Di Alessandro Gentili *
L’AJA (PAESI BASSI). Il clamore destato dalla notizia dell’ennesimo scoop della Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI) (1), con l’emissione di mandati di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità verso il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant nonché verso il capo militare di Hamas, Mohammed Deif, che però sembrerebbe sia stato ucciso tempo fa a Gaza, correlato con quelli emessi il 17 marzo 2023 a carico del Presidente russo Vladimir Putin e di Maria Alekseevna L’vova-Belova, commissaria presidenziale per i diritti dei bambini in Russia, per aver commesso crimini di guerra e altro (2), ha suscitato in tutto il mondo un grande clamore e grandi perplessità.
In, effetti dalla sua entrata in funzione la CPI si espone continuamente ad accuse di ipocrisia, perché ha dimostrato ripetutamente di non essere nelle condizioni di perseguire identiche e anche più gravi violazioni dei diritti umani quando esse vengono attuate in differenti aree geografiche e da certi soggetti politici.
Come avvenne ad esempio quando gli USA con l’American Service-Members Protection Act bloccarono qualunque tentativo di quel procuratore di perseguire cittadini americani per crimini commessi in Afghanistan e Iraq.
Eppure la CPI aveva ed ha giurisdizione su quegli Stati. Allo stesso modo la CPI non ha mai perseguito i mandanti dell’assassinio di un legittimo capo di Stato, Mu’ammar Gheddafi ucciso il 20 ottobre 2011 a Sirte, in Libia, e non ha mai perseguito il Presidente dell’Iraq Saddam Hussein (3).
E’ infatti di tutta evidenza l’ impossibilità di raggiungere l’obiettivo di una giustizia internazionale e globale e ciò perché la CPI continua ad investigare con fermezza solo alcuni Paesi permettendo, però, alle potenze occidentali di operare in assoluta impunità.
E da più parti si ricorda spesso che il procuratore capo di questa Corte, pur essendo cittadino britannico, discenda da famiglia di origine pakistana e sia di religione musulmana.
Da tutto questo discende l’idea di un organo di giustizia sovranazionale che non riesce neppure ad apparire “un legittimo e imparziale strumento di diritto” bensì piuttosto “un’arma impugnata dai Paesi forti contro i loro rivali geopolitici” (4).
In conclusione, lo Statuto di Roma risulta già essere divenuto inadeguato e desueto, di fronte all’evoluzione di eventi bellici – Russia-Ucraina e Israele contro Hamas, Libano, Iran e milizie Houthi (5) – che possono condurre ad un nuovo conflitto mondiale, con sempre più probabile ricorso all’arma nucleare.
E la cosa che più lascia perplessi risiede nel fatto che questo ultimo clamoroso intervento, abnorme e molto probabilmente persino illecito, se non addirittura illegale – come si spiegherà in seguito – della CPI, con i suoi mandati di arresto, nei sopracitati conflitti, è sicuramente un fattore che aggrava le tensioni in atto e può portare a conseguenze tragiche, non solo per le parti in conflitto ma anche per parti non direttamente interessate, ma loro vicine territorialmente.
Non è difficile prevedere, pertanto, che l’incapacità dello Statuto “di fornire ai giudici gli strumenti necessari per riportare la giustizia, adattandosi al caso concreto” costituisca un pericolo per l’esistenza futura della stessa CPI (6).
Ora si deve preliminarmente osservare che questa è la prima volta in cui si sono emessi mandati di arresto per soggetti politici di un Paese ritenuto occidentale, abitualmente sostenuto dall’Occidente, addirittura voluto dall’Occidente, e ancora più precisamente creato dall’ONU.
Israele, per la comunità internazionale, non è uno Stato qualsiasi e non dovrebbe essere trattato alla stessa stregua di un qualunque “Stato canaglia” perché è o almeno era unanimemente riconosciuto che, dalla sua fondazione, Israele combatte per la sua sopravvivenza, circondato da paesi e popoli ostili che dichiarano pubblicamente e continuamente di volerlo distruggere, cancellare dalle carte geografiche, annullarlo, lo Stato ed i suoi abitanti! +
Paesi nei confronti dei quali la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale non hanno mai mosso accuse e avviato procedimenti penali:
E questo è inverosimile. Come appaiono inverosimili e stucchevoli le dichiarazioni di esponenti qualificati di Paesi e Governi da sempre amici di Israele ma che ora che si lasciano andare a dichiarazioni che lasciano esterrefatti chi le ascolta.
In sostegno di Israele si sono subito schierati gli Stati Uniti (7) e l’Argentina.
Il Dipartimento di Stato USA ha fatto sapere di “respingere categoricamente” il provvedimento della Procura della CPI, manifestando profonda preoccupazione e negando il riconoscimento della giurisdizione della Corte sulla questione israeliano-palestinese.
Per il Presidente argentino Javier Milei così “si ignora il legittimo diritto di Israele a difendersi dagli attacchi costanti di Hamas e Hezbollah”.
Invece il primo Paese che ha dichiarato immediatamente la sua piena collaborazione alla CPI è stato l’Olanda.
Anche l’Italia ha ritenuto di dover rilasciare dichiarazioni contrastanti, in seno alla maggioranza di Governo, che lasciano perplessi coloro che pensano che Israele sia sempre stato ed è un paese alleato e amico (8) (9).
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che, “pur ritenendo la decisione della Corte sbagliata” , se Netanyahu e Gallant “venissero in Italia dovremmo arrestarli, perché noi rispettiamo il diritto internazionale”.
Di diverso avviso è invece il premier ungherese Viktor Orban, attualmente “presidente di turno della UE” che ha annunciato di voler invitare a visitare l’Ungheria il suo omologo israeliano Netanyahu, per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla CPI.
Al riguardo, Orban ha dichiarato che “Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione. Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso posso garantirgli che la sentenza della Corte Penale Internazionale non avrà alcun effetto”. Netanyahu ha ringraziato l’Ungheria per l’invito a visitare il Paese nonostante il mandato d’arresto spiccato dalla CIP, elogiando la “chiarezza morale” di Orban (10).
Dalla UE hanno fatto sapere che se effettivamente Netanyahu arrivasse in Ungheria e non fosse arrestato, “violerebbe i suoi obblighi legali internazionali e la posizione dell’UE sulla CIP”.
Una fonte diplomatica avrebbe poi precisato che comunque non si saprebbe cosa possano fare gli Stati membri al riguardo ma la questione potrebbe essere sollevata in occasione di una prossima riunione del Comitato dei Rappresentanti Permanenti.
A sua volta il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik ha duramente criticato il mandato di arresto affermando che la Repubblica Spska farà di tutto per evitare che le istituzioni della Bosnia-Erzegovina attuino tale “assurda decisione”.
Decisione che dimostra che ” il sistema giudiziario internazionale viene utilizzato come mezzo politico”.
“Accusando il premier israeliano, di un Paese che è stato attaccato da una organizzazione terroristica, la Corte si è ulteriormente “squalificata”, ha scritto Dodik su X.
Il Regno Unito ha fatto sapere che “rispetterà i suoi obblighi legali” e l’Irlanda si dice pronta a eseguire il mandato di arresto (11).
.”Fedele al suo impegno di lunga data a sostegno della giustizia internazionale” , la Francia prende atto dei mandati di arresto e “ricorda il suo attaccamento al lavoro indipendente della Corte”.
Dal suo canto, il Cancelliere tedesco Scholz spiega che “esamineremo coscienziosamente i passi da compiere. E ulteriori passi saranno compiuti solo quando sarà prevedibile una visita in Germania del Primo Ministro Netanyahu e dell’ex Ministro Yoav Galant”. Infine, per la Russia le decisioni della Corte Penale Internazionale (CPI) sono “insignificanti” e, quindi, “non c’è motivo di commentarle”.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha pure precisato che “la Russia non aderisce alla CPI, che lo scorso anno ha emesso un ordine di arresto per il Presidente Vladimir Putin” (12).
Ovviamente, passata la sorpresa della notizia dell’emissione dei mandati di arresto, ora si inizia a studiare le problematiche ad essi connesse.
La sensazione che se ne ricava è un quadro molto confuso, con le Cancellerie europee divise sul da farsi, con Trump che fa sapere che sta preparando sanzioni contro il procuratore capo Karim Khan e i giudici che hanno emesso i mandati.
Se Biden ha definito “scandalosi” i due mandati di arresto, spiegando che gli Stati Uniti ovviamente non li eseguiranno, Trump potrebbe revocare tutti i visti statunitensi posseduti dai funzionari della CPI e impedire loro di effettuare transazioni immobiliari negli USA, come prevedeva già una proposta di legge avanzata dai repubblicani lo scorso luglio.
Infine, emerge chiaramente che comunque sono sempre i singoli Governi degli Stati che hanno aderito allo Statuto di Roma che decidono di applicare la sentenza della Corte o meno.
E per gli Stati che hanno ratificato lo Statuto che dovessero disattendere gli ordini della Corte, come si è già verificato per i viaggi di Putin in Mongolia ed in Kirghizistan – entrambi hanno aderito al trattato – non sono previste sanzioni né si è finora posto il problema di farlo.
Inoltre va ricordato che in passato altri “arrestandi” mancati della Corte furono Omar al-Bashir (ex Presidente sudanese, per il genocidio nel Darfur) e Saif al-Islam Gheddafi (in Libia, con l’accusa di crimini contro l’umanità) (13).
Argomenta molto bene Daniele Capezzone nel suo editoriale di sabato scorso dal titolo “La Corte dell’Aja andrebbe chiusa. L’Italia la ignori”.
Nell’articolo si ricorda che “quando lo scorso 20 maggio il procuratore capo della Corte avanzò la richiesta di arresto del premier israeliano Netanyahu e per il suo ministro della Difesa Gallant, appaiati e parificati ai capi di Hamas e resi perfino intercambiabili rispetto ad essi, il Wall Street Journal parla correttamente di epitaffio rispetto alla credibilità della giustizia internazionale. Oggi, dopo che quella richiesta è stata accolta dalla Corte, l’epitaffio è stato scolpito su una lapide di infamia”.
E nel proseguo l’editorialista ricorda che “La Corte nacque, nelle intenzioni nobili ma forse ingenue di alcuni proponenti, come strumento di giustizia internazionale contro dittatori e soggetti operanti in contesti privi di rule of law, estranei alla cultura dello Stato di diritto. Con questa logica, prima o poi (è da temere, più prima che poi) gli stessi soldati NATO, i loro comandanti, i vertici militari e politici dei Paesi dell’Alleanza, potrebbero essere criminalizzati mediaticamente, attaccati giuridicamente, arrestati e infine condannati, semplicemente per aver preso parte ad operazioni di Polizia internazionale o al contrasto del terrorismo, con iniziative legali sollevate e poi gestite (o comunque orchestrate, più o meno dietro le quinte) da Paesi e forze ostili all’occidente” (14).
L’importante e documentato editoriale si conclude con l’auspicio che “la NATO faccia chiarezza e ponga fine a un brutto e pericoloso spettacolo che è durato fin troppo”.
Ora, non è inutile ricordare ai nostri lettori che la guerra è sempre “la morte del diritto” (15) e che guerra durante non ha alcun senso per le parti in conflitto e per quanti vi hanno interesse invocare il rispetto di trattati e convenzioni adottate nel tempo dal diritto internazionale; diritto internazionale che è un diritto “pattizio” e vale solo nella misura in cui coloro che hanno aderito ai vari trattati e convenzioni ritengono di farlo o possono farlo.
Afferma Renato Federici , nel suo trattato “Guerra o diritto”, che “la guerra non è mai giusta: può essere inevitabile, può essere scusabile, ma mai giusta” (16), mettendo così un macigno su duemila anni di teorie sulla “guerra giusta”, da Cicerone a Sant’Agostino di Ippona,
Alberico Gentili, e via via fino al Catechismo della Chiesa Cattolica promulgato da San Giovanni Paolo II, a Papa Francesco e persino al patriarca russo-ortodosso Kirill.
