Polizia di Stato: a Genova, operazione antiterrorismo

GENOVA. Oggi, la Polizia di Stato con personale della Digos della Questura di Genova, unitamente a personale del Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo internazionale della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, a seguito di una articolata indagine condotta nell’arco di diversi mesi, ha dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di un cittadino nato nel Bangladesh, ma residente a Genova.

L’indagato è accusato di avere pubblicamente istigato attraverso la rete internet e i social network Facebook ed Instagram (e quindi mediante strumenti
informatici e telematici), a commettere delitti (anche di terrorismo), nonché di aver fatto apologia di alcuni atti di terrorismo, di aver partecipato a un’organizzazione terroristica aderente a AL QAEDA, denominata “Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP)”, inserita nell’elenco ONU di individui, gruppi, imprese e entità inclusi nell’elenco delle sanzioni contro l’ISIL (Da’esh) e Al-Qaeda, il cui obiettivo dichiarato è il rovesciamento del governo eletto del Pakistan per fondare un emirato basato sulla sua interpretazione della legge islamica, attaccando direttamente l’Esercito pakistano e assassinando esponenti politici.

In particolare, ritenuto presunto partecipe della associazione terroristica Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP), l’indagato si definiva sui propri accounts facebook “Guerriero/Soldato di Dio” e “Amante di Al-Qaeda”.

La Polizia di Stato di Genova durante l’operazione

Inoltre, si attivava per acquistare la bandiera dell’organizzazione terroristica di appartenenza, divulgava attraverso la rete internet, i social network Facebook e Instagram, oltre che attraverso piattaforme di messaggistica istantanea quali WhatsApp e Telegram azioni violente riconducibili ai menzionati gruppi terroristici, aderiva al gruppo informale denominato “il Gruppo dei 20” (a sua volta promanante dal gruppo Facebook “20 mila discepoli”), composto da venti soggetti accomunati dal sentimento di affermazione assolutista, anche con metodi violenti, dell’Islam (con cui condivideva video di natura istigatoria e apologetica), inizialmente creato per “fare Jihad contro gli Indù”.

L’indagato compiva anche attività di auto-addestramento finalizzata al compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali,
acquisendo in autonomia istruzioni sull’uso di armi da fuoco (in particolare sul fucile mitragliatore denominato “AK – 47”) e sulle tecniche militari di combattimento, manifestava in rete la sua disponibilità al combattimento e al martirio (mediante il compimento di attentati suicidi) creando e
pubblicando un video nel quale si riprendeva mentre effettuava esercizi ginnici (anche di natura militare, quali l’avanzamento a braccia appeso a una rastrelliera) con in sottofondo l’audio della canzone Soldiers of Allah in lingua araba, creava e pubblicava un video in cui si riprende mentre ripete le parole di un canto apologetico del martirio in nome dell’Islam.

Parte del materiale sequestrato dalla Polizia di Genova

Quale presunto istigatore, l’indagato attraverso la rete internet e i social network Facebook e Instagram, nel gennaio 2022 pubblicava un post inneggiante al “giusto sacrificio” per la causa jihadista dove cita testualmente una frase del martire “Syed Qutub”, nel maggio del 2022 pubblicava e commentava la foto di un disegno del proprio fratello undicenne raffigurante la moschea di Gerusalemme, un fucile d’assalto AK-47 e la scritta “7 sky” e nello stesso periodo pubblicava un post nel quale celebrava i combattenti islamici morti da “martiri” (una foto del comandante mujahidin ceceno Ibn Al Khattab che bacia un bambino). Nel commento scriveva “i loro sacrifici per Dio”.

Nel luglio dello stesso anno pubblicava un video contenente riferimenti espliciti al leader del gruppo terroristico AQAP e commentava un video (scrivendo: “prendi le pietre”), intitolato “puniti dopo l’istituzione del califfato”, pubblicato da uno dei componenti del “Gruppo dei 20”, in cui si vedono uomini incappucciati vestiti di nero che spingono nel vuoto da tetti di palazzi altri uomini legati nonché lapidazioni e decapitazioni.

