Elezioni regionali in Catalogna, i socialisti salgono

Di Pierpaolo Piras 

Barcellona. Quest’ultima domenica si sono tenute le elezioni regionali in Catalogna, fortemente condizionate dalla scarsa partecipazione al voto secondaria alla elevata incidenza della pandemia da coronavirus nel corpo sociale.

Considerando l’esito delle votazioni, è apparso chiaro il successo del Partito dei socialisti della Catalogna, capitanato da Salvador Illa.

Con una campagna elettorale all’insegna del dialogo e della moderazione, Illa ha guadagnato il 23% dei consensi e 33 seggi.

La sua abilità politica è stata quella di conciliare il sentimento indipendentista con quello degli elettori più moderati. Ponendosi in sintonia con la frangia di cittadini che desiderano cambiare la strategia dei partiti dopo quasi dieci anni di tensioni esasperate, rese tali dall’ illecita dichiarazione d’indipendenza catalana, pronunciata nel 2017 dal Presidente catalano regionale di allora , Charles Puidgemont.

Nonostante tale  successo, i socialisti catalani, spalleggiati dal Partito Socialista nazionale (PSOE) guidato dall’attuale Primo ministro spagnolo, Pedro  Sanchez, non raggiungono la maggioranza regionale dei seggi, neanche in alleanza con altre forze politiche moderate.

Ha avuto successo anche il partito di destra VOX, che compare per la prima volta sui banchi della “Generalitat” raggiungendo undici seggi.

Vengono poi altri partiti più piccoli, nessuno dei quali è in grado di condizionare il quadro politico generale.

Salvador Illa, leader socialista

I partiti indipendentisti sommati superano la soglia di maggioranza ma con notevoli riserve secondarie alle profonde differenze ideologiche e di prassi politica vigenti tra loro.

Insomma, emerge ancora una volta un quadro politico fragile, dominato dalle diversità e dagli storici odi dei catalani più radicali verso Madrid .

Su tutte le forze politiche attive in Catalogna grava l’accusa da parte dei cittadini di aver esasperato le proprie posizioni politiche rendendo la regione catalana gravemente inospitale per il turismo e per quasi tutte le attività economiche.

Dal 2018 ad oggi, la fiorente economia catalana è cresciuta meno e per la prima volta è stata del 2,3%, rispetto a quella nazionale del 2,6%.

Sono circa quattro mila le aziende che hanno delocalizzato la propria sede produttiva e legale al di fuori della Catalogna.

Solo nel 2018 (anno successivo alla dichiarazione e al referendum  illegale sull’indipendenza) l’85% degli investimenti è stato concentrato nell’area di Madrid, riservando un esiguo 6,4 per cento alla Catalogna

Il turismo ha dovuto subire un crollo drammatico al quale, in quest’ultimo anno,  si sono aggiunte le chiusure sociali da pandemia virale.

E Puidgemont ?

Sul futuro governo della Catalogna continuerà a peserà l’influenza sempre attiva dell’indomabile ex-Presidente catalano, Charles Puidgemont, tuttora rifugiato a Bruxelles, inseguito dal mandato di cattura internazionale della magistratura di Madrid sotto la grave accusa di sedizione.

Egli non ha mai cessato di manifestare il suo immodificato radicalismo.

In contraddizione con alcune sue affermazioni più moderate, ancora oggi , durante il corso di quest’ultima tornata elettorale, ispira l’ala più dura dei secessionisti.

Il suo messaggio politico è chiaro a tutti i catalani. Descrive una nazione più che altro civica, composta da cittadini in gran parte provenienti da fuori con una lingua, il catalano, priva di valore etnico.

Il radicalismo separatista ha, cioè, radici civiche e non condivide alcunché con il nazionalismo.

Il leader indipendentista Puigdemont

Nelle sue dichiarazioni ammette di avere commesso un errore nel dichiarare l’indipendenza catalana il 10 ottobre 2017, ma senza pentirsene. Anche se ha generato divisioni non da poco tra gli indipendentisti, come si è constatato anche nelle elezioni di domenica scorsa.

Lamenta sentitamente l’atteggiamento “repressivo” del Governo spagnolo verso di lui  e commenta aspramente la Monarchia dei Borbone, definita apertamente come “corrotta”.

Vorrebbe l’abolizione del reato di sedizione, spesso assunto pretestuosamente in vece della semplice libertà d’espressione e predica i suoi sostenitori alla resistenza  non violenta nell’azione politica attiva.

Nelle frequenti esternazioni da Bruxelles, Puidgemont accusa Madrid di essere condizionata da residui di franchismo e di essere in mano ad oligarchie economiche dalle visioni arretrate ed egoistiche.

Infine, nega qualsiasi ambizione politica in senso socialcomunista.

 

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