Talché risulta evidente che la transizione di cui siamo attualmente testimoni, tra il precedente diritto internazionale e la definizione di una nuova sovranità mondiale sovranazionale, necessita di porre al vaglio nuove forme di diritto internazionale.
Infatti sia l’ONU che la sua Corte Internazionale di Giustizia non sono neppure più in grado di disciplinare le controversie e i conflitti tra gli stati membri.
Ancora oggi l’unico diritto internazionale che cerca di sopravvivere in guerra è la tremolante luce del diritto umanitario internazionale che è assolutamente irrilevante però nella risoluzione dei conflitti. Un altro diritto che continua ad operare è quello applicato dalle corti marziali e dai tribunali di guerra nei confronti dei militari e anche dei civili del paese in guerra e pure nei confronti di prigionieri e spie.
Ma anche questo diritto non serve per la risoluzione del conflitto!
L’esperienza concreta insegna poi che i crimini di guerra vengono giudicati semmai alla fine del conflitto, dal vincitore a danno della parte sconfitta. Un esempio per tutti il famoso Tribunale di Norimberga.
Ma mai nessun Tribunale speciale o Corte internazionale ha mai perseguito gli Stati Uniti per le due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, due obiettivi civili che già all’epoca erano preservati dalle previsioni della Convenzione di Ginevra (17)!
Tutto ciò premesso consente di concludere, d’accordo col Federici, che pretendere di disciplinare una guerra è impossibile e illusorio come è illusorio pensare di risolvere i conflitti con la sola diplomazia.
Una diplomazia che non abbia alle spalle un Paese che possa esercitare pressioni anche minacciose è una diplomazia inutile, ovvero anche la diplomazia deve essere per forza il “prolungamento” del potenziale bellico ed economico di uno Stato (18).
Richiamando a questo punto la differente giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU, competente a giudicare gli stati, e della Corte Penale Internazionale (ex Statuto di Roma) competente a giudicare gli individui sospettati di aver commesso crimini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità e/o crimine di aggressione (19), sorge il dubbio più che fondato che un mandato di arresto a carico del Presidente della Federazione Russa o del premier dello Stato di Israele, riconosciuti tali da tutti gli Stati della Comunità internazionale, non è più un procedimento a carico di un individuo bensì a carico di uno Stato e pertanto non è, non può essere di competenza della Corte Penale internazionale (CIP)!
Stupisce che a oggi nessuno abbia mai rilevato questo macroscopico equivoco – neppure la Corte Internazionale di Giustizia – che, “ictu oculi”, dà una impressione di immediata percezione di qualcosa che appaia non contestabile per la sua inconfutabile evidenza.
Un’evidenza però che sembrerebbe essere sfuggita a buona parte del mondo occidentale per una marcata ipocrisia nel voler considerare all’improvviso la Russia nemica dell’Occidente, l’Ucraina invece Paese amico e Israele ed il popolo ebraico invece una realtà mal sopportata e malcelata da una corrente di pensiero detta “antisionista” che abbiamo riscoperto essere fortissima in tanti Stati, tra cui l’Italia.
Paese, il nostro, che pure ha un retaggio storico che la collega alla tragica realtà delle persecuzioni degli ebrei da parte della Chiesa Cattolica prima e alle leggi razziali adottate dal Regno d’Italia poi, sin dal 1938.
Leggi trasformatesi poi in una feroce persecuzione, che ha visto deportare nei lager nazisti (campi di internamento, campi di concentramento, poi campi di sterminio) 8.564 Ebrei dall’Italia e dalle zone occupate dagli italiani, in Francia e nelle isole di Rodi e di KOS.
Tra di essi vi erano anche 776 bambini di età inferiore ai 14 anni. I sopravvissuti furono solamente 1.009, tra cui solo 25 bambini, cioè meno del 15% del totale dei deportati!
Si apprende che il Governo di Israele – a differenza della Russia, che ignora la Corte Penale Internazionale, cui non attribuisce alcun significato – starebbe valutando di impugnare i mandati di arresto rivolti al premier Netanyahu e all’ex ministro Gallant.
