Venezuela: militanti dell’opposizione al Presidente Nicolas Maduro rispondono con blocchi stradali alla sua rielezione. E’ intanto crisi diplomatica con molti Paesi dell’America Latina

CARACAS (dal nostro inviato). La destra venezuelana non ha fatto attendere la sua risposta alla riconferma per il periodo 2025-2031 alla Presidenza della Repubblica bolivariana del Venezuela di Nicolas Maduro Moro che, domenica, ha ottenuto oltre il 51% del voti contro il 37% del suo rivale Edmundo Gonzalez Urrutia.

Ieri pomeriggio, la sera in Italia, gruppi di sostenitori di Gonzalez e di Maria Carolina Machado, la mentore del candidato di destra ma soprattutto la vera “regina” della campagna elettorale di questo gruppo politico hanno fatto vari blocchi stradali lungo le principali arterie viarie di Caracas.

Torna la violenza dell’opposizione a Maduro

Si è registrato anche la chiusura per qualche ora la strada per l’aeroporto di Caracas, poi riaperta.

La Machado chiaramente non ha riconosciuto la vittoria di Maduro facendo proclamare Gonzalez Presidente e facendo un conto differente dei voti.

Si ritorna così indietro in quella che qui chiamano l’Operazione “Guaidò”.

Juan Guaidò fallì nel suo progetto di destituire Maduro

Il 23 gennaio 2019, nel corso di una manifestazione in piazza contro l’Esecutivo Maduro, Guaidó giura sulla Costituzione come presidente pro tempore del Venezuela dopo essere stato eletto dall’Assemblea nazionale, affermando la costituzione di un governo provvisorio.

Si autoproclamò Presidente appellandosi all’articolo 233 della Costituzione venezuelana, la quale afferma che in caso di vuoto di potere il Presidente dell’Assemblea nazionale è eleggibile come Presidente ad interim.

Contro le manifestazioni violente è arrivata la risposta della Guardia nazionale bolivariana, dei militari e delle Forze di sicurezza. I  manifestanti sono stati respinti con l’utilizzo di proiettili di gomma e di lacrimogeni.

Militari della Guardia nazionale bolivariana

Tutto questo ha fatto sì che la violenza sulle strade macchiasse un’elezione molto partecipata che ha portato Maduro di nuovo a Palazzo Miraflores.

Il Governo venezuelano ha subito dichiarato che ogni atto che contrasti la Costituzione, le leggi e le istituzioni sarà represso con estrema forza.

Intanto il presidente dell’Assemblea nazionale Jorge Rodriguez ha dichiarato alla Tv che, domani pomeriggio (stasera in Italia) partirà dal Palazzo presidenziale una manifestazione a sostegno di Maduro e del voto.

Il neo eletto capo dello Stato ha poi, oggi, firmato l’accettazione dell’incarico nelle mani del presidente del Consiglio nazionale elettorale (CNE) Elvis Amoroso.

Il Presidente Maduro con il presidente del CNE, Amoroso

Nel suo discorso dopo la firma ha attaccato nuovamente la destra venezuelana che ha definito “fascista” e ancora i Presidenti dell’Argentina, Milei e della Colombia Petro.

In quanto si sono opposti alla sua elezione e lo hanno duramente contestato nel corso della campagna elettorale.

A questo proposito è iniziata una “guerra diplomatica” tra il Venezuela e altri Paesi dell’America Latina.

Il responsabile della diplomazia venezuelana, Yvan Gil ha annunciato che il suo Paese ritirerà “tutto il personale diplomatico” che si trova nelle missioni in Argentina, Cile, Costa Rica, Perù, Panama, Repubblica Dominicana e Uruguay.

Così dovranno fare i Paesi interessati.

Una rottura delle relazioni diplomatiche dovuta alle “ingerenze – ha dichiarato il ministro degli Esteri venezuelano – e alle dichiarazioni di un gruppo di Governi di destra, subordinati a Washington e compromessi apertamente con i più sordidi postulati ideologici del fascismo internazionale, volendo rieditare lo sconfitto Gruppo di Lima” (https s://en.wikipedia.org/wiki/Lima_Group).

Nello stesso tempo Gil ha aggiunto che il suo Paese si “riserva tutte le azioni legali e politiche per far rispettare, preservare e difendere il nostro diritto inalienabile all’autodeterminazione”.

Consensi alla rielezione di Maduro sono arrivati dai Paesi alleati, prima di tutti la Russia del Presidente Vladimir Putin, e anche dal Qatar, dalla Cina, dal Nicaragua.

Un incontro tra Putin e Maduro

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore