Intelligence e letteratura: i “traditori tipo”. I protagonisti preferiti dei romanzi di John le Carré

Di Marco Santarelli*

Roma. Segreti militari, economici, scientifici e strategici. Questi i principali argomenti per cui uomini e donne di tutto il mondo ogni giorno rischiano vita, reputazione e relazioni.

In questo ingranaggio c’è sempre qualcuno che veste una casacca di uno Stato e, in contemporanea, ne veste anche unaltra per arricchire di più informazioni gli altri Paesi. Parliamo dei cosiddetti traditori tipo”.

Queste sono le storie che amava raccontare John le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell, che se n’è andato più di una settimana fa.

ohn le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell,

Un vero agente segreto per il Secret Intelligence Service (UK), poi diventato autore di romanzi di spionaggio [https://www.google.it/amp/s/www.ansa.it/amp/sito/notizie/cultura/libri/2020/12/13/morto-john-le-carre-maestro-dei-romanzi-di-spionaggio-_2becb4e4-aaab-465f-aa61-1adf48b5511c.html].

Quali analogie ci sono tra i suoi racconti e la storia? Una di questa è targata febbraio 1672.

Lallora ministro degli Esteri francese Simon Arnauld de Pomponne accettò la proposta del barone von Boineburg, a quel tempo diplomatico tedesco, di assumere un consulente”. 

Simon Arnauld de Pomponne, ministro degli Esteri francese

Steven Nadler lo definisce un uomo di scarse attrattive fisiche e sociali”. Costui era Gottfried Wilhelm von Leibniz [https://www.treccani.it/enciclopedia/gottfried-wilhelm-von-leibniz/] e la proposta mirava, agli occhi dei tedeschi – Leibniz arrivava da Magonza – a mitigare lespansione della Francia in Europa, soprattutto dopo la conquista dellOlanda, mentre agli occhi dei francesi appariva come un’opportunità di risonanza e prestigio del loro potere già immenso.

Gottfried Wilhelm von Leibniz

Leibniz, in altri termini, si sarebbe dovuto recare in Francia con un ruolo da diplomatico per dimostrare lunione e la dipendenza della Germania alla Francia, ma era in realtà una spia che sperava di iniziare la propria carriera in quello che oggi definiremmo controspionaggio”.

Un informatore che entra nelle viscere del nemico” per rallentarne la gloria e carpirne i segreti.

Il ruolo di Leibniz incuriosisce proprio perché, oltre ad essere una spia”, era un matematico e soprattutto filosofo e cercava continuamente contributi per ampliare la sua opera, interessato e affascinato da ciò che accadeva in Francia.

Quindi anche facilmente ricattabile e potenziale doppiogiochista. Il piano a lui assegnato era quello di convincere il Re di Francia, un certo Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole o Luigi il Grande, a conquistare lEgitto, giudicato un crocevia di interessi ultra nazionali e, soprattutto, una vetrina che avrebbe potuto conferire a Parigi enorme prestigio.

Il Re Sole

In quegli anni, infatti, la capitale francese viveva una doppia realtà: da una parte era espressione di intellettuali e crogiolo di menti brillanti, dall’altra si presentava deturpata da sporcizia e delinquenza.

I tedeschi volevano giocare a colpire il lato più vulnerabile e Leibniz rappresentava la persona perfetta per portare avanti il piano. Normale”, all’apparenza poco brillante, il perfetto uomo di basso profilo che una potente figura di Governo come de Pomponne non avrebbe mai pensato poter avere secondi fini.

Con Leibniz si consolida insomma lo 007 Informale”. Poco o molto elegante, non direttamente riconducibile al potere, uomo pacifico, ma ambiguo.

Insomma, luomo adatto al profilo di quella branca dellIntelligence che oggi chiamiamo HUMINT.

Ovvero colui che, dentro o fuori i servizi segreti, tesse la fitta rete di relazioni e condivisioni di informazioni che ha il suo presupposto nell’instaurazione di una connessione di fiducia con i nemici. 

Fuori dal controllo della novella spia e dei suoi mandatari, però, c’era un fatto accaduto qualche anno prima, esattamente nel marzo 1667, che Leibniz non aveva ignorato.

In quell’anno, era stato nominato Luogotenente Generale di Polizia, Gabriel Nicolas de La Reynie

Gabriel Nicolas de La Reynie, Luogotenente Generale di Polizia

Oramai Parigi, con il Luogotenente, non era più quella immaginata dai tedeschi. Da buia e tetra, era divenuta la metropoli con la nomea di “Ville lumiere”, che ancora oggi la caratterizza.

Una sorta di sperimentazione avanguardista, che consistette nellattivazione di lanterne notturne che miravano a garantire la sicurezza dei cittadini e precise e efficaci politiche per reprimere i reati, diminuire la povertà e controllare il commercio.

La gestione dell’illuminazione notturna serviva anche al mantenimento dell’igiene urbana, alla gestione della giustizia e, udite udite, alla sorveglianza della stampa.

Leibniz rimase affascinato anche da questo e restò a Parigi per qualche tempo, ma non fu mai ricevuto nè dal Re nè dai suoi collaboratori più stretti.

Con Gabriel Nicolas de La Reynie nacque la polizia moderna, ma anche il controllo del vicinato”, ovvero una sorta di rete di informatori organizzata che, a loro volta, riferivano ai collaboratori del luogotenente.

Forse, proprio uno di questi, tra un bicchiere ed un altro, aveva fatto parlare Leibniz, motivo per il quale non venne mai ricevuto dal Re o motivo per cui assoldarlo per farsi raccontare i segreti della Germania e farlo diventare una talpa”.

Quella stessa talpa presente nel romanzo La Talpa” di Le Carré divenuto anche un film. Seppur in epoca storica diversa, lanalogia sta proprio nella capacità di alcune spie di vendersi senza nessuna remora.

Questo romanzo racconta dei Cinque di Cambridge [https://www.babilonmagazine.it/spy-story-cinque-di-cambridge/].

Ovvero cinque agenti segreti britannici che, a partire dagli anni Trenta, al pari di Leibniz, cominciarono a trasmettere importanti informazioni dei servizi segreti britannici al KGB.

Si trattava di: Kim Philby (nome in codice Stanley), Guy Burgess (nome in codice Hicks), Donald Duart Maclean (nome in codice Homer), Anthony Blunt (nome in codice Johnson) e John Cairncross (nome in codice Liszt) [http://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/Rivista20.nsf/servnavig/28].

Leibniz stesso assomiglia al protagonista che poi nella realtà è Kim Philby, il cui vero nome era Harold Adrian Russell Philby. 

Kim Philby, vero nome era Harold Adrian Russell Philby

Si era immerso in Francia con profonda abilità, ma si era trasformato a sua volta da controllore a controllato.

Questo accade semplicemente per soldi o per scopi più alti, e nel caso di Leibniz per scopi di crescita filosofica e scientifica.

Infatti, sembra banale, ma Leibniz pensò ad una calcolatrice meccanica a scatti (Stepped Reckoner), che realizzava quattro operazioni aritmetiche (addizionesottrazionemoltiplicazione e divisione), ispirata alle idee di Blaise Pascal che solo la Francia poteva svilupparla.

Come in un gioco di controspionaggio, se da una parte qualcuno lo aveva fatto parlare e aveva protetto lo Stato inserendolo nel tessuto dei salotti della Francia bene, dallaltra cera stata la possibilità che lo stesso Leibniz si fosse venduto per non compiere la sua missione e raccontare invece la storia che lo aveva portato lì e assorbire ideali scientifici del tempo.

Un triplo gioco. Insomma, quello che ebbe poi contezza nella Guerra Fredda. 

Nel frattempo, fece la conoscenza di Christian Huygens, di cui divenne amico intimo. E sapete chi era Huygens? Direttore dellAcadémie des Sciences, voluta fortemente da Luigi XIV, da cui raccoglieva informazioni strategiche. In quellanno partecipò alla realizzazione dell’osservatorio di Parigi inaugurato nel 1672, sempre voluto dal Re.

Lo stesso che non lo aveva voluto ricevere, o che forse lui non aveva mai cercato proprio per passare dalla parte dei francesi, tradendo i tedeschi. A ricordarci questa storia e il suo parallelismo con le storie di Le Carré anche la recente morte di George Blake

[https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/26/news/muore_a_98_anni_george_blake_lo_007_britannico_che_faceva_la_spia_per_mosca-279934045/amp/].

Spia nata inglese e morta in Russia più o meno con la stessa storia…

*Network Analysis, Intelligence and Defence; Intelligence of things and Semiotics; Chairman of Research and Professor Poliarte 

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