Usa VS Corea: guerra in arrivo con la Cina? La teoria del paradosso

Di Marco Pugliese

In analisi esiste un regola, azioni che ci sembrano paradossali in realtà sono le più logiche. E in questo caso ci sono molti segnali che portano in una direzione: guerra. L’aviazione Usa ha fatto le prove generali, bombardamenti simulati con F-35b, caccia invisibili. La seconda mossa sullo scacchiere è il posizionamento della flotta e l’attività dei bombardieri tattici B-1b. Quest’approccio, in aggiunta all’annunciata esercitazione congiunta con Giappone e Corea Sud, funge da prova generale d’attacco. Ci sono varie opzioni militari sul piatto, la più logica e fulminea è quella preventiva che però aprirebbe uno scontro inevitabile con la Cina. Pechino è in procinto d’aprire la nuova via della Seta in chiave anti Usa, “risucchiando” geopoliticamente l’ Asia centrale ove Usa e Nato sono in affanno in Afghanistan e apparentemente immobili a livello tattico. Nessuno vuole una guerra con Pechino, ma in analisi strategica è il paradosso a dettare legge. Prima o poi, uno scontro tra Usa e Cina ci sarà. Con i russi defilati è il Dragone a portare idee nuove di globalizzazione. Dall’Africa al Pacifico, passando per l’Europa, molto passa dalla geoeconomia cinese. Gli Usa, attualmente, possiedono un tasso tecnologico elevato e una potenza militare schiacciante. Eliminata la Corea, non sarebbe difficile per gli Usa “bloccare” l’avanzata cinese. La flotta di Pechino verrebbe distrutta insieme a molto del potenziale industriale. Ma tra vent’anni forse ciò non sarebbe possibile. Sulla carcassa cinese ci mangerebbero in molti, indiani in primis. Una Cina a pezzi farebbe comodo anche ai russi, che potrebbero tornare a giocare un ruolo simile a quello degli Usa in molte aree del mondo, un tempo sotto loro influenza. E l’Europa? Non aver più i prodotti cinesi nel mercato e soprattutto non aver Pechino in Africa sarebbe il sogno della governance europea, timorosa ma non ancora defunta. Perfino gli stati arabi vedono nella Cina un concorrente pericoloso. Per paradosso d’analisi la riduzione del potenziale cinese gioverebbe a tutti gli attori in campo. Trump e gli Usa hanno ben compreso che il momento è propizio. Kim rappresenta il casus belli perfetto, possiede le armi nucleari  e soprattutto non è intenzionato a fermarsi. La convinzione del dittatore si fonda su un’analisi classica, sull’assunto che una superpotenza non attacca mai direttamente chi è legato ufficialmente ad una superpotenza. Ma la teoria del paradosso decostruisce una delle superpotenze in campo, la Cina. Gli eredi di Mao non sono in realtà una superpotenza, non ne hanno ancora i tratti. Sono a metà strada, e gli analisti Usa lo sanno, tra vent’anni una guerra porterebbe a mutua distruzione, oggi no. Cosa accadrà? In realtà è probabile non accada nulla, alla Cina interessa “una melina” lunga vent’anni per raggiungere del tutto gli Usa e sarebbe insensato andare in guerra per perderla. Tatticamente, quindi, Pechino si augura siano i coreani ad attaccare, ma Kim le sta, astutamente, provando tutte perché accada il contrario. Attualmente gli Usa (e l’Occidente) si stanno dimostrando grandi abbaiatori. Tanto fumo e pochissimo arrosto, insomma. Se il tutto si risolvesse con un nulla di fatto l’Occidente ne uscirebbe ridimensionato. In giro per il mondo sarebbero in molti ad alzare la voce o presentare il conto: la Russia in Ucraina e nel Baltico, l’India e la Cina nel Pacifico, gli stati del Golfo a livello politico ed economico. L’Occidente perderebbe il ruolo che detiene da secoli, sarebbe una decadenza lunga e caotica. Gli alleati della Nato perderebbero fiducia negli Usa e, in paesi come Iraq, Siria e Afghanistan, l’autorità militare occidentale verrebbe spazzata via. L’Europa si ritroverebbe di fatto sola, incapace di fronteggiare nemici esterni ed interni. La Corea ha le sembianze di una trappola geopolitica in cui la scelta è tra agire e rischiare o non agire rinunciando a certi ruoli. In tutto questo le popolazioni occidentali che, quasi all’unisono, non collegano l’estremo lembo asiatico con il proprio tenore e stile di vita, non capiscono che tutto il loro mondo è frutto di conquiste passate. L’Occidente è a un bivio e proprio in quel lembo estremo di terra si gioca (forse) il proprio futuro: esistere o non esistere?

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