Non si hanno ancora elementi per sapere a chi possa essere rivolto il ricorso, ma chi scrive ritiene che sarebbe un grave un errore rivolgersi alla Corte Penale Internazionale (CIP) perché un tale atto significherebbe riconoscerne in qualche modo la legittimità, da parte di uno Stato che invece non ha aderito allo Statuto di Roma.
Semmai, potrebbe essere fatta una opposizione – ad un organo dell’ONU o tutt’al più alla Corte Internazionale di Giustizia che ha certamente una maggiore legittimità ed autorità della CIP – tendente ad annullare i due mandati di arresto.
Nelle more di questi possibili sviluppi, lo Stato di Israele potrebbe intanto diffidare tutti i Paesi che hanno dichiarato di voler dare esecuzione ai mandati di arresto, interrompendo da subito le relazioni diplomatiche.
Nel concludere, si sottolinea comunque che – come avviene anche per le risoluzioni dell’ONU, che comunque può tentare se necessario di imporre sanzioni – le due Corti dell’Aja, a differenza dei tribunali degli Stati, non hanno una effettiva possibilità di affermare con certezza i loro giudicati, non disponendo degli essenziali strumenti coercitivi. In questa ottica, le due Corti non possono di fatto neppure celebrare processi in contumacia. Si tratta in definitiva di una giurisdizione atipica e poco più che virtuale.
Ovvero, i crimini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di aggressione potranno essere sempre discrezionalmente perseguiti dagli Stati nel cui territorio si sono verificati o nel territorio di uno stato occupato conflitto durante.
Ma in questo caso sarà esercita solo la “giustizia del più forte”.
Infatti, essendo il diritto sotto il profilo funzionale “un insieme di strumenti per prevenire e risolvere in modo civile le controversie tanto tra i singoli, quanto tra i gruppi e perfino gli Stati”, se ne deduce che le guerre e i conflitti armati sono elementi, metodi diversi rispetto a quelli sanciti dal diritto stesso. Ad esempio, in un conflitto armato sono solo le armi a fare, per così dire, “giustizia” e non il giudice.
Lo stesso conflitto, il ricorrere alle armi, nasce dal momento stesso in cui fallisce il diritto come criterio di “prevenzione e risoluzione delle dispute”.
In nome della ragione, ogni contendente tende a imporre la propria volontà: si dà mano alle armi.
Ineluttabile la guerra e la morte del diritto (20)!
NOTE
(1) Statuto di Roma stipulato il 17 luglio 1998, entrato in vigore il 1° luglio 2002 dopo la ratifica del 60° Stato aderente. Ad oggi ne fanno parte 124 Paesi dei 193 membri dell’ONU. La CPI ha una giurisdizione sovranazionale ed è competente a giudicare gli individui (a differenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU, nota anche come Tribunale Internazionale de L’Aja, competente a giudicare gli Stati) che siano sospettati di aver commesso crimini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità e/o crimine di aggressione
(2) Ovvero per aver organizzato deportazioni di abitanti da territori occupati dell’Ucraina e aver trasferito parte della popolazione , in special modo bambini, dalla nazione occupata in Russia
(3) Responsabile di numerose violazione dei diritti umani, tra cui l’assassinio di oltre 250 mila persone e delle violente e sanguinose invasioni di Iran e Kuwait. Il dittatore venne deposto nel 2003, processato dal Governo ad interim iracheno, fu condannato a morte ed impiccato il 30 dicembre 2006 a Camp Justice
(4) Cfr. Berca, F., Il mandato di arresto contro Putin nel contesto della crisi della Corte Penale Internazionale, prospettive future e pericoli sommersi, su Questione Giustizia del 29 maggio 2023, edita da Associazione Magistratura Democratica dell’ ANM, Roma
