STORIA: MARTINO GALLI DA FANTE A UOMO DI PUNTA DELLA RESISTENZA

Di Gerardo Severino*

CLIVIO (VARESE).  Dieci anni orsono, la scrittrice Maria Paola Bidone pubblicò, per i tipi della Isral – Le Mani di Genova Recco, il libro dal titolo “Martino Galli “Tatiano”. L’artigiano della Resistenza”.

Frutto di una pregressa intervista (2011) all’artista cliviese Martino Galli, il poco conosciuto partigiano “Tatiano”, il libro narrò le vicende, sia di guerra che resistenziali, dell’“Artigiano della Resistenza”, come lo stesso Galli amava definirsi.

Fra i punti più importanti del racconto biografico, peraltro corredato dai disegni che lo stesso artista aveva realizzato, onde illustrare fatti ed eventi che gli erano capitati, campeggia l’episodio della liberazione di alcuni prigionieri russi, tra i quali Fjodor Alexander Poletaev Andreanovic, successivamente passato ai partigiani liguri e morto eroicamente nel corso della battaglia di Cantalupo, il 2 febbraio del 1945, poi decorato di Medaglia d’oOo al Valor Militare.

Il monumento a ricordo della battaglia di Cantalupo

Ebbene, lo scultore Martino Galli – e questo è vero onore per la sua nativa Clivio (Varese) – è stato l’unico cliviese al quale nel dopoguerra fu riconosciuta la qualifica di “Partigiano Combattente”, per quanto egli avesse portato avanti la lotta patriottica in altra Regione d’Italia.

A 80 anni esatti dalla sua adesione alla Resistenza lo voglio ricordare, con queste brevi note, certo di trovare, soprattutto nei suoi concittadini lo stimolo per omaggiarlo come si deve, magari con l’intitolazione di una strada in suo onore.

Martino Galli, l’ingegnoso marmista di Clivio

La famiglia Galli – alla quale sono personalmente legato da sentimenti di vera stima – è certamente una delle più remote, tra quelle che dimorano ancora oggi a Clivio.

Martino Galli partigiano di Clivio

Nelle sue pregresse generazioni, molti di loro sono stati celebri e ricercati marmisti, spesso contesi da Corti e Signorotti locali per via della loro bravura nel realizzare manufatti artistici di elevato prestigio.

E fu proprio da un bravissimo marmista cliviese, Santino Galli e da sua moglie, Ida Molinari, che il 6 aprile del 1922 nacque il protagonista di questa vicenda.

Martino visse a Clivio sino alla tarda gioventù, per poi trasferirsi a bottega in quel di Tortona, in provincia di Alessandria.

Qui avrebbe vissuto il resto della vita, a parte la parentesi della Seconda guerra mondiale e della Resistenza, di cui tratteremo a breve.

Aveva appena compiuto 20 anni, il nostro Martino quando dovette lasciare il mestiere e la famiglia per raggiungere il fronte.

Era il 1942 e l’Italia era impegnata nella disastrosa “Campagna di Russia”, già dalla metà dell’anno prima, quando Mussolini volle a tutti i costi spedire sul fronte orientale il “CSIR” (“Corpo di Spedizione Italiano in Russia”).

Un’immagine della campagna di Russia con la ritirata dei soldati italiani

Riuscito a salvarsi miracolosamente, durante la disastrosa ritirata, iniziata il 6 marzo del 1943, il Fante Martino Galli raggiunse l’Italia, ove verrà poi riassunto presso il Deposito del proprio Reggimento [1].

Qui, molto probabilmente, rimase ad operare sino all’epilogo dell’8 settembre. Non abbiamo idea di cosa il giovanissimo soldato cliviese abbia fatto, nei mesi seguenti all’occupazione dei nazi-fascisti.

L’unico dato certo è quello del suo passaggio alla Resistenza.

La scheda del Patriota Martino Galli

Martino Galli, Artigiano della Resistenza

Rientrato a Tortona nel corso del 1944,

Martino incappò nel famigerato “Bando Graziani”, firmato dal neo ministro della Difesa della Repubblica Sociale Italiana, Rodolfo Graziani,  il 18 febbraio 1944.

