Di Paola Ducci*
ROMA (nostro servizio particolare). Sappiamo tutti molto bene cosa si intende per arma bianca, ma sappiamo anche perché si chiama in questo modo cosi particolare e apparentemente innocuo, quasi un ossimoro se pensiamo all’uso per cui queste sono nate?
Il termine “arma bianca” nasce come chiarimento nel momento in cui è stato necessario distinguere questa tipologia di armi da quelle da fuoco.
L’intento della definizione è quello di descriverle come ”strumento di offesa” in alternativa a quelle alimentate con polvere da sparo, ma in realtà la definizione nasce dal…colore di queste armi
Secondo il Manuale sulle Armi Portatili di Luigi Gucci del 1918 le armi bianche probabilmente vennero chiamate in questo modo perché costituite di acciaio levigato che, riflettendo la luce, assumevano un colore biancastro caratteristico.
La locuzione quindi deriverebbe dal bianco riflesso del sole sopra le superfici metalliche di queste armi.
Naturalmente questo termine ha un’origine antica, fa riferimento a tempi remoti in cui si rese necessario indicare il passaggio tecnologico dalle lame di pietra, rame, bronzo e ferro a quelle molto più efficienti in acciaio e che in confronto apparivano appunto di colore bianco. Tale termine non figura nel lessico giuridico, quindi non è adatto a definire correttamente questa categoria di armi nell’ambito legale.
Quando si definisce il termine “arma” però è bene ricordare che con questo si identifica “in generale qualunque oggetto, arnese o apparecchio che serva di offesa o di difesa”.
Questa descrizione è molto interessante: nel linguaggio comune per arma intendiamo sempre uno strumento di offesa ( probabilmente mutuato per cultura dall’utilizzo delle armi da fuoco che sono preminentemente armi di offesa) ma in realtà l’arma bianca può essere anche da difesa: infatti le corazze e gli elmi, così come gli scudi, erano definiti “armi bianche difensive” perché costituite di metallo.
Oggi può apparirci strano proprio perché associamo direttamente l’arma a un ruolo eminentemente offensivo.
Con arma bianca a scopo offensivo quindi si intendono tutti gli strumenti dotati di lama, in grado di ferire di punta o di taglio. Rientrano nella famiglia delle armi bianche le spade, i pugnali, le baionette e le loro varianti lunghe o corte, quindi anche spadone, stocco, daga e coltello. In tempi più recenti nella categoria delle armi bianche sono state fatte rientrare anche le armi (che non siano alimentate da meccanismi o da polvere da sparo) montate su aste (alabarde) e quelle cosiddette immanicate, usate per lo sfondamento: martello, mazza, scure.
Si tratta comunque di definizioni convenzionali suscettibili di variazioni.
I requisiti di un’arma bianca offensiva sono determinati da alcune caratteristiche precise:
- Potenza di penetrazione, la facilità di maneggio, la resistenza complessiva delle singole parti, il raggio di azione massimo in relazione allo scopo particolare cui l’arma è destinata.
- Costituzione ossia le qualità del metallo, delle parti principali (esempio lama, impugnatura) e della forma generale (da taglio, a punta). Inoltre, nell’armamento usato dagli Eserciti della Grande Guerra, esisteva l’ulteriore classificazione per le “armi a cavallo” (sciabola da cavalleria, lancia) e le “armi a piedi” (baionetta, sciabola baionetta, spada baionetta, coltello baionetta). Va notato che nel corso della Prima Guerra mondiale le lance caddero progressivamente in disuso: erano senz’altro le armi da punta con il maggior raggio di azione, ma erano ingombranti, difficili da maneggiare oltre a d essere piuttosto visibili.
In senso più generale oggi possiamo affermare che l’arma bianca rientra nella categoria delle armi proprie, arma da mischia o arma da combattimento ravvicinato, o qualsiasi arma utilizzata nel combattimento corpo a corpo, vale a dire destinata per l’uso all’interno della portata fisica diretta dell’arma stessa, che funziona essenzialmente come un’estensione del braccio di chi la utilizza.
Al contrario, un’arma a distanza è qualsiasi altra arma in grado di colpire bersagli a una distanza maggiore rispetto al contatto fisico immediato.
*Editor per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa
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