Guardia di Finanza: Catanzaro, sinergia tra mafie e colletti bianchi. Scoperto un imponente business criminale da decine di milioni di euro. Eseguite 71 misure cautelari e sequestrati beni per quasi un miliardo di euro

Di Mariateresa Levi e Dario Gravina

Catanzaro. È imponente l’operazione anti-mafia che questa mattina i finanzieri dei Comandi Provinciali di Catanzaro, Napoli, Roma, e Reggio Calabria hanno portato a termine unitamente ai colleghi del Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata (SCICO) ed ai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), sotto il coordinamento delle rispettive Direzioni Distrettuali Antimafia e della Procura Nazionale Antimafia.

I controlli delle accise

Tale operazione – denominata “PETROL-MAFIE SPA” – ha difatti comportato l’esecuzione di 71 misure cautelari (delle quali 56 sono ordinanze di custodia cautelare e 15 fermi di indiziato di delitto), emesse nei confronti di altrettanti soggetti accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio e autoriciclaggio nonché frode fiscale realizzata sulla vendita di prodotti petroliferi, ed ha altresì comportato un sequestro di beni che raggiungono la cifra di 946 milioni e 500mila euro.

L’operazione, che assume una rilevanza assoluta per i risultati che ne sono conseguiti, è frutto di quattro diversi filoni d’inchiesta condotti dalle Procure Antimafia di cui sopra, e che sono poi confluite in questa maxi-operazione atteso che stavano riguardando identici affari criminosi, sia pur nella diversità dei tanti soggetti coinvolti.

Gli investigatori, in questo caso, stavano concentrando le loro attenzioni sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale, nonché sugli ingenti flussi di denaro di provenienza illecita che ‘ndrangheta e camorra puntano a “ripulire” tramite investimenti in diversi settori produttivi e commerciali, sia pur senza disdegnare la possibilità di ottenere altri ricavi da attività fraudolente come quelle finite al centro dell’inchiesta e che, più in dettaglio, ha riguardato il settore delle frodi fiscali realizzate nella commercializzazione degli oli minerali.

Quello delle evasioni fiscali nel campo dei prodotti petroliferi è normalmente un settore riservato a “specialisti”, ovvero una particolare tipologia di crimini finanziari in cui operano soggetti dotati di grosse competenze nelle cosiddette “frodi carosello”; veri e propri professionisti molto abili a nascondere carte e ricavi di fronte al Fisco, e che sanno ricorrere a complessi stratagemmi contabili e societari evadendo in tal modo milioni e milioni di euro.

In questa circostanza, secondo quanto dimostrato dagli investigatori della GDF e dell’Arma, si è però venuta a creare una pericolosa sinergia tra associazioni di tipo mafioso e “coletti bianchi”, dove le prime garantivano il denaro mentre i secondi le “expertise” del caso.

Ecco dunque che con tali disponibilità economiche è scaturita una vera e propria convergenza tra strutture e business criminali diversi, ma tutti comunque attratti dalla possibilità di ottenere ricavi plurimilionari attraverso il commercio di carburanti da realizzare con il mezzo delle cosiddette società “cartiere” (esistenti solo sulla carta ma in realtà prive di una reale consistenza fisica) intestate a semplici prestanome, le quali, una volta ottenuti gli incassi frutto del loro commercio, spariscono puntualmente nel nulla senza corrispondere un solo euro al Fisco.

 

i controlli su strada della GDF

Per rendere un’idea di quanto appetibile fosse tale “investimento” basti considerare come nella vicenda sia implicato il noto clan di camorra dei Moccia, mentre in Calabria nell’affare erano entrate le cosche ‘ndranghetiste Piromalli, Cataldo, Labate, Pelle, Italiano, Bonavota, Anello e Piscopisani.

Un giro di riciclaggio e autoriciclaggio di denaro che gli inquirenti calcolano in oltre 173 milioni di euro, realizzato anche attraverso un giro di false fatturazioni per un ammontare complessivo superiore a 600 milioni di euro nonché un’IVA dovuta di 130 milioni di euro; cifre senza dubbio enormi a cui si affianca anche quella di circa 31 milioni di euro determinata dall’omesso versamento delle accise.

Da notare come tra i destinatari dei 71 provvedimenti cautelari figuri anche una cantante (attualmente imprenditrice nonché vedova di un noto petroliere italiano) la quale – nel 2019 – era stata fermata dai finanzieri vicino al confine di Ventimiglia mentre con la sua auto stava cercando di far uscire dall’Italia 300 mila euro in contanti.

Dal quel controllo scaturì poi una perquisizione in una stanza d’albergo a Milano dove la donna alloggiava, e dove i militari rinvennero altro denaro per 1.400.000 euro.

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