Di Giuseppe Paccione
New York. Ci si pone ora un problema che concerne la stabilizzazione di un’autorità governativa dei talebani se possa avere la possibilità di insediarsi come legittimo governo afghano presso la più importante organizzazione internazionale che abbraccia la società internazionale, rappresentata dagli Stati membri, cioè le Nazioni Unite.
Prima di tutto va rilevato che, proprio in una risoluzione onusiana (S/RES/2513), adottata nel marzo del 2020, il Consiglio di Sicurezza ha asserito che l’Emirato Islamico dell’Afghanistan (quale nuova entità statale proclamato dai talebani appena si sono insediati nei palazzi governativi di Kabul) non è riconosciuto dalle Nazioni Unite e che l’organo politico onusiano non è favorevole e, quindi, non sostiene la nascita di una nuova realtà politica afghana.
Nella seduta del 16 agosto, i 15 membri del Consiglio di Sicurezza, inoltre, hanno approvato una dichiarazione (SC/14604), in cui è stato chiesto l’istituzione mediante negoziati inclusivi di un nuovo governo che sia coeso, inclusivo e rappresentativo dove vi deve essere la partecipazione piena, equa e fondamentale delle donne.
In un’altra riunione in seno al Consiglio di Sicurezza del 6 agosto, i 15 membri dell’organo politico onusiano hanno ascoltato la relazione dell’inviato speciale Deborah Lyons della United Nations Assistance Mission in Afghanistan (Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan), nella quale si afferma che “i governi dovrebbero far arrivare alle orecchie dei talebani che un governo imposto con l’azione coercitiva armata in Afghanistan non dovrebbe essere riconosciuto” (S/PV.8831).
Sulla stessa posizione la delegazione cinese e le altre hanno asserito che “nessun governo dovrebbe essere istituito con lo strumento della forza”.
Anche i rappresentanti statunitense, norvegese ed estone hanno in modo netto fatto intendere che i loro governi “non accettano e non sostengono un ritorno dell’Emirato islamico talebano” e che – come hanno sostenuto le delegazioni nigerina, kenyota, tunisina et alias – “il processo di pace non deve premiare l’impiego della forza di tipo militare o il riconoscimento di movimenti terroristici”.
Tale concetto è stato anche ribadito durante l’incontro nella città di Doha, qualche giorno prima che i talebani riprendessero il potere, da alcuni Stati e organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l’Unione Europea, che hanno sottolineato a chiare lettere che «non riconosceranno alcun governo in Afghanistan imposto attraverso l’uso della forza».
Come si evince dal documento dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite esattamente all’Ufficio che si occupa delle credenziali degli ambasciatori che vengono accreditati, l’attuale rappresentante diplomatico afghano aveva presentato la lettera credenziale del suo governo nel novembre 2020 per l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale che l’aveva approvata il 1° dicembre.
L’ambasciatore afghano Ghulam M. Isaczai ha onsegnato le sue credenziali nelle mani del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
L’accordo di Doha raggiunto tra rappresentanti statunitensi e talebani nel febbraio 2020 che veniva allegato alla Risoluzione 2513, già citata, adottata dall’organo politico onusiano qualche mese dopo, che lo ha accolto come uno degli importanti passi verso il tramonto bellico e l’avvio ai negoziati tra afghani, sembra che non stia funzionando, sebbene proprio i talebani non lo stiano rispettando.
In quel accordo, il solo impegno del governo statunitense nei confronti delle Nazioni Unite concerne una norma in base alla quale, con l’inizio dei negoziati, gli statunitensi avrebbero avviato un compito diplomatico assieme agli altri membri dell’organo politico onusiano con l’obiettivo di sradicare i membri dell’Emirato islamico afghano, non riconosciuto dagli Stati Uniti come entità statale ed è conosciuti come talebani nella lista delle sanzioni (S/2020/184S).
Ora, avendo l’organo politico onusiano ommesso nella sua dichiarazione ultima un qualche punto di riferimento al non supporto alla ex novo istituzione dell’Emirato islamico afghano o a un governo costruito con i mezzi coercitivi armati, bisogna attendere se questo nuovo esecutivo talebano manterrà la promessa di costruire un governo coeso, inclusivo e rappresentativo, anche con la piena partecipazione del sesso femminile o ripristinerà i suoi vecchi metodi come l’intimidazione, le massicce violazioni dei diritti umani, sostegno a movimenti di matrice terroristica e via discorrendo.
Offrire ai talebani un posto presso il seggio delle Nazioni Unite, a parere di chi scrive, è una strada in salita, visto già le prime risposte di alcuni Stati membri che hanno invitato la comunità internazionale a non riconoscere la neo entità statale afghana a guida talebana e ad evitare di farla entrare nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
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