Di Giuseppe Paccione
Mosca. Sembra di assistere al ritorno della Guerra fredda fra le due super potenze che vede al centro l’Ucraina, ex Paese satellite di quella che fu, in illo tempore, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) che si avviò al suo smembramento con l’ascesa di Michael Gorbaciov e la caduta del muro di Berlino (1989) e il tramonto dell’ideologia comunista.

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Che una seconda Guerra fredda sia sempre più concreta, lo si può evincere dall’atteggiamento del Presidente russo Vladimir Putin sempre più aggressivo nei riguardi degli Stati Uniti, della NATO e dell’Ucraina, che, a parere di chi scrive, non ha mai accettato la disintegrazione dell’URSS come una forte umiliano sullo scacchiere internazionale.

Il Presidente russo. Vladimir Putin
Oltre a ciò, il fatto che l’Alleanza atlantica stia lavorando per far entrare l’Ucraina come Stato membro dell’organizzazione militare internazionale, a carattere regionale, sorto nel 1949, ha fatto preoccupare il Cremlino che reputa il popolo ucraino come un solo popolo assieme a quello russo.
Da non sottovalutare le forti relazioni amichevoli con la Cina che si oppone all’espansione della NATO, supportando le proposte russe di costituire garanzie di sicurezza sine die e de jure vincolanti per l’Europa.
Per comprendere il modus operandi, potenzialmente pericoloso, della Russia in questa crisi, è necessario fare un passo indietro con le lancette della storia e soffermarci agli inizi degli anni ’90 del secolo XX con il crollo della struttura comunista sovietica, che continua ancora ad influenzare l’attuale logica strategica nei palazzi governativi di Mosca.
Difatti, Putin, ricordando i fatti che portarono alla caduta dell’Urss, come un periodo in cui è stato commesso una grave ingiustizia al popolo russo, in particolar modo con l’Ucraina che non era stata meramente derubata, ma saccheggiata.
È stato anche osservato che lo smembramento dell’URSS, protagonista nel sconfiggere assieme agli alleati l’espansionismo del nazismo durante il II conflitto Mondiale, nel 1991 è stato un momento di trionfo per l’intero occidente, ma non per i russi che si sono sentiti umiliati.
È stato anche affermato che la condotta pericolosa di Putin di arrivare ad uno scontro sul campo ha come radice il non accettare il crollo dell’impero russo di quattro secoli e il suo essere ridotta non più ad una super Potenza.
Obiettivo di Putin è riportare la Federazione russa al suo ruolo storico di grande Potenza e allo status quo ante i Paesi satelliti come cuscinetti sottomessi al potere del Cremlino.
La frammentazione dell’URSS sta portando ancora una volta verso la guerra fredda e probabilmente anche a uno scontro armato tra Russia e Paesi occidentali.
Crollo delle strutture centrali sovietiche cagionate dalle errate politiche di riforma attuate da Mikhail Gorbaciov che sono state la valvola del caos totale tanto da legittimare la fuga dei Paesi dell’area baltica, dell’Ucraina e della Bielorussia.
Si prospettò l’attuazione di un nuovo progetto Marshall nell’entourage del Cremlino, che non andava giù al governo statunitense che desideravano lo smantellamento dell’URSS per ragioni prettamente di sicurezza e che volevano a tutti i costi vedere i sovietici ridursi ad una potenza di terz’ordine.
Sulla prospettiva dell’adesione russa nella NATO, l’osservazione era che lo spazio geopolitico post-sovietico fosse troppo vasto e imprevedibile per l’integrazione nell’orbita occidentale.
L’allargamento del Patto atlantico avvenne celermente con l’entrata dei Paesi baltici e della Polonia che cercavano rifugio e sicurezza dalla minaccia militare russa.
In realtà, l’allora Presidente Boris Eltsin della nuova Federazione russa, sorta dalle ceneri dell’impero sovietico, bramava entrare nell’Alleanza atlantica, ma si vide respingere tale richiesta da parte del Presidente americano Bill Clinton, il quale offrì solo una mera partnership con l’organizzazione atlantica, per la mera ragione che la Russia fosse troppo grande per poter divenire membro della NATO.

