Di Bruno Di Gioacchino
TEL AVIV. Israele ha colpito.
E con precisione, potenza e determinazione.
Nella notte tra il 13 e il 14 giugno scorsi, l’Aeronautica Militare ha sferrato la più imponente offensiva aerea della sua storia contro obiettivi iraniani, distruggendo centinaia di installazioni strategiche e inviando un messaggio chiaro: non verrà tollerato alcun avanzamento nucleare da parte di Teheran.
Il cuore dell’operazione è stato l’attacco al sito di Isfahan, centro nevralgico dell’arricchimento dell’uranio, neutralizzato senza colpire – per ora – il bunker di Fordow.

L’attacco di Israele sulla città di Isfahan
La tecnologia militare israeliana ha dimostrato di essere tra le più avanzate al mondo, capace di penetrare i sistemi difensivi iraniani e infliggere danni gravissimi alle infrastrutture militari nemiche, con un impiego calibrato della forza, volto a colpire la minaccia senza danneggiare inutilmente la popolazione.
È l’immagine di un Esercito moderno, disciplinato e strategico.
La reazione iraniana, al contrario, ha confermato ciò che molti analisti europei temono da tempo: Teheran è una minaccia diretta all’equilibrio globale.
La risposta immediata dell’Iran – lanci di decine di missili balistici su Israele, con vittime civili – è l’ennesima prova di come il regime degli ayatollah sia pronto a destabilizzare l’intero Medio Oriente pur di mantenere il controllo del proprio programma nucleare e della rete di milizie armate sparse in Libano, Siria, Iraq e Yemen.

Colpita la sede dell’IRGC a Teheran
Non solo: la rottura diplomatica con gli Stati Uniti e la radicalizzazione del linguaggio ufficiale dimostrano che l’Iran non cerca dialogo, ma potenza.
E quando un Paese che rifiuta ogni forma di compromesso punta all’arma nucleare, il pericolo travalica i confini regionali. Il rischio non è solo per Israele, ma per l’Europa intera.
Un Iran nucleare significherebbe una minaccia permanente sul fianco Sud-Est dell’Europa, capace di colpire tramite proxy o direttamente, di ricattare economicamente attraverso lo Stretto di Hormuz, e di influenzare instabilità nei Balcani, nel Mediterraneo, nel Sahel.
Le milizie addestrate e finanziate da Teheran non sono un problema confinato a Gaza o al Libano: sono cellule ideologicamente motivate e pronte a espandere il conflitto.
Israele, oggi, ha agito come scudo avanzato non solo della propria sicurezza nazionale, ma di una visione occidentale dell’ordine internazionale fondata su stabilità, dissuasione e prevenzione. La sua azione non è stata solo legittima, ma necessaria.
Se l’Europa vuole preservare il proprio spazio di libertà e sicurezza, non può permettersi ambiguità.
Il regime iraniano rappresenta una minaccia sistemica, militare, nucleare e ideologica.
Israele ha mostrato di avere il coraggio, la tecnologia e l’intelligence per agire.
Ora spetta alle capitali europee smettere di guardare con neutralità e comprendere che il fronte difensivo inizia ben prima delle Alpi.
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