Storia: Ambrogio Spinola e Rubens due protagonisti della storia europea del XVIII secolo. Convegno alla Biblioteca Berio di Genova

GENOVA. Ambrogio Spinola e Rubens, due protagonisti della storia europea del XVIII secolo. sono stati al centro di un incontro, nei giorni scorsi, alla Biblioteca Berio di Genova.

Ambrogio Spinola

Presenti Anna Orlando, curatrice della mostra “Rubens a Genova” (https://palazzoducale.genova.it/mostra/rubens-a-genova/), in corso al Palazzo Ducale della città della Lanterna e prorogata sino al prossimo 5 febbraio, il prof. Luca Basso dell’Università genovese e di Andrea Lombardi, responsabile CulturaIdentità Genova ed editore del libro “Ambrogio Spinola. Il vincitore dell’assedio di Breda” della contessa Carmen Muñoz Roca-Tallada (Genova 2021) – https://amzn.to/3iWn05p.

 

L’assedio di Breda

I tre relatori hanno ricostruito nel corso della conferenza la vita e le gesta durante la Guerra dei Trenta Anni del Generale genovese, famoso all’epoca e ancor oggi all’estero ma poco noto e celebrato in Italia e ancor meno finora nella sua città natale, e la sua amicizia con il geniale pittore fiammingo Pieter Paul Rubens.

Un momento del convegno genovese

Nelle parole del divulgatore storico Gabriele Campagnano (Zhistorica), autore della prefazione del libro:

Dal mare alla terra. Se Andrea Doria è stato forse il più importante Ammiraglio tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo, Ambrogio Spinola merita di essere menzionato con il medesimo lustro tra i Generali più capaci del XVII.

Due figli di Genova, appartenenti a famiglie per lungo tempo rivali, che sono stati in grado di scrivere – a lettere cubitali – il loro nome nella storia militare della prima epoca moderna.

Ma se Andrea Doria ha servito sia i sovrani francesi che Carlo V, Ambrogio Spinola rimane sempre fedele alla monarchia spagnola.

Un ruolo fondamentale, in questo senso, lo ha il fratello minore di Ambrogio, Federico, che dopo un’esperienza nell’Armata delle Fiandre di Alessandro Farnese, si trasferisce a Madrid nel 1598.

Alessandro Farnese

L’uomo d’arme, in famiglia, sembra essere lui, visto che Ambrogio è più interessato allo studio e alla carriera politica nella sua città.

In effetti, fino ai 34 anni d’età, Ambrogio rimane a Genova e non si occupa di cose militari in senso stretto. Il suo giungere in età avanzata al mestiere delle armi non deve tuttavia trarci in inganno.

Il giovane Ambrogio, infatti, alterna lo studio all’esercizio delle “arti cavalleresche, tirar di spada, cavalcare, correre all’anello, battersi all’incontro con lancia, e altri simili esercizi”.

E se, da un lato, abbandona progressivamente gli studi di lettere, approfondisce invece quelli di matematica “facoltà che influisce più di ogni altra al mestiere delle armi”.

D’altronde, specie nella difesa e nell’assalto delle fortezze, è fondamentale saper individuare le linee di tiro migliori, fortificare i bastioni, scavare delle trincee adeguate ecc.

Lo sviluppo di artiglierie sempre più efficienti ha di certo portato a una guerra sempre più tecnica e ingegnerizzata.

Un tipo di guerra in cui le conoscenze matematiche hanno un ruolo fondamentale.

Non bisogna inoltre scordare che la Genova di fine XVI secolo pullula letteralmente di Capitani di lungo corso, uomini d’arme in pensione e altri soggetti che non hanno nulla da invidiare, quanto a esperienza di guerra, a Generali del calibro di Lelio Brancaccio o del conte di Tilly.

E nella sua stessa famiglia ha l’opportunità di conversare a lungo con il cugino Giorgio Spinola di Luciano, anche lui Capitano di Alessandro Farnese.

Altro fatto da sottolineare è che la dedizione di Ambrogio verso la sua famiglia e verso Genova lo porta a mettere su famiglia già a ventitré anni e a ottenere più o meno nello stesso periodo i primi incarichi pubblici.

Ed è forse proprio la difficoltà ad emergere come un pari dell’uomo più potente della città, Giovanni Andrea Doria, a condurlo alla decisione di mettersi direttamente al servizio della monarchia spagnola.

Una mossa per nulla scontata e tremendamente rischiosa. E tuttavia foriera di enormi successi e dell’immortalità del suo nome.

Pur con tutte le sue conoscenze teoriche della guerra, Ambrogio rappresenta quasi un unicum nella storia militare del Seicento.

In un periodo in cui la carriera militare inizia prestissimo, Ambrogio si trova per la prima volta al comando nel 1603, quando viene incaricato di proseguire l’assedio di Ostenda.

L’assedio di Ostenda

Il primo assedio del Generale che passerà alla storia come Espugnatore di Piazze.

Da allora fino alla Guerra di successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631), a tutti gli effetti spin-off della Guerra dei Trent’anni, Ambrogio Spinola diventa il maestro degli assedi definitivo, il terrore di ogni piazza in attesa di vedere l’esercito nemico spuntare all’orizzonte.

Come scrive ancora Filippo Casoni nella sua biografia di Ambrogio Spinola, stampata per la prima volta nel 1691:

Se lo vorremo paragonare ad Alessandro, Annibale, Cesare, Marcello, Flavio ed Ottaviano, lo ravviseremo ad alcuno di loro superiore nella fortezza delle Città espugnate; ad altri nella difficoltà dei luoghi ove portò la guerra; ad altri per il valore, e per l’ostinazione dei nemici superati; ad altri per la mansuetudine e la clemenza usata con i vinti […]

Alla maggior parte per la provvidenza e il consiglio; Ma a tutti per l’integrità della vita, nella quale consiste la vera gloria, e nel perpetuo tenore d’azioni, non contaminate da quei vizi, dai quali restò sempre offuscata la fama di quei grandi conquistatori.

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