ANZIO (ROMA) – dal nostro inviato. Vogliano raccontare la storia dello sbarco di Anzio-Nettuno non solo dal punto di vista prettamente militare (https://www.reportdifesa.it/speciale-anzio-nettuno-22-gennaio-1944-ottantanni-fa-loperazione-shingle-per-liberare-roma-dalloccupazione-nazista/) ma anche con l’ausilio dei preziosi cimeli che sono custoditi nel Museo dello Sbarco di Anzio (Roma).

tutto ebbe inizio il giorno di Natale del 1943 a Cartagine (sobborgo di Tunisi) quando il primo ministro inglese Winston Churchill e il Presidente americano Franklin D. Roosevelt pianficarono i termini dell’Operazione “Shingle” per superare la linea Gustav e alleggerire la pressione sugli Alleati impegnati nei combattimenti di Cassino (Frosinone).

Una decisione che fu poi approvata nel corso della Conferenza di Marrakesh (Marocco) il 7-8 gennaio 1944.
I tedeschi però avevano messo su una difesa diddicile da espugnare. E la 36^ Divisione americana “Texas” ebbe 155 morti, 1.052 feriti e 921 dispersi (forse tutti moerti). I tedeschi tra il 21 e il 23 gennaio ebbero solo 64 morti e 179 feriti.
L’OPERAZIONE “SHINGLE”
L’Operazione “Shingle” come fu chiamato l’attacco alle coste del Lazio con l’intenzione di puntare verso Roma per liberarla dall’occupazione nazista (liberazione che avvenne il 4 giugno 1944) ebbe inizio 10 minuti prima dell’ora zero del mattino di 80 anni fa.

Furono sparati circa 800 razzi che partivano dai lanciarazzi montati sugli LCT (Landing Craft Tank) che, per l’occasione, erano diventate delle piattaforme navali.
Lo scopo era di eliminare ogni opposizione nemica ma anche di distruggere i possibili campi minati e le difese di filo spinato.
La Marina, nel frattempo, attaccò Civitavecchia (Roma) operasndo una manovra diversiva accompagnata da finti sbarchi che preoccuparono i tedeschi, tanto che il Fedlmaresciallo Albert Kesselring, Comandante delle Forze tedesche in Italia, ordinò di distruggere il porto.
Fu grazie all’alta professionalità degli uomini dei Gruppi Combinati di pilotaggio delle operazioni (Combined Operations Pilotage Parties- COPP) se lo sbarco ebbe successo.
Di notte, a bordo di canoe di tela pieghevoli (i folbot) in due venivano calati in acqua dai sottomarini-guida.
Mentre uno restava al largo, l’altro si avvicinava a nuoto alla spiaggia per individuare le difese nemiche prendendo nota della pendenza e del tipo di terreno per vedere se lì potesse esser possibile lo sbarco.
La flotta navale pronta allo sbarco in una notte chiara ma fredda, era composta da 230 navi, con 2 Divisioni di Fanteria (una americana e una britannica) composte da 36.034 uomini e da 3.069 veicoli.
Le operazioni videro impiegate la I Divisione inglese sulla spiaggia tar Tor Caldara e Lido dei Pini (Peter Beach). Mentre la III Divisione USA sbarcò sulle spiagge dal fosso Loricina e Torre Astura, nell’area del Poligono di Nettuno (nome in codice Red e Green).
Furono poi i Ranger e i Paracadutisti americani ad operare alle 2 del mattino del 22 gennaio l’assalto di Anzio nell’area portuale e nella spiaggia di Levante (nome in codice Yellow Beach). Trovarono forze nemiche esigue ad aspettarli.
I Genieri che eraano aggregati ai Rangers sminarono la zona dello sbarco
Altri presero subito possesso del “Paradiso del Mare”; un edificio in stile Liberty sulla Riviera Zanardelli. E qui stabilirono il loro Quartier Generale.
Alle 8 del mattino assunsero il controllo di Anzio. Intanto, il il 509° Battaglione Fanteria Paracadutisti agli ordini del Tenente Colonnello William P. Yarborough si spinse ad Est lungo la strada costiera occupando Nettuno.