L’ex Presidente russo Boris Eltsin
Eltsin, dopo il rifiuto di Clinton, avvertì che l’espansione della NATO potrebbe portare ad una nuova divisione in Europa, anche se ancor prima il governo statunitense aveva garantito Gorbaciov, ultimo presidente dell’URSS, che l’organizzazione atlantica non si sarebbe spostata di un pollice verso i Paesi dell’Europa orientale.
Neppure è stata discussa la questione della Crimea quando i leader della nuova Federazione russa, dell’Ucraina e della Bielorussia ebbero un incontro segreto a Minsk, dove concordarono lo scioglimento dell’URSS.
Si consigliò a Eltsin di offrire la leadership ucraina come scopo per modificare i confini ucraini.
Opzione che avrebbe contribuito a placare l’opinione pubblica russa e a lasciare aperta la possibilità di dirimere la questione territoriale nel quadro del diritto internazionale. Eltsin, tuttavia, non ha sollevato questo problema nei negoziati di Viskuli.
Sull’espansionismo della NATO, Mosca la vede come una vera e propria minaccia militare realistica, in particolar modo da quando i tre Paesi baltici e la Polonia sono entrati come membri dell’Alleanza atlantica.
Il timore del capo del Cremlino sta nella ragione che gli Stati Uniti abbiano cospirato per dividere la Russia e favorire la creazione di una dicotomia dello Stato ucraino.
Ora, la comunità internazionale si trova in una situazione nella quale l’animosità delle Russia e degli Stati Uniti attorno al problema dell’espansione dell’ingresso dell’Ucraina nelle file della NATO è divenuto il cardine della crisi che potrebbe compromettere la pace e la sicurezza in Europa.
La preoccupazione di Mosca ha comportato la sua presenza con altri Paesi confinanti come la Bielorussia, la Moldova, la Georgia sino al suo coinvolgimento nel conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian sulla questione del Nagorno-Karabak, come anche in Kazakistan.
Mosca considera lo Stato ucraino un pericolo per la sicurezza russa, una specie di tradimento per colpire il cuore slavo russo.
Ma ciò può essere considerato un eccesso sebbene la vera preoccupazione è quello di sostituire l’attuale governo per insediarne uno che si pieghi a voleri del Cremlino oppure, come extrema ratio, occupare l’Ucraina.
Certamente, trovare una soluzione a questa crisi necessita la sfida alla determinazione e alla coesione da parte dei Paesi occidentali.
Anche se dal lato occidentale vi è qualche Paese come la Germania che è stata considerata l’anello debole a causa della sua dipendenza dalla Russia per quanto riguarda la sua fornitura di gas naturale.
Putin ormai non farà un passo indietro sulla decisione che l’Ucraina non sarà mai membro dell’Alleanza atlantica, accusando che gli Stati Uniti e l’UE hanno sistematicamente spinto l’Ucraina in un pericoloso gioco geopolitico volto a trasformare questo Paese in una barriera tra Europa e Russia, un trampolino di lancio contro quest’ultimo Stato.
Per Putin la formazione di uno Stato ucraino etnicamente puro, aggressivo nei confronti della Russia è paragonabile nelle sue conseguenze all’uso di armi di distruzione di massa contro la Russia stessa.
In modo minaccioso, inoltre, che non consentirà i territori storici e la popolazione che hanno un forte legame siano usate come ritorsione nei riguardi dei russi.
Da ciò si denota la dichiarazione di guerra di Putin se gli Stati Uniti e la NATO non bandiranno per sempre l’Ucraina dall’adesione al Patto atlantico.

La NATO sostiene pienamente l’Ucraina
Un altro problema complicato sullo scacchiere internazionale si sta affacciando potenzialmente pericoloso, cioè la sempre più salda alleanza con la Cina, con la quale, nell’ultima visita di Stato del Presidente Putin, con una dichiarazione congiunta hanno convenuto che la loro amicizia non ha limiti e che, pertanto, ci sarà ogni genere di cooperazione senza alcun impedimento.

Putin e Xi Jinping
Sia la Cina che la Russia hanno anche sancito che si opporranno all’allargamento della NATO, non solo ma Pechino ha dichiarato di supportare ogni proposta avanzata da Mosca per istituire garanzie di sicurezza giuridicamente vincolanti a lungo termine nel contenente europeo.
La Cina esaminerà, da vicino, come la Casa Bianca reagirà alle minacce militari di Mosca contro l’Ucraina e le implicazioni per l’intimidazione militare di Pechino nei confronti di Taiwan, dove la Russia ha affermato che l’isola fa parte della Repubblica popolare cinese.
E non vi è dubbio che questa posizione, espressa ufficialmente dal ministro degli Esteri russo, Sergej Viktorovič Lavrov, non faccia altro che rafforzare la sinergia geopolitica sino-russa in funzione anti-statunitense.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov
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