Di Fabrizio Scarinci
KIEV. È sempre più elevata la tensione tra Washington e Mosca riguardo al conflitto ucraino.
L’offensiva aero-missilistica lanciata dai russi nel corso dell’ultima settimana si presenta come la più massiccia dall’inizio della guerra.
Solo nel corso delle ultime 36 ore, le forze di Mosca avrebbero infatti bersagliato il territorio ucraino con ben 367 droni e nove missili da crociera.

Questi attacchi hanno colpito diverse città del Paese, tra cui la stessa Kiev, causando almeno 12 morti e diverse decine di feriti.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato questi bombardamenti come atti di terrorismo, esortando la comunità internazionale a imporre sanzioni più severe contro Mosca.
Le reazioni in Occidente e la crescente frustrazione di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin
Di fronte a tale situazione l’Occidente sembrerebbe vivere una fase di relativo ricompattamento a sostegno dell’Ucraina.
In tale contesto, particolare attenzione ha suscitato, nel pomeriggio, una dichiarazione del neo-cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha di fatto dato agli ucraini il via libera riguardo all’utilizzo senza restrizioni delle armi ricevute dalla Germania.
Nella sua dichiarazione il cancelliere non ha specificato se il Paese consegnerà o meno all’aviazione di Kiev i propri missili da crociera standoff Taurus KEPD-350, che, come noto, gli ucraini richiedono dall’ormai non più vicinissimo 2023.
Nondimeno, anche alla luce degli ultimi sviluppi, è assai probabile che le sue parole di oggi possano costituire un primo passo verso un definitivo via libera anche con riferimento alla fornitura di questi potenti sistemi d’arma, che, non diversamente dagli Storm Shadow, consentirebbero a Kiev di colpire obiettivi militari altamente paganti situati in profondità nel territorio russo.

Dal canto suo, anche lo stesso Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che inizialmente aveva cercato di mantenere un approccio conciliante nei confronti di Putin, ha recentemente espresso tutta la propria frustrazione. In un recente post sui social media, ha infatti dichiarato come, a suo parere, Putin sembrerebbe essere “impazzito completamente”, criticando la sua ostinazione nel voler proseguire le operazioni militari in Ucraina.
Il Capo della Casa Bianca ha anche minacciato di imporre nuove sanzioni sul petrolio russo qualora Mosca non accettasse un cessate il fuoco: “se io e la Russia non dovessimo riuscire a raggiungere un accordo per fermare lo spargimento di sangue in Ucraina e se dovessi pensare che è colpa della Russia – queste le parole del tycoon – allora applicherò tariffe secondarie sul loro petrolio”.
Nonostante queste minacce, però, Donald Trump ha anche suggerito che la sua rabbia potrebbe “dissiparsi rapidamente” se Putin “facesse la cosa giusta”, lasciando quindi aperta la porta ad una seria continuazione delle trattative.

La Risposta del Cremlino
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha minimizzato le dure parole di Trump, definendole una “reazione emotiva”. Ha ribadito che Putin agisce per garantire la sicurezza nazionale della Russia, ricordando l’importanza del dialogo tra Mosca e Washington per risolvere la crisi.
Leggermente più duro il commento a riguardo di Vladimir Putin, che, durante un forum di imprenditori avrebbe specificato come, a suo modo di vedere le cose, i russi siano semplicemente stati “costretti” a fare quello che stanno facendo, mentre l’Occidente non starebbe facendo altro che cercare di scaricare su Mosca la colpa del conflitto e della sua continuazione.
A tal proposito, egli è anche tornato sulla cacciata di Viktor Yanukovich del febbraio 2014, definendola un colpo di Stato e denunciando le violenze di Kiev nei confronti degli abitanti del Donbass.
Se gli USA vogliono trattare la Russia vuole vincere, ma Putin deve fare molta attenzione a non umiliare Trump
In generale, il vero nocciolo della questione sembrerebbe consistere nel fatto che se, da un lato, gli USA intendono raggiungere quanto più rapidamente possibile un accordo in grado di congelare la situazione e permettere loro di focalizzarsi sul teatro indopacifico, dall’altro, i russi (perfettamente consapevoli delle intenzioni di Washington e palesemente intenzionati ad approfittarne) intendono prendere tempo al fine di capitalizzare quanto più possibile la propria condizione di vantaggio militare prima di tornare a discutere con l’Occidente.
In tale ottica, potrebbe servire a tale scopo anche la stessa dichiarazione del ministro degli Esteri Lavrov di venerdì scorso secondo cui la Russia starebbe lavorando ad un documento volto a definire le condizioni per un accordo di pace a lungo termine (su cui, non a caso, né in Ucraina, né in Occidente si nutrirebbe molta fiducia).
Nondimeno, Putin dovrebbe anche tenere presente che, quantunque l’approccio dell’Amministrazione Trump sia improntato ad una ripresa del dialogo in funzione anti-cinese, ben difficilmente essa potrebbe tollerare di essere umiliata in modo troppo plateale.
Per ora, come si è appena visto, ciò che è stato minacciato è “solo” un inasprimento delle sanzioni (comunque non roba da poco), ma se i russi dovessero continuare a far finta di non sentire non sarebbero da escludersi né un nuovo incremento delle forniture militari in favore di Kiev, né qualche pesante “sgambetto” agli interessi di Mosca in altre aree del mondo.
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