Un Battaglione di Genieri tedeschi della 29^ Divisione Panzergrenadier fu inviato ad Anzio per far saltare il molo del porto ma fu catturato prima di poter eseguire l’ordine.
Nel corso dei combattimenti si registrarono, tra gli anglo-americani 13 morti, 97 feriti, 44 dispersi. I tedecshi persero 40 uomini e 200 furono fatti prigionieri.
DENTRO IL MUSEO DI ANZIO
Entriamo nel Museo collocato della sala della seicentesca Villa Adele, a pcohi passi dal centro storico della cittadina.
Ideato da 29^ Divisione Panzergrenadier o e realizzato su iniziativa dei soci dell’Associazione “Centro di ricerca e documentazione dello Sbarco e della Battaglia di Anzio”, il Museo è stto inaugurato il 22 gennaio 1994.

E’ suddiviso in 4 sezioni: americana, inglese, tedesca e italiana.
Nelle vetrine della piccola sala sono esposti uniformi, armi, decorazioni, documenti, piani di battaglia, foto di veterani, oggetti di uso dei quotidiano da parte dei soldati.

Sono pezzi autentici, molti sono satti donati dai familiari di chi ha combattuto in queste zone.
Molto ricco anche l’aspetto documentale, fatto di foto, di video, di libri e di giornali e riviste.
Nella sezione tedesca troviano anche dei cimeli appartenenti al Battaglione Barbarigo.
Costituito nel novembre del 1943, in ricordo del sommergibile del Comandante Enzo Grossi, Medaglia d’Argento al Valor Militare fu il primo reparto di Fanteria di Marina della X MAS ad essere formato e il primo Reparto della Repubblica Sociale Italiana (RSI) ad essere impiegato al fronte, contro le truppe alleate.

Nato nella caserma San Bartolomeo di La Spezia, inizialmente come Battaglione “Maestrale” fu posto agli ordini del Capitano di Corvetta Umberto Bardelli.
Inviato a Cuneo per perfezionare l’addestramento, rientrò a La Spezia nel gennaio 1944 e il 19 febbraio ricevette dal Comandante il principe Junio Valerio Borghese, la bandiera di combattimento, che riportava il leone di San Marco su sfondo rosso e il motto “Siamo quelli che siamo”.
Il 20 febbraio lasciò La Spezia con destinazione Roma, dove sostò nella caserma “Graziosi Lante” e il 4 marzo si schierò sul fronte di Nettuno a fianco del 235° Reggimento tedesco della 715^ Divisione di Fanteria.
Gli uomini del Barbarigo, nella notte tra il 22 e il 23 gennaio 1944 a bordo di MAS armati di un piccolo siluro da 450 mm, lunghi, fuori tutto, 8,3 metri e pilotati da due uomini armati di mitra e bombe a mano danneggiarono un Dragamine americano. Alle 23,49 due bombe antinave da 40 chili furono lanciate lanciate davanti alla sua prora dall’MTSM 226 del Capo di 1ª Classe Amleto Tornissi, con il 2° Capo Guercio, come secondo pilota.
Tra i Caduti italiani sul fronte di Anzio-Nettuno ricordiamo il Guardiamarina Paolo Sebastiani del Battaglione Barbarigo, Medaglia d’Argento al Valor Militare, il Guardiamarina Bruno Solari e il Sottocapo A.U. Renato Parigi. Anche loro del Barbarigo caddero in azione ad Anzio il 21 febbraio 1944 durante l’attacco ad un convoglio alleato. Sono i primi Caduti della X MAS della Repubblica sociale italiana.
Un altro Caduto della RSI fu il Tenente pilota Carlo Faggioni, abbattuto sul cielo di Anzio ll’11 marzo 1944.

