SPECIALE. Libano: nel marzo di 80 anni fa la lunga marcia verso l’indipendenza. La storia dei rapporti politici interni ed esterni

BEIRUT (dal nostro inviato). Nel marzo di 80 anni fa il Libano si avviava, a lenti passi, verso una lunga, sempre ricercata libertà. Staccandosi, lentamente, dalla politica di predominio francese.

Era il 18 marzo 1943 quando il Generale francese Georges Albert Julien Catroux che aveva fatto la Resistenza con il Generale Charles De Gaulle. il quale poi lo aveva nominato delegato per il Fronte di liberazione ai rapporti con il Levante nel 1941, prima di lasciare Beirut, a fine missione, ristabilì il regime costituzionale del Libano.

Il Generale francese Georges Albert Julien Catroux

La riforma entro 3 mesi avrebbe dovuto portare il Paese dei Cedri a nuove elezioni per la Camera dei Deputati e per la Presidenza della Repubblica.

Con un decreto, firmato dallo stesso Generale, il 19 marzo venne istituita una nuova Autorità popolare per la gestione delle attività che avrebbero portato alle consultazioni.

Essa doveva lavorare fino alla nuova formazione del Parlamento e all’elezione del capo dello Stato.

Era un’unica istituzione che raggruppava entrambe le cariche, nella persona di Ayoub Tabet.

Ayoub Tabet

Tabet era un panarabista, antiturco, di tendenze unioniste e francofilo.

Alla fine di agosto-inizi di settembre 1943 furono celebrate le elezioni politiche per la Camera dei Deputati.

Nella seconda metà dello stesso mese di settembre si tennero le Presidenziali.

Vinsero gli anti francesi. Era il 21 settembre 1943.

La guida del Paese fu affidata al cristiano maronita Bechara el-Khoury e quella del Governo al sunnita Riad el-Solh.

Il Presidente della Repubblica, il cristiano maronita Bechara el-Khoury

Entrambi, erano considerati dalla popolazione libanese, due eroi dell’indipendenza.

Il capo del Governo, il sunnita Riad el-Solh.

 

IL RUOLO POLITICO DI MARONITI E SUNNITI

Maroniti e sunniti avevano, dunque, ognuno un loro uomo importante al comando del Paese.

Due anni prima, il patriarca Antoun Boutros Arida aveva auspicato “un’indipendenza effettiva, corrispondente alle aspirazioni del popolo”.

Il patriarca cristiano maronita Antoun Boutros Arida

Anche i maroniti si volevano staccare dalla Francia seppure la considerassero “una dolce madre” per puntare anche loro ad un Libano indipendente.

La distribuzione dei poteri tra maroniti e sunniti è considerata anche il prologo di “quel patto nazionale – scrive A. Roberta la Fortezza nel suo libro Cedri e Ulivi nel Giardino del Mediterraneo. Storia delle Relazioni diplomariche italo-libanesi tra il 1943 e il 1968Rubettino editore – tacitamente concordato nel 1943 tra tutte le forze libanesi”.

Ad analizzare i discorsi di entrambi appaiono chiari tre elementi chiave:

1) Un Libano riconosciuto come Stato indipendente e sovrano.

2) Un Libano Patria di tutti i libanesi, senza distinzione di comunità, di credenze o di religioni.

3) Un Libano come Stato arabo, membro della grande famiglia araba.

Uno Stato sovrano e indipendente, dunque, ma dove fossero ritenuti importanti sia l’arabismo che la cooperazione interaraba.

Ed ancora fu considerato importante lo Statuto delle Comunità, con i cittadini riconosciuti uguali nella ripartizione delle cariche pubbliche. Insomma, un’indipendenza reale ed effettiva che rispettasse il tradizionale confessionalismo.

Fermo restando questi principi verrà instaurata una prassi che vedrà i cristiani maroniti alla guida del Paese come Presidentti della Repubblica e con i sunniti come capi del Governo.

Ad uno sciita sarà, inoltre, attribuita in via consuetudinaria la presidenza della Camera.

“Questo patto – spiega ancora La Fortezza – sarà però anche la causa della rinascita di vecchi demoni: il rinoscimento, attuato dal patto, della preminenza maronita e sunnita che rifletteva indubbiamente quel nuovo rapporto tra le forze sociali che si era ormai da anni palesato”.

