Il giorno nero dell’America: la psicologia delle folle da Gustave Le Bon alla sociologia dei comportamenti collettivi

Di Sara Palermo*

Washington. Sei gennaio 2021. La folla ha violato l’”inviolabile” sede del Congresso Americano, il Sancta Sanctorum della democrazia occidentale.

Manifestanti filo trumpiani entro nel Parlamento statunitense

Panico, sgomento, incredulità. L’assalto dei cittadini americani al Campidoglio ha un solo precedente. Correva l’anno 1814, Presidente era John Tyler.

Attacco al Parlamento Usa del 1814

Ci si interroga su come sia potuto accadere, come la miccia sia stata accesa, come i sostenitori di Trump siano arrivati a tanto.

Nulla di più semplice se si conoscono i principi di base del funzionamento delle folle.

COME SI MUOVONO LE FOLLE

Il primo contributo allo studio di questo fenomeno risale a Gustave Le Bon, autore di Psicologia delle Folle del 1895.

Gustave Le Bon, autore di Psicologia delle Folle del 1895

Secondo Le Bon, i governanti hanno a che fare “con una potenza nuova, la più recente sovrana dell’età moderna: la potenza della folla. E nella folla le attitudini coscienti, razionali e intellettuali sei singoli individui si annullano, e predominano i caratteri inconsci”.

Le Bon riteneva che in una moltitudine scomparissero le caratteristiche che rendono l’individuo in grado di autodeterminarsi, lasciando spazio ad un patrimonio inconscio che fonde l’eterogeneo (il singolo cittadino) nell’ omogeneo (folla).

La “mente di gruppo” prende il sopravvento, una mente emotiva, irrazionale, irresponsabile, impulsiva, che si focalizza sull’ottenimento della soddisfazione immediata.

Le cause di tale fenomeno risiederebbero in di tre meccanismi fondamentali:

  1. Le folle emergono attraverso l’esistenza dell’anonimato ed il senso di invincibilità (che finisce con il coincidere con il declino della responsabilità personale)
  2. Le folle si formano attraverso il fenomeno della suggestionabilità
  3. Le folle emergono dal contagio di emozioni e idee che si trasmettono rapidamente da un individuo all’altro.

Le folle ricercano un capo, un trascinatore. Le folle hanno bisogno di essere guidate.

Le Bon suggerisce che per manovrare una folla bisogna appartenere ad essa, perché solo in questo modo se ne conoscono bisogni, debolezze ed aspetti psicologici; bisogna usare “sapientemente” le parole, ossia: l’affermazione (semplice e coincisa, quasi uno slogan, in grado di essere facilmente memorizzata); la ripetizione (l’affermazione ripetuta diventa verità e penetra nell’inconscio); il contagio (la cristallizzazione delle emozioni, credenze e opinioni che si propagano per imitazione).

Nel 1908 William McDougall pubblica Social Psychology.

Secondo l’autore i due fenomeni centrali del comportamento delle masse sono l’intensificazione dell’emozione e l’abbassamento del livello intellettuale del gruppo.

Ovvero, all’aumentare del numero di persone per cui è possibile osservare simultaneamente una stessa emozione aumenta il “contagio emotivo”, conseguentemente l’emozione collettiva si intensifica a causa dell’interazione reciproca. questo accadimento, associata al non essere preparati ad opporsi all’autorità della folla, inibisce i processi razionali e determina una diminuzione del livello intellettivo globale della folla.

Un manifestante armato al Congresso USA

È a cavallo di queste due interpretazioni del fenomeno che si innesta il pensiero di Sigmund Freud, che nel suo celebre trattato Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) afferma: “Il fatto più notevole che si può osservare in una folla psicologica è questo: quali che siano gli individui che la compongono, per quanto il loro tipo di vita, le loro occupazioni, il loro carattere o la loro intelligenza possano essere simili o dissimili, il solo fatto di essersi trasformati in una folla fornisce loro una sorta di anima collettiva”.

Sigmund Freud autore di “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”

Se Le Bon e McDougall avevano colto nel potere della suggestione il legante fra individui, Freud considera i legami emotivi l’essenza stessa di questa “anima collettiva”.

Attraverso l’appartenenza alla folla, gli impulsi di base, che sono normalmente confinati nelle profondità interiori della personalità, possono risalire in superficie e prendere il sopravvento.

Nel 1924, Allport propone una spiegazione alternativa del comportamento della folla descrivendo quello che viene definito principio della “facilitazione sociale”, ossia la tendenza degli individui a comportarsi in modo diverso quando sono in presenza di altri.

In base a questa teoria uno stimolo comune predisporrebbe due individui alla medesima risposta, vedere uno dei due realizzarla aumenterebbe la probabilità che anche l’altro soggetto si attenga allo stesso comportamento.

Allport sostiene inoltre che l’origine dei comportamenti violenti della folla non vada ricercata in una aggressività o gregarietà originarie, rifiutando ogni costruzione di un’anima collettiva distinta da quella dei singoli membri della folla.