Inoltre, nello stesso arco di tempo, l’uomo commentava un video (scrivendo: “prendi le pietre”), intitolato “Gift from us to the LGBTQ”, pubblicato da uno dei componenti del “Gruppo dei 20”, in cui viene mostrata una lapidazione.

Nel mese di agosto del 2022, l’indagato postava un video raffigurante una donna adultera che viene violentemente frustata, un video in cui inneggiava ai gruppi
terroristici “TTP” ed AlQaeda e uno raffigurante bambini con relativo audio intitolato “Soldati di Allah” in cui si incita alla lotta.

Nel settembre dello stesso anno, pubblicava un post, da lui stesso creato, che lo ritrae mentre osservava una ricostruzione dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York (ricevendo quarantacinque “like”).

Un momento dell’operazione

All’inizio di quest’anno, l’uomo pubblicava un post in cui incita i mussulmani a combattere con le armi contro gli indù e inseriva un “like” al post pubblicato
da uno dei componenti del “Gruppo dei 20” in cui viene celebrato l’attentato compiuto il 27 gennaio 2023 a Gerusalemme e costato la vita a sette persone.

Nel febbraio 2023, pubblicava un post in cui incita all’uso di violenza nei confronti della comunità LGBTQ.

Nell’aprile di questo stesso anno, pubblicava una immagine da lui stesso creata di quattro bambini con gli occhi puntati di rosso che impugnano armi inserendo la frase “il giorno dell’ElD i bambini musulmani della Palestina sono così”.

Nel mese di luglio 2023 condivideva un video pubblicato da altra persona raffigurante la simulazione del crollo della Torre Eiffel con la scritta “la polvere non si poserà mai”, frase attribuita al terrorista Anwar Al Awlaki.

Infine, nei mesi scorsi, pubblicava un video, da lui stesso creato, nel quale ripete un canto apologetico del martirio in nome dell’Islam.

In date che non è stato possibile rendere precise, l’uomo postava commenti positivi su di un video, pubblicato da uno dei componenti del “Gruppo dei 20”, in cui si vedono alcuni bambini che lanciano pietre contro una ragazza araba che non indossa il velo dicendole “ti macelleremo”, pubblicava nelle “storie temporanee” immagini di combattenti jihadisti con armi e bandiere nere con in sottofondo un audio di una preghiera per dare coraggio ai mujahidin durante la battaglia e pubblicava, nelle storie legate al profilo Instagram, un video di un combattente che inneggia al jihad appoggiato ad un cannone mentre l’audio di sottofondo fa riferimento alla lotta armata.

L’indagine dei poliziotti della Digos di Genova assieme agli investigatori del Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo internazionale della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha consentito allo stato di accertare che l’indagato e i suoi contatti fanno parte di un network intercontinentale asservito alle logiche di Al-Qaeda, avente quale obiettivo la propaganda della riscossa violenta in nome di un salafismo jihadista intollerante.

Gli indizi a carico dell’indagato sono stati raccolti grazie a un’attività di intercettazione telefonica e telematica, di monitoraggio dei profili social dell’indagato, unitamente a una ricerca su fonti aperte.

La Polizia di Stato di Genova in azione

Nello svolgimento dell’indagine e nella formulazione della richiesta di applicazione di misure cautelari si è tenuto conto che la libertà di pensiero, il diritto di cronaca e quello di critica non sono assoluti, ma che questi trovano limiti nella necessità di proteggere altri beni costituzionalmente tutelati e nell’esigenza di prevenire o far cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui salvaguardia costituisce finalità immanente al sistema (Cassazione Sez. l, Sentenza n. 350
del 10/12/1990).

Le determinazioni assunte dalla Procura della Repubblica di Genova hanno tenuto conto delle concrete modalità di diffusione e divulgazione dei contenuti degli scritti del quindicinale, rispetto a una recente sentenza della Corte di Cassazione “essendo evidente che la pericolosità in concreto si misura su una obiettiva relazione fattuale tra contenuto apologetico/istigatorio e numero, nonché predisposizione, dei soggetti raggiunti da quel particolare contenuto”.

La Polizia Giudiziaria ha inoltre proceduto a perquisizioni, con la collaborazione della DIGOS di Mantova.

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