Di Paola Ducci*
WASHINGTON D.C. Charles “Chuck” Mawhinney ha vissuto per molto tempo una vita tranquilla in Oregon: un dipendente del Servizio Forestale degli Stati Uniti, un padre di famiglia, un uomo tranquillo che amava cacciare e riparare vecchie auto.

Ma dietro i suoi occhi calmi si nascondeva una storia che avrebbe impiegato quasi un quarto di secolo per venire alla luce, perché Charles Mawhinney è stato il cecchino più letale nella storia del Corpo dei Marines.
I registri militari infatti dimostrano che Mawhinney ha 103 uccisioni al suo attivo, tutte confermate, e 216 uccisioni probabili durante la Guerra del Vietnam.
Il suo è assolutamente un primato.

Mawhinney ha trascorso 16 mesi in Vietnam dal 1968 al 1969 e si dice che considerasse il suo lavoro come “l’ultima battuta di caccia”.
Affermava di non guardare mai i suoi bersagli negli occhi, di non pensare se avessero una moglie o dei figli: quando erano nel suo mirino l’unica cosa che contava era ucciderli prima che loro uccidessero lui.
Le sue regole di ingaggio erano semplici: se c’era un nemico armato nel suo mirino avrebbe sparato.
Il suo lavoro non consisteva solo nel togliere vite, ma nel salvarle.
Ogni persona che uccideva non era solo una persona in meno che poteva eliminare un marine, ma era anche distruggere nel nemico la volontà di combattere.
Quando addestrava i cecchini si assicurava che capissero bene questo concetto durissimo ma fondamentale: il loro lavoro consisteva nell’uccidere il nemico e sbagliare un colpo o avere dei ripensamenti poteva causare la loro morte o quella di un altro marine.
La sicurezza dei suoi compagni era sempre il suo obiettivo principale, la sua stella polare.

E anche quando cominciò a mettere in discussione la presenza americana in Vietnam prolungò comunque due volte la sua missione per tenere al sicuro i suoi Marines.
Ma quando Chuck tornò a casa fece quello che i militari della sua generazione hanno fatto molto spesso: ha seppellito quella guerra nel profondo. Non si vantava mai.
Non ha mai cercato il merito o un riconoscimento. Semplicemente, è andato avanti con la sua vita.
Nel 1997, Senich pubblicò un articolo su Precision Shooting che rivelava l’identità e l’eredità di un uomo che era rimasto a lungo in silenzio: era proprio lui, Charles Mawhinney.
A questo articolo, del tutto inaspettatamente, seguì un’ondata di riconoscimenti.
Chuck, ormai 50 enne, poteva decidere di restare nell’ombra o di parlare di quella guerra – non per se stesso, ma per chi non ha mai avuto voce.
Inizialmente sconvolto dal fatto che la sua privacy e il suo passato fossero stati resi pubblici, Mawhinney, ormai in pensione da una carriera nel Servizio Forestale dell’Oregon, usò quella sua nuova fama per cercare di gettare una luce migliore sui cecchini. È stato molto richiesto dagli istruttori di tiro militari e di polizia per le sue conoscenze ed esperienze di tiratore scelto.
“È un’opportunità per me di ottenere un riconoscimento per molti veterani del Vietnam che non ne hanno ricevuto alcuno – ha detto . Ogni volta che parlo con qualcuno, posso parlare dei veterani”.
Mawhinney divenne un umile sostenitore della generazione del Vietnam, partecipando agli eventi e raccontando silenziosamente la sua storia – non per glorificarla, ma per onorare gli uomini accanto a lui.
È rimasto fino alla fine un uomo di poche parole, diretto e con i piedi per terra.
Nel 2023 la sua storia completa è stata raccontata nel libro “The Sniper” di Jim Lindsay, un testamento non solo della sua abilità mortale ma anche della sua forza di carattere, umiltà e devozione verso i suoi fratelli d’armi.
Il 12 febbraio 2024, Charles Jack Mawhinney muore in pace nella sua casa a Baker City in Oregon, a 75 anni.
*Editor per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa
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