Anche il sociologo Ralf Turner sostiene che le persone non perdono la capacità di pensare razionalmente.

Secondo la sua teoria delle norme emergenti (1954) nell’ interazione sociale viene definita una situazione, emergono le norme per il comportamento sanzionatorio e le linee d’azione sono giustificate e concordate.

Nelle folle di protesta o violente, le norme possono essere confuse e instabili, facilitando l’emergere di nuove norme condivise, che possono essere in contrasto con il normale comportamento sociale.

E come quando durante un corteo qualcuno vandalizza i cassonetti dei rifiuti ed altri si uniscono e danno fuoco alle automobili parcheggiate, oppure qualcuno vandalizza la vetrina di un negozio ed altri si uniscono, la distruggono e saccheggiano la merce.

Nel 1964, Neil Smelser sostiene invece che il comportamento collettivo è in realtà una sorta di valvola di rilascio per la tensione accumulata all’interno del sistema sociale, della comunità o del gruppo.

Neil Smelser

Negli anni ’70 viene formulata la teoria dell’identità sociale che considera l’identità del singolo a partire dall’appartenenza o non appartenenza a vari gruppi sociali.

L’appartenenza crea una serie di standard di comportamento a partire da valori dichiarati, dalle azioni di coloro che sono in mezzo alla folla o da quelle di chi occupa il ruolo di leader. Per alcuni gruppi la violenza è legittima, per altri è inaccettabile.

Qualsiasi approccio sviluppatosi nel corso del tempo non è certamente in grado di comprendere appieno il complesso fenomeno della psicologia delle folle.

La difficoltà risiede nel prendere in considerazione tutti i cofattori che caratterizzano una folla e che sono congiuntamente responsabili del suo comportamento: anonimato, bisogni manifesti, impulsi inconsci, emotività, suggestionabilità, imitazione, standard e norme interne.

La psicologia sociale ha sempre più approfondito gli effetti dei processi sociali e cognitivi sul modo in cui gli individui percepiscono gli altri, li influenzano e si pongono in relazione con loro.

La psicologia dei gruppi ha sempre più indagato la dinamica intra- ed inter-gruppale, tra cui lo sviluppo, la struttura ed i processi elementari, l’influenza sociale, le dinamiche produttive e decisionali, il conflitto e la cooperazione tra gruppi.

La sociologia dei gruppi e delle reti sociali ha apportato un ulteriore contributo, indagando dapprima il ruolo della dimensione emotiva nei processi di costruzione e decostruzione delle reti sociali, l’influenza sociale ed il conformismo, e successivamente, la società in quanto rete di relazioni, più o meno estese e strutturate.

Il presupposto fondante è che ogni individuo si relaziona con gli altri e che questa interazione plasma e modifica il comportamento di tutti gli attori in campo.

Lo scopo principale dell’analisi di rete è quello di individuare e analizzare tali legami (ties) tra gli individui (nodes). I sociologi hanno inoltre definito il concetto di “comportamento collettivo” per includere sommossa, panico e mania, voci, pubblico, movimenti pubblici e di massa (sociali), oltre che di folla.

Indipendentemente dalla lente di ingrandimento utilizzata per analizzare il fenomeno, il comportamento della folla risulta sempre avere una determinante emotiva. Le emozioni accomunano gli esseri umani.

È tramite le emozioni che le folle si formano, si consolidano, interagiscono e agiscono.

La coloritura emotiva della folla è convogliata e accentuata dalle suggestioni dei leader, dall’uso consapevole della parola, dal conferimento di simboli, dalla gestualità concitata, da una crisi pilotata.

Le emozioni prevalgono ed il ragionamento critico è sospeso. In questo modo la folla è facilmente guidata.

Le opere di Gustave Le Bon – e dei sociologi ottocenteschi – evidenziavano e proponevano le tecniche adatte per guidare e controllare le folle, per questo motivo furono lette e studiate dai più grandi dittatori del Novecento fondarono autorità e potere sulla capacità di controllare e manipolare le folle.

Lenin, Stalin e Hitler furono fervidi ammiratori dell’opera di Gustave Le Bon e ne studiarono meticolosamente l’opera.

Mussolini nel 1926 affermò: “Ho letto tutta l’opera di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua Psicologia delle folle. È un’opera capitale alla quale spesso ritorno”.

“Non concederemo la vittoria, non ci arrenderemo mai”, tuonava Donald Trump da settimane.

Il Presidente USA uscente, Donald Trump

Una trama sottile tessuta un poco alla volta, un gioco di suggestione e manipolazione pericolosamente sfuggito di mano.

Altrimenti detto, la folla è ciò che può rendere i governanti estremamente potenti e, al contempo, le democrazie estremamente vulnerabili.

*M.Sc. in Clinical Psychology and Ph.D. in Experimental Neuroscience
PostDoctoral Research Fellow
Assistant Specialty Chief Editor for Frontiers in Psychology – Neuropsychology
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