La crisi demografica che colpiva di più i cristiano maroniti (poche nascite e molte emigrazioni) iniziò ad incidere nel tessuto sociale, cambiando un po’ le carte in tavola.

Ed anche oggi il problema sembra ancora sussistere, con i maroniti che, secodno qualche dato statistico, sarebbero in minoranza rispetto ai sunniti.

L’ultimo censimento in Libano risale al 1932 e un altro non è stato mai fatto. Per questo che nuovi dati potrbbero spostare l’asse politico da una parte all’altra con gravi ripercussioi sul già difficilissimo equilibrio che è stato creato.

E quindi, basandosi su questi elementi, viene riconosciuto a quel patto politico quasi una “sacralità”.

Questo patto nazionale, dunque, disegnò il Paese dei Cedri in una visione interna e in una visione esterna.

La visione interna considera il Libano uno Stato confessionale. Mentre la seconda, grazie ad un accordo tacito tra le parti, porterà al ricoscimento ufficiale della sua arabità.

I cristiani così avrebbero accettato che le grandi potenze, come la Francia, si sarebbero tenute fuori dalla politica e in cambio i musulmani avrebbero detto si alla nascita del Grande Libano, rinunciando di annettere il Paese all’antico amico siriano o ad un’altra qualsiasi entità araba.

Nessuna subordinazione o legame con una Federazione araba ha fatto sì che il Libano restasse sempre indipendente.

Ottanta anni fa il divenne crocevia del dialogo tra cristiani e musulmani. Un ponte tra Oriente e Occidente.

Tutto il 1943 trascorse fino ad arrivare ad ottobre. In questo mese la situazione politica cambiò.

Il capo del Governo Riad el-Solh annunciò la volontà di fare una riforma costituzionale. Una necessità politica per far sì che il Paese potesse divenire, realmente, indipendente e libero da ingerenze esterne.

Il 26 ottobre  l’Alto Commissario Helleu ricevette una lettera scritta dal capo del Governo di Beirut nella quale si chiedeva appunto di ristabilire la Costituzione e che la presenza francese potesse sì restare ma come rappresentanza diplomatica. Inoltre, Siria e Libano (definiti Stati del Levante) dovevano avere nelle proprie mani tutti i servizi di interesse comune (su questo tema ci torneremo più avanti).

E mentre Helleu era ad Algeri per consultazioni con il Generale De Gaulle, il Generale Catroux e l’ambasciatore René Massigli i libanesi non persero tempo e modificarono la Costituzione.

Il Generale Charles De Gaulle

Il 5 novembre i francesi fecero conoscere ai libanesi le loro risposte.

“La posizione francese – scrive ancora La Fortezza –  poteva riassumersi nell’impossibilità di rimettere ai due Stati i poteri esercitati dalla Francia finchè un accordo non fosse intervenuto tra gli Stati del Levante e la Francia stessa con l’obiettivo di fissare in maniera generale e definitiva i rapporti franco-siriani e franco-libanesi”.

I libanesi non si persero d’animo. Anzi reagirono subito. L’8 novembre la Camera dei Deputati, all’unanimità, emendò la Costituzione, eliminando e modificando gli articoli che facevano riferimento al mandato francese (5 modifiche e altrettante abrogazioni).

Ma anche Helleu non si fermò. Anzi, il 10 novembre con un decreto, reso pubblico il giorno successivo, rese nulle le modifiche costituzionali e nominò, con un altro decreto, un nuovo capo dello Stato, Emile Eddé, a cui affidò anche il Governo.

Il nuovo capo dello Stato, Emile Eddé, scelto dai francesi

Eddé era maronita ma molto vicino ai francesi ai quali riconosceva il fatto che la loro presenza fosse fondamentale per tutelare il Libano da ingerenze arabe.

GLI ARRESTI OPERATI DAI FRANCESI

Nella notte tra  il 10 e l’11 novembre 1943 furono arrestati il Presidente della Repubblica eletto el-Khoury, il primo ministro el-Solh, i rappresentanti del suo Gabinetto ministeriale e il presidente della Camera.

I cittadini libanesi protestarono e Helleu fu messo in crisi.

Proteste arrivarono anche dalla Gran Bretagna e da tutti i Paesi arabi. Tutti chiedevano una rapida scarcerazione degli uomini politici.