Carlo Faggioni fu uno specialista degli aerosiluranti durante la seconda guerra mondiale. Prestò servizio inizialmente nella Regia Aeronautica al comando della 281ª Squadriglia del 132º Gruppo Autonomo Aerosiluranti e, successivamente alla firma dell’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943) nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana della RSI dove ricevette l’incarico di comandante del Gruppo Aerosiluranti Buscaglia,
Fu decorato con la Medaglia d’oro al valor militare dal governo della Repubblica Sociale Italiana.
Il gruppo Buscaglia, composto inizialmente da 8 aerosiluranti cui se ne aggiunsero poi altri dodici velivoli fu ufficialmente costituito il 14 ottobre 1943 nel campo di Gorizia mentre nel frattempo a Lonate Pozzolo fu istituito un campo addestramento.
La prima azione bellica fu compiuta da sei velivoli alcuni mesi dopo, il 10 marzo 1944 per contrastare lo sbarco di Anzio.
Gli aerosiluranti di Faggioni riuscirono a colpire un piroscafo avversario al largo dell’attuale Nettuno.
Nella stessa notte fu effettuato un nuovo attacco che portò solo al danneggiamento di un piroscafo, un Cacciatorpediniere e alcuni natanti minori.
Per questa azione Faggioni fu decorato con la Croce di Ferro di I classe.
Il 14 marzo l’attacco fu ripetuto ed ottenne solo il probabile danneggiamento di due navi nemiche. Il Comando alleato, preoccupato per l’incursione degli aerosiluranti, dispose per il 18 marzo il bombardamento a tappeto del campo di Gorizia rendendolo inutilizzabile. Faggioni, senza perdersi d’animo, ordinò al suo gruppo di trasferirsi a Lonate Pozzolo
Il 6 aprile 1944 fu lanciata una nuova azione su Anzio, che prevedeva una sosta intermedia a Perugia, ma all’altezza di Firenze la squadriglia di 13 Savoia-Marchetti S.M.79 fu sorpresa da una americana formata da Republic P-47 Thunderbolt, che dopo aver intercettato la comunicazione[25], era appositamente decollata poche ore prima da Palo in Corsica].
Nello scontro che seguì gli aerosiluranti, appesantiti dai siluri, ebbero la peggio perdendo 6 velivoli e riportando notevoli danni tutti gli altri. Lo stesso Faggioni fu costretto ad un atterraggio di emergenza ad Arezzo.
La missione fu ripetuta la sera del 10 aprile dai 5 velivoli ancora in condizione di volare, tra cui quello di Faggioni. Per facilitare le operazioni di decollo notturno dalla pista di Perugia ai gregari poco esperti Faggioni decise di far riempire di benzina i serbatoi centrali, operazione che avrebbe facilitato il decollo dei velivoli ma che li avrebbe esposti a maggior rischio in combattimento.
Solo Sponza, che aveva la necessaria perizia per decollare in situazioni difficoltose fu esonerato, mentre Faggioni per condividere il medesimo rischio dei propri subordinati fece riempire anche i propri[16]. Nella fase di decollo l’aereo pilotato dal tenente Francesco Pandolfo ebbe un’avaria al carrello e fu impossibilitato alla partenza.
La squadriglia, ridotta a 4 velivoli, puntò allora sulla testa di sbarco procedendo a raso mare per sfuggire ai radar e giungendo sull’obiettivo intorno alle 23.50.
L’attacco di Bertuzzi giunto pochi secondi prima mise in allerta la difesa anglo-americana e Faggioni che si stava predisponendo ad attaccare un grosso mercantile con Italo Gianni, Dorino Gilardi, Sergio Pianticelli e Dante Scaramucci quando fu colpito dalla contraerea navale morendo nell’esplosione del suo aereo.
L’aereo di Sponza, più volte colpito e in fiamme fu costretto ad ammarare mentre il velivolo del Capitano Giuseppe Valerio, dopo l’attacco e provato dai colpi ricevuti, incappato in una turbolenza, precipitò durante il tentativo di atterraggio di emergenza lungo la strada di ritorno a Medesano con Salvatore Ferrigno, Bruno Gamba, Vito Roda e Ferruccio Vio incendiandosi (resta salvo il secondo pilota Enrico Jasinski).
Solo il velivolo guidato dal Capitano Irnerio Bertuzzi riuscì a tornare alla base. Le circostanze esatte dell’abbattimento di Faggioni non furono note al comando dell’ANR e l’aviatore fu considerato disperso in combattimento.
Solo il Tenente Ottone Sponza aveva notato l’esplosione del velivolo guidato dal suo comandante, ma fu preso prigioniero insieme al suo equipaggio da un mezzo da sbarco americano. Portato a Napoli fu interrogato da un ufficiale italiano dove ricevette le condoglianze di Giulio Cesare Graziani che aveva appreso della morte di Faggioni in seguito al ritrovamento in mare del suo berretto e di un portadocumenti.
Alla memoria di Carlo Faggioni fu concessa dalla R.S.I. la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Anche oggi, il fondale di Anzio ha anche restituito molti reperti. Nel mare giacciono ancora gli incrociatori bitannici “Janus” e “Spartan” e la nave ospedale “St. David”.

In ogni pezzo, in ogni foto, in ogni uniforme, in ogni mappa, dunque, vengono raccontati quei giorni che portarono poi gli anglo-americani in 6 mesi a liberare Roma dai nazisti.
Il Museo è stato visitato, varie volte, da veterani, dai loro familiari, autorità politiche italiane ed estere e militari.
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