuare a estrarre idrocarburi, tramite l’ENI, e coltan per le batterie che servono alla cosiddetta “rivoluzione verde” è un dovere per l’Italia contribuire a rendere l’Africa un continente stabile e sicuro.
Il nostro Paese ha una lunga tradizione di import- export con il Continente africano e ogni anno arrivano in Italia prodotti commestibili e non come olio, datteri, argan, frutta, verdura e ovviamente idrocarburi, terre rare e il già citato coltan.
Servono più soldi e più lavoro per fare crescere il Continente africano e fare diminuire l’immigrazione certo, ma se non si trova una soluzione condivisa da tutti non si potrà andare lontano.
Il mondo contemporaneo è molto complesso e nessuno può sperare di farcela da solo, abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Noi abbiamo bisogno dell’Africa per le sue immense risorse e l’Africa ha bisogno di noi per crescere.
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