Con esso si ordinava il reclutamento militare obbligatorio delle cassi più giovani, onde dar vita al nuovo Esercito della RSI.

Chiunque non si fosse presentato alla chiamata alle armi sarebbe stato punito con la pena di morte.

Come è facile comprendere, il bando costrinse i giovani ad una scelta difficile, Ciò nonostante, dei circa 180 mila chiamati o richiamati alla leva, solo 87 mila si presentarono, fra questi lo stesso Galli.

Tutti gli altri disertarono sin dalle prime battute, dandosi così alla macchia. Martino Galli operò anch’egli tale scelta, abbandonando il proprio reparto, per entrare, il 2 novembre dello stesso ’44 nella Brigata “Arzani”, operante a Dernice e che si trovava al comando del partigiano Franco Anselmi, meglio noto col nome di battaglia di “Marco”.

Martino Galli scelse il nome di battaglia di “Tatiano”. Con tale Formazione, il partigiano Galli prese parte a varie azioni, prima fra tutte la liberazione di 7 russi dalla Stazione di Tortona, fra questi vi era anche il prima citato Fedor Poletaev, il partigiano Fëdor”, unico caduto durante la Battaglia di Cantalupo, il 2 febbraio 1945, decorato postumo con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, il quale venne colpito a morte nel tentativo di fermare una cinquantina di tedeschi e mongoli in fuga (facenti parte della Divisione tedesca “Turkestan”, composta da ex prigionieri sovietici, georgiani e mongoli)[2].

Martino prese, poi, parte alle azioni che portarono alla liberazione nelle Valli Borbera, Curone (Volpedo, San Sebastiano), Grue (Garbagna), di Cassano e di Novi Ligure, distinguendosi sempre per coraggio e fortissima determinazione.

Terminata la guerra, il Maestro Galli tornò silenziosamente al suo antico mestiere, vivendo per sempre nella sua adottiva Tortona, pur non disdegnando, di tanto in tanto, brevi soggiorni a Clivio.

Riguardo alla sua arte, occorre ricordare come il suo nome sia particolarmente conosciuto ad Alessandria, che lo annovera tra i suoi importanti artisti, memore soprattutto della sua opera di posatore dei mosaici dell’artista Gino Severini, al Palazzo delle Poste.

Non solo, ma anche la stessa Tortona e i paesi delle colline circostanti, ospitano ancora non pochi monumenti di carattere civile e religioso che ne portano la firma.

La straordinaria esperienza umana di Martino Galli ebbe termine in una fredda giornata d’inverno.

Era il 30 novembre del 2013, quando lo scultore spense gli occhi, già ricolmi di pianto, motivato dalla tristezza di non aver potuto visitare, per l’ultima volta, quella remota terra di confine, quella terra generosa nella quale aveva mosso i suoi primi passi, ma anche eseguito le sue prime “scalpellate”.

NOTE

[1] Le operazioni di rimpatrio del ribattezzato ARMIR durarono dal 6 al 15 marzo e si conclusero il 24 marzo 1943, ponendo così fine alle operazioni militari italiane in Unione Sovietica.

[2] Il mattino del 2 febbraio 1945, un centinaio di tedeschi e di mongoli attaccarono il piccolo distaccamento partigiano che bloccava la stretta di Pertuso, all’altezza del ponte rotto del Carmine, occupando così il paese di Cantalupo Ligure. Richiamati da Cornareto e da Roccaforte, due distaccamenti partigiani circondarono il paese e, per quanto stremati dal freddo e dalle privazioni, i patrioti della Brigata “Oreste” decisero per il contrattacco. Mentre i mongoli si avviavano in doppia fila indiana verso il ponte sul Borbera a San Nazzaro, i partigiani li attaccarono e, dopo alcune ore di battaglia, li costrinsero alla fuga. Al termine degli scontri le perdite tedesche furono di 12 morti, 5 feriti e 41 prigionieri. Dalla parte avversa, a cadere fu solo il povero partigiano “Fëdor”.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare.  Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

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