Torino. I Carabinieri del Raggruppamento Operativo speciale (ROS) hanno condotto in carcere, questa mattina, tre tunisini Nafaa Afli, Bilel Mejri e Marwen Ben Saad.

Operazione dei Carabinieri dei ROS a Torino contro il terrorismo internazionale
Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale del Riesame di Torino. I tre sono stati ritenuti gravemente indiziati del reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale.
I Carabinieri del ROS hanno condotto un’indagine convenzionalmente denominata “Taliban”coordinata dalla Procura della Repubblica torinese.
Nel contesto delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” e “lone wolves”, nell’autunno del 2015 era stato individuato un gruppo di cittadini tunisini giunti a Torino richiedendo un permesso di soggiorno per motivi di studio.
I nord africani volevano studiare all’Università e per questo avevano rilasciato attestazioni non veritiere pur di ottenere sia l’iscrizione, sia alla relativa borsa di studio.
Pur regolarmente iscritti e pur usufruendo della borsa di studio che azzerava la contribuzione universitaria, i nord africani non partecipavano alle lezioni né tantomeno sostenevano esami del proprio corso di laurea,.
In compenso avevano aperto profili Facebook i cui contenuti ne avevano fatto sospettare sin dall’inizio la vicinanza ad ambienti caratterizzati da una ideologia propria dei gruppi terroristici di matrice islamista.
Nel caso di Afli ed di un altro tunisino Wael Labidi tali contenuti erano chiaramente inneggianti allo Stato Islamico.
Successivamente alla fittizia iscrizione presso l’Ateneo piemontese, gli indagati avevano iniziato a spostarsi tra Torino e Pisa, insediandosi definitivamente in quest’ultima città per gestire un’intensa attività criminale di traffico di sostanze stupefacenti.
Nel corso della complessa ed articolata indagine, sviluppata anche grazie alle intercettazioni telefoniche e telematiche, oltre che con mirati servizi di osservazione e pedinamento, i Carabinieri hanno scoperto l’esistenza di un gruppo criminale, composto dai tunisini indagati, che era riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, specie tra le fasce dei più giovani, dedicandosi a svariate attività delittuose, specialmente al traffico di droga. I cui membri avevano parallelamente aderito allo Stato islamico con particolare riferimento alla fazione di Ansar al-Sharia presente in Tunisia, manifestando un celato ma spiccato sentimento anti occidentale e la condivisione dei più violenti propositi dell’Islam radicale. Condividendo, inoltre, su Internet materiale di propaganda jihadista.
La pericolosità sociale degli indagati è emersa sia dalle loro frequentazioni, sia dall’asserita partecipazione ad un comizio di Ansar Al-Shari’a (organizzazione terroristica di origine egiziana, aderente all’ISIS e presente nell’area del Sinai) a Tunisi, tenuto dal leader Abu Ayad, leader dei salafiti tunisini e sospettato di essere la mente degli attentati al Museo del Bardo ed a Sousse, ucciso il 14 giugno2015 dai bombardamenti dell’Aeronautica americana, sia dall’ammirazione e dal sostegno espressi tramite i social network nei confronti di militanti morti nei teatri di guerra per la causa jihadista.
Nel corso dell’indagine, i militari dell’Arma hanno appurato che altri due tunisini, Wael Labidi e Khaled Zeddini appartenevamo alla cerchia relazionale degli indagati ed erano partiti per la Siria come foreign fighters, dove poi sarebbero morti in combattimento.
Il 19 agosto 2016 Bilel Chhaoui è stato espulso con decreto del ministro dell’Interno, Marco Minniti su richiesta del ROS, lasciando trasparire la volontà di un suo possibile, imminente martirio, poiché l’11 agosto 2016 aveva postato sul proprio profilo Facebook una sorta di epitaffio in lingua araba, in cui ringraziava i genitori, gli amici stranieri e tutti i suoi amici morti come shahid (martiri).
Esaltava poi l’eroismo dei combattenti e salutava tutti fino al giorno della sua morte. In particolare, secondo quanto evidenziato dai Carabinieri, al termine del post campeggiava la data dell’11 agosto 2016 con l’indicazione di Pisa e, immediatamente dopo, il tunisino aveva cambiato l’immagine del suo profilo, pubblicando la foto di un uomo che impugnava una pistola nell’atto di caricarla per prepararsi a sparare.
In attesa della conclusione delle indagini relative ai fatti di terrorismo, Afli, Ben Saad e Mejri erano già stati arrestati, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari nelle province di Pisa e Varese, per traffico di sostanze stupefacenti grazie alle acquisizioni relative al traffico di droga nell’ambito di questa stessa indagine.
Nel maggio del 2017 la Procura della Repubblica di Torino aveva richiesto al Giudice per le indagini preliminari (Gip) l’emissione di un provvedimento cautelare nei confronti dei tre arrestati, di Chhaoui e di Bilel Tebini per il reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale.
Il mese successivo il GIP di Torino aveva però rigettato questa richiesta di applicazione di misura cautelare. In particolare, dopo aver esaminato gli elementi raccolti a carico di ciascun indagato, come sintetizzato dall’estensore dell’ordinanza del Tribunale del Riesame eseguita oggi “il GIP concludeva, infine, per la sussistenza di condotte che, per quanto espressive di una forte pericolosità sociale di tutti gli indagati, rimangono nell’ambito di una nebulosa e non inequivoca fase di possibile progressiva radicalizzazione ed estremizzazione e non varcano (allo stato) la soglia del penalmente rilevante’, pur dovendosi mantenere ‘massimi controlli di pubblica sicurezza nei loro confronti”.
Alla fine dello stesso mese di giugno, la Procura aveva proposto appello al rigetto al Tribunale del Riesame, che, all’esito dell’udienza camerale il 26 ottobre scorso, aveva ribaltato il rigetto del Giudice per le Indagini preliminari, applicando la custodia cautelare in carcere a tutti i cinque indagati.
Ma, in questi casi, il Codice di Procedura penale prevede che il provvedimento cautelare non acquisisca efficacia prima che, alternativamente, siano scaduti i termini per ricorrere in Cassazione o, se proposto il ricorso alla Suprema Corte, questa non lo abbia respinto. Bilel Chhaoui e Bilel Tebini non avevano fatto ricorso e così nei loro confronti l’ordinanza del Tribunale Riesame è divenuta esecutiva nel mese di dicembre.
Entrambi sono all’estero e perciò per loro la misura cautelare non è ancora stata eseguita.
Per quanto riguarda gli arrestati di oggi, all’udienza tenutasi ieri, il competente collegio della VI Sezione Penale della Cassazione ne aveva respinto il ricorso contro l’ordinanza del Riesame che era così diventata esecutiva anche nei loro confronti.
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