(5) Conflitti che, come noto, sono ben lungi dall’interessare solo i Paesi sopra citati, ma coinvolgono in modo più o meno diretto gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito, l’Unione Europea, la NATO, la Cina, la Corea del Nord ed altri attori minori, ma comunque coinvolti in diversa misura
(6) Berca, F., ibidem
(7) Gli USA come noto non hanno mai aderito allo Statuto fondante della Corte, come pure la Russia, la Cina, Israele, il Sudan, l’Ucraina, l’Iran, la Corea del Nord, l’India, ecc
(8) Purtroppo lo stesso atteggiamento ondeggiante che emerse il 22 febbraio 2022 allorché si apprese dell‘Operazione militare speciale della Russia in Ucraina, quando con sorprendente sollecitudine il nostro Governo si schierò “mani e piedi” a favore dell’Ucraina, contro la Russia, fino al giorno precedente Paese amico, con cui da oltre 20 anni i nostri Governi avevano intrattenuto rapporti amichevoli, con reciproci vantaggi sul piano economico e finanziario. Non solo, l’Italia è stata il Paese tra i più rigorosi nell”Unione Europea nell’applicare gravi sanzioni alla Russia – con enormi danni per la nostra economia e per molti nostri imprenditori operanti nel territorio della Federazione – e ai cittadini russi con interessi in Italia, con provvedimenti spesso chiaramente illegittimi se non apertamente illegali, da cui conseguiranno certamente rilevanti danni per i risarcimenti ai destinatari di tali provvedimenti atipici e spesso contrari alle convenzioni internazionali
(9) Non è inutile ricordare il ruolo attivo che l’Italia, nel corso della 2^ Guerra Mondiale, quale Paese alleato della Germania nazista , ebbe nella deportazione e nello sterminio di cittadini italiani di razza ebraica. A maggior ragione, soprattutto nelle parole di chi governa oggi l’Italia, si sarebbe apprezzata maggiore cautela e preferito addirittura il silenzio. Non era necessario esprimere concetti banali, quando non grossolani, di cui un giorno i destinatari non potranno non ricordarsi
(10) Così l’Agenzia di stampa italiana ANSA.it del 22 novembre 2024 “Orban sfida la Corte dell’Aja: Netanyahu venga in Ungheria, la sentenza non avrà effetto”
(11) L’Irlanda è uno dei Paesi che lo scorso maggio ha riconosciuto l’ inesistente Stato della Palestina come Stato sovrano, stabilendo piene relazioni diplomatiche a Ramallah
(12) Così sempre in Ansa.it, ibidem
(13) Ampl. cfr. Cesare, G. e Facci,F., in “Il mandato di arresto – Netanyahu, mondo diviso. Ecco chi sta con Israele” su “Il Giornale” del 23 novembre 2024, pagg. 1 e 4
(14) Così Capezzone, D., in “La Corte dell’Aja va chiusa. L’Italia ne ignori le sentenze” sul quotidiano ” Libero” del 23 novembre 2024, pagg. 1 e 5
(15) Ampl. vds. Federici, R., in “Guerra o diritto”, 3^ ed., Editoriale Scientifica Napoli, 2013, di pagg. 370
(16) Così Federici, R., ibidem, pag. 25
(17) Il Diritto Umanitario prende l’avvio con lo scritto del 1862 “Souvenir de Solferino” dello svizzero Henry Dunant, che narra la orripilante situazione del campo di battaglia con morti, feriti, corpi straziati ecc. Da lì a poco nacque la Croce Rossa Internazionale e nel 1949 venne adottata la Convenzione di Ginevra, il cui principio fondamentale era il rispetto della dignità umana, il soccorso dei feriti, l’assistenza dei prigionieri, il divieto di usare materiale bellico inutilmente crudele, imporre trattamenti inumani, ecc.
(18) Cfr. pure Gentili, A., Li Gobbi, A., Santo, V., Venci, A., in “Ucraina-Russia, Guerra, Diritto e Interessi Nazionali”, Artestampa, Modena, 2022
(19) Vds. ancora nota n. 1, ibidem
(20) Così pure Federici, R., ibidem
* Generale di Brigata dei Carabinieri (ris.) e Generale di Gendarmeria (in congedo) della Repubblica di San Marino
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