Cina: l’Asia Centrale è il nuovo mercato per la vendita di sistemi d’arma di Pechino

Di Giuseppe Gagliano

MOSCA. La Russia è impantanata in Ucraina e Washington è troppo esosa per i bilanci delle Repubbliche ex sovietiche.

E Pechino ha trovato l’occasione perfetta per stringere un altro nodo nella sua rete eurasiatica: le armi.

Non bastava il dominio commerciale, ora la Cina diventa il principale fornitore di sistemi d’arma in Asia Centrale, una regione strategica in cui il peso militare era finora prerogativa russa.

Il Kazakistan nuovo mercato di armi cinesi

 

Il sorpasso, già avviato sul piano economico, si concretizza ora con la vendita di droni al Kazakistan, di sistemi antiaerei all’Uzbekistan e – potenzialmente – di jet da combattimento JF-17, frutto della cooperazione tra Pechino e Islamabad. Un’offensiva silenziosa ma precisa, che mira a rendere la Cina non solo partner, ma garante della sicurezza regionale.

Un jet da combattimento JF-17 pakistano (Shimin Gu – commons file)

 

E non è un caso che queste forniture arrivino dopo il vertice Asia Centrale-Unione Europea, che ha lasciato poche tracce.

L’Europa parla di cooperazione, la Cina firma contratti. E a Tashkent, i Rafale francesi sembrano già un’ipotesi più debole di fronte alle pressioni – e agli sconti – di Pechino.

Quello che si profila è un cambio di paradigma: mentre l’Occidente impone standard, diritti e prezzi, la Cina offre pragmatismo, formazione rapida e un prezzo contenuto.

Il tutto condito da una visione di lungo termine che vede l’Asia Centrale come retroterra strategico della Nuova Via della Seta.

Nel periodo 2018-2023, Pechino ha esportato armi in oltre 40 Paesi, il 5,8% del totale mondiale.

Non sono numeri da superpotenza militare, ma sono sufficienti per plasmare gli equilibri dove gli altri arretrano.

Non a caso, le sue vendite si concentrano là dove l’instabilità è cronica e l’Occidente è disilluso o in ritirata: Africa, Sud-est asiatico, ora Asia Centrale.

Il messaggio è chiaro: la Cina non occupa con le truppe, ma conquista con le fabbriche, le infrastrutture e – quando serve – con i droni. La Pax Sinica, in fondo, ha solo sostituito il kalashnikov con il contratto a lunga scadenza.

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