De Gaulle capì subito che l’unica soluzione era di rimettere a posto la situazione. Fu richiamato a gran voce il Generale Catroux. Il quale corse a Beirut, liberò gli arrestati e ristabilì la Costituzione.

Era il 22 novembre 1943 e il Libano faceva un altro passo in avanti verso l’indipendenza.

L’Assemblea, il 7 dicembre 1943, promulgò una legge costituzionale che creava la nuova Bandiera nazionale, così come la conosciamo oggi.

Il rosso rappresentava il sangue versato per la libertà, il bianco che campeggia al centro rappresentava la pace ma anche la neve che ricopre le montagne del Paese, quelle stesse montagne dove i libanesi mssero i primi passi per uno Stato indipendente.

Cittadini libanesi nel corso di una manifestazione a Beirut sventolano la Bandiera nazionale

La Bandiera è composta da tre bande orizzontali: quella centrale bianca e due laterali rosse. La banda bianca ha un’altezza doppia rispetto a quelle rosse (proporzione 1:2:1).

Il cedro del Libano è di colore verde e si trova al centro. Esso  tocca entrambe le strisce rosse e la sua larghezza è pari ad un terzo della larghezza della Bandiera stessa.

Simboleggia l’immortalità e la fermezza. Questo albero è citato molte volte nella Bibbia: “Il giusto germoglia come la palma, s’innalza come il cedro del Libano”.

Un’altra questione da risolvere con i francesi era quella dei servizi comuni quali Dogane, Poste, esplosivi, sicureza generale, controllo delle società concessionarie, sequestro dei beni nemici, protezione industriale, commerciale, intellettuale e artistica.

Non dimenticando le Truppe speciali, ovvero quei cittadini siriani e libanesi che erano stati arruolati in questi Reparti dipendenti dalla Francia.

Un Protocollo del 22 dicembre 1943 (entrato il vigore il 1° gennaio 1944) risolse la questione.

Fu sempre il Generale Catroux che a nome della Francia libera rimise al Governo libanese e a quello siriano tutti i servizi di interesse comune, esclusa però la gestione delle Truppe speciali.

Libano e Siria avevano bisogno di questi uomini per creare propri i Eserciti indipendenti, già equipaggiati e con un glorioso passato militare. Occorrerà aspettare il 1945 per vedere risolta la questione.

Il trasferimento avvenne in tre tappe. Caserme e altre installazioni militari passarono di mano il 20 luglio 1945. In Libano arrivarono 5 mila soldati il 25 luglio dello stesso anno,

Formalmente però sarà il 1° agosto 1945 il giorno che i francesi trasferirono a Beirut l’amministrazione delle truppe.

Militari della Lebanese Armed Force (LAF) oggi

In quell’estate i soldati libanesi passarono al comando di ufficiali del loro Paese e non più francesi.

Il 31 dicembre 1945 con gli accordi Spears-Ostrorog gli anglo-francesi si impegnarono a lasciare il Paese dei Cedri.

Il  23 marzo 1946. Il ministro degli Esteri francese Georges Bidaul e quello libanese Hamid Frangié definirono le modalità di evacuazione delle truppe farncesi che stazionavano nel Paese e si chiuse il mandato francese sul Libano.

Il ministro degli Esteri francese Georges Bidaul

I libanesi si misero a disposizione per una gestione ordinata e pacifica della transizione. Il 31 dicembre 1946 il Libano aggiungeva un altro tassello nel mosaico della sua piena, totale indipendenza.

Il 27 dicembre, il Generale Catroux lasciò Beirut. E con lui finiva la lunga permanenza francese.

Quello che avverrà dopo sarà frutto di scelte dei politici locali e di accordi e scontri tra i partiti (non dimenticando il ruolo di Stati Uniti, Israele e vari Paesi europei).

Ma questo è un altro capitolo della Storia di questo meraviglioso Paese che ha visto e vede ancora tanti stretti legami con l’Italia.

Un momento della donazione della Brigata Folgore, in Libano, nei giorni scorsi

In questi giorni che saremo qui, vi racconteremo la quotidianità del Libano e di come il contingente italiano di UNIFIL, oggi a guida Brigata Folgore operi per il rispetto della risoluzione numero 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, presupposto giuridico della missione in Libano e relativo al monitoraggio della cessazione delle ostilità con Israele.

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