Di Chiara Cavalieri
IL CAIRO. Un piano segreto per destabilizzare l’Egitto dall’interno, orchestrato dalla Fratellanza Musulmana in coordinamento con l’Iran.
È quanto ha rivelato il pensatore politico egiziano Tharwat Al-Kharbawi, in un’intervista trasmessa sul canale televisivo egiziano Sada El Balad TV.

Tharwat Al-Kharbawi, analista strategico egiziano
Secondo Al-Kharbawi, il defunto Comandante iraniano Qassem Soleimani avrebbe offerto ai vertici della Fratellanza un modello operativo per costruire un esercito ideologico alternativo alle Forze Armate egiziane.

Il Generale Qassem Soleimani
Un’accusa gravissima, che getta nuova luce sugli anni tumultuosi che hanno preceduto la rivoluzione del 30 giugno 2013 e sul ruolo strategico svolto dall’Intelligence e dall’Esercito egiziano per evitare uno scenario da stato fallito.
Un “esercito di bande” ispirato ad Afghanistan, Algeria e Vietnam
Secondo Al-Kharbawi, il piano prevedeva la creazione di un “esercito di bande” da insediare nel Sinai, un territorio già segnato da infiltrazioni jihadiste e tensioni con Hamas.
Qassem Soleimani, allora capo della Forza Quds – il braccio operativo all’estero della Guardia Rivoluzionaria iraniana – avrebbe suggerito ai leader della Fratellanza di adottare la logica dell’Esercito parallelo, sulla falsariga dei modelli utilizzati da Teheran in Libano (con Hezbollah), in Iraq (con le milizie sciite), e in Siria.
L’idea era chiara: costruire strutture militari, ideologiche e logistiche al di fuori del controllo dello Stato centrale, ma legittimate da una nuova narrazione rivoluzionaria e religiosa.
Le prove nei documenti segreti
Al-Kharbawi ha citato documenti riservati scoperti nel covo di Mohamed Kamal, il leader dell’ala armata della Fratellanza, eliminato nel 2016.
Nei file sequestrati, sarebbero emersi piani dettagliati per una guerra di guerriglia contro l’Esercito egiziano nel Sinai, ispirati a strategie di lungo periodo già viste in Afghanistan, Algeria e Vietnam.
Un conflitto asimmetrico, da condurre logorando le forze regolari attraverso attacchi mirati, imboscate e propaganda armata.
Il ruolo decisivo della Rivoluzione del 30 giugno
Per il politologo egiziano, il vero spartiacque è rappresentato dalla rivolta del 30 giugno 2013, che portò alla destituzione del Presidente Mohamed Morsi.

Un’immagine della rivoluzione del 30 giugno 2013
“Quella non fu soltanto una rivolta contro un governo impopolare – ha affermato Al-Kharbawi – ma un momento storico che salvò l’Egitto da un progetto di conquista interna. Se non ci fosse stata, oggi non potremmo parlare liberamente di tutto ciò. Vivremmo sotto un regime che avrebbe smantellato lo Stato nazionale.”
La Fratellanza, secondo le ricostruzioni dell’analista, stava cercando di sostituire progressivamente tutte le istituzioni esistenti: giudici, media, Esercito, Polizia.
Un processo lento ma sistematico, che mirava a trasformare l’Egitto in uno “Stato della Fratellanza”, dove l’identità islamista avrebbe prevalso su quella repubblicana e nazionale.
E’ stato in questa circostanza che le Forze Armate egiziane hanno preso le parti del popolo , salvando il Paese dalla guerra civile e dal caos: perché tale era la situazione che si stava profilando dopo l’appello all’insurrezione che la Fratellanza aveva rivolto ai propri seguaci.
Sono seguiti anni di pacificazione nazionale , di vibrante rilancio economico , di un riposizionamento dell’Egitto al posto che merita nel quadro internazionale e , in particolare, nello scacchiere mediterraneo .
Oggi l’Egitto gode di altissima considerazione.
Le sue ottime relazioni con le maggiori Potenze internazionali , ma anche con i Paesi emergenti, ne sono la testimonianza più concreta.
Anche certi dissapori stanno scomparendo , perché l’anelito di pace che ispira la politica de Il Cairo porta con sé frutti che il tempo fa maturare .
Le relazioni economiche e politiche con l’Italia sono eccellenti.
Il Sinai come epicentro del complotto
Il Sinai, già teatro di infiltrazioni jihadiste e scontri a bassa intensità, sarebbe dovuto diventare la base logistica e militare dell’insurrezione.
Lì sarebbero stati addestrati i nuovi combattenti, in coordinamento con cellule terroristiche legate a figure come Hisham Ashmawy e Emad Abdel Hamid – entrambi ex ufficiali delle Forze speciali passati alla militanza jihadista.
Questi nomi, noti agli osservatori regionali, incarnano il rischio della frammentazione ideologica e militare all’interno dell’apparato di sicurezza, un fenomeno che Soleimani conosceva bene e che, secondo Al-Kharbawi, avrebbe cercato di replicare in Egitto.
La memoria di una minaccia ancora attuale
Le rivelazioni di Al-Kharbawi arrivano in un momento in cui il Medio Oriente è nuovamente attraversato da tensioni, con l’Iran e Israele ai ferri corti e il conflitto di Gaza che continua a destabilizzare la regione.
In questo contesto, l’Egitto si conferma un attore centrale: bersaglio strategico in passato, oggi garante di equilibrio.
Sventare un piano simile – che mirava non solo alla sovversione armata, ma alla trasformazione ideologica dello Stato – resta uno dei successi silenziosi della sicurezza egiziana.
Un capitolo oscuro che, grazie a testimonianze come quella di Al-Kharbawi, continua a illuminare il presente.
Nuovi rapporti tra Egitto e Iran
Il Consiglio Comunale di Teheran ha approvato recentemente la decisione di rinominare la Khaled Eslamboli Street, intitolata all’assassino del Presidente egiziano Anwar Sadat, sostituendola con il nome “Intifada”.

Khaled Islambouli Street a Teheran
La proposta, avanzata dal Ministero degli Esteri iraniano, mira a migliorare le relazioni con l’Egitto e a distanziarsi dalla figura di Khaled Islambouli, che nel 1981 uccise Sadat per opposizione agli accordi di pace di Camp David con Israele .

Khaled Eslamboli l’assassino del presidente Anwar Sadat
Il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato che il livello delle relazioni tra la Repubblica islamica dell’Iran e l’Egitto ha raggiunto “un livello senza precedenti”.
In un post sulla piattaforma social X, Araghchi ha scritto: “La diplomazia tra Iran ed Egitto è entrata in una nuova fase, in cui il livello di interazione e cooperazione politica e, cosa ancora più importante, il livello di fiducia e confidenza nelle relazioni tra i due Paesi, è senza precedenti”.
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