Covid-19: paura della morte in uno scenario VUCA. Lezioni di psicologia militare

Di Sara Palermo*

Torino. In un precedente articolo abbiamo discusso dei parallelismi tra la pandemia da SARS-CoV-2 e la guerra (https://www.reportdifesa.it/resistere-in-pandemia-elementi-di-psicologia-militare/)

Herbert F. Barber nel suo “Developing Strategic Leadership: The US Army War College Experience” descrive i conflitti come “scenari VUCA”:

  • Volatility. La volatilità riguarda il ritmo crescente del cambiamento. La natura e la dinamica del cambiamento, e la natura e la velocità delle forze e dei catalizzatori del cambiamento. Si tratta del grado di turbolenza ambientale.
  • Uncertainty. L’incertezza riguarda l’imprevedibilità del futuro, il senso di consapevolezza e comprensione dei problemi e degli eventi. Predire quale sarà il “prossimo grande evento” è sempre stato difficile, ma, dato il ritmo sempre più veloce del cambiamento, sta diventando ancora più difficile.
  • Complexity. La complessità riguarda il moltiplicarsi delle forze, la confusione dei problemi, l’assenza di una catena di causa-effetto, la natura interconnessa di organizzazioni, industrie, sistemi realtà geopolitiche, eventi. I lettori del sociologo Charles Perrow possono pensare ai concetti di “complessità interattiva” e “tight coupling” a cui si ricorre per descrivere come possono verificarsi reazioni a catena imprevedibili e veloci, in particolare quando sono coinvolte tecnologie a rischio.
  • Ambiguity. L’ambiguità riguarda la nebulosità della realtà, il potenziale di letture errate, e i significati misti delle condizioni, la confusione fra causa ed effetto. È ciò che il teorico militare Carl von Clausewitz chiamava “the fog of war” (la nebbia della guerra). Si tratta di quelle situazioni confuse in cui esistono molteplici interpretazioni plausibili su ciò che sta succedendo o su ciò che significa.
  • Allestimento ospedale da campo a Crema nella piena emergenza covid dello scorso mese di marzo

Barber sottolinea come l’U.S. Army War College abbia deciso di usare l’acronimo VUCA come un modo per aiutare i propri studenti (tipicamente alti ufficiali superiori) a caratterizzare le “turbolenze” che avrebbero dovuto affrontare nell’assumere posizioni di leadership sempre più strategiche.

Il significato più profondo del modello VUCA è la capacità di ogni suo singolo elemento di migliorare il significato strategico delle capacità di previsione e di comprensione di un ambiente complesso e incontrollabile, a complessità crescente (così come del comportamento dei gruppi e degli individui nelle organizzazioni).

L’acronimo VUCA descrive altrettanto bene la pandemia: il virus cresce e scompare, il suo decorso è difficile da prevedere, le soluzioni per contenerlo sono complesse, e quale sia il miglior approccio per contrastarlo non è chiaro.

Ma a differenza della guerra, che colpisce direttamente solo i combattenti e i civili nella zona di combattimento, la pandemia colpisce tutti.

Vale a dire che condividiamo l’esperienza comune di uno scenario VUCA.

Che sia guerra o pandemia, uno scenario di questo tipo aumenta la salienza (paura) della morte (più nota come Mortality Salience, o anche MS), un concetto derivato dalla teoria della gestione del terrore (Theory of Management Terror, TMT).

Carabinieri in servizio in un’area rossa per l’emergenza Covid-19

I soldati che affrontano la battaglia sanno che possono essere uccisi o gravemente feriti.

Tutti sappiamo tutti che esiste un fine vita, ma per i soldati questo senso è tangibile e immediato, non qualcosa che può accadere in un futuro lontano e vago.

La TMT agisce come un memento mori, che ci ricorda la caducità delle persone e spinge a aderire ad una visione collettiva, a coltivare passioni e ideologie religiose, familiari, sociali.

Secondo la TMT ricordare agli individui la loro condizione mortale ha come conseguenza inconscia l’aumento della adesione alle visioni culturali (quindi alle ideologie politiche o alle credenze religiose), in quanto queste sarebbero in grado di garantire una protezione simbolica dalla paura della morte.

Con la pandemia, la paura della morte è diventata tangibile per tutti.

Il trasporto di un malato da Covid-19 in una barella da biocontenimento

Alcuni scelgono di negarla o di ignorarla, ma la minaccia è reale.

Al momento di questo scritto, In Italia, dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus, almeno 1.380.531 persone hanno contratto il virus Sars-CoV-2. Di queste, 49.261 sono decedute.

Chiunque in questa situazione di emergenza ha pensato almeno una volta alla morte.

Vuoi perché ammalatosi, o direttamente colpito da un lutto, vuoi perché la lotta alla pandemia lo ha raggiunto tramite i mezzi di informazione.

Nessuno si è potuto sottrarre a quello che potremmo definire “lutto VUCA” – perché la morte è improvvisa, non prevedibile, non ha corpo né condivisione, non potendo essere celebrata tramite un rito funebre o di saluto della salma.

A ciò si aggiunge, una sovraesposizione ad immagini provenienti da ospedali, pronto soccorso e terapie intensive, che portano a terribili fantasie di morte.

Le reazioni a tali eventi sono diverse, a seconda delle caratteristiche caratteriali e personologiche, ma anche delle pregresse esperienze di vita.

È interessante osservare il comportamento degli italiani attraverso la lente della TMT.

Sono lentamente aumentati i comportamenti antisociali e le rivolte di strada, con persone che litigano o addirittura usano violenza quando viene chiesto loro di indossare una mascherina chirurgica in pubblico.

I media riportano quasi quotidianamente dati connessi alle risposte patologiche allo stress (solo per fare un esempio, le vendite di alcolici sono aumentate del 180% durante il lockdown).

D’altro canto, sono aumentati anche i comportamenti prosociali (solidarietà, filantropia, volontariato), si sono riscoperti i rapporti di vicinato ed il senso di comunità, nuovo valore è stato attribuito alle relazioni interpersonali.

In breve, molte, e forse la maggior parte delle persone si stanno adattando alla “nuova normalità” della pandemia.

Come avrebbe osservato Joshua Lawrence Chamberlain (Joshua Lawrence Chamberlain 1828 – 1914) – le cui azioni a Little Round Top durante la battaglia di Gettysburg sono state fondamentali per la vittoria finale dell’Esercito dell’Unione – “La guerra è per i partecipanti una prova di carattere: rende gli uomini cattivi peggiori e quelli buoni migliori”.

Un’immagine della battaglia di Gettysburg

Pur non condividendo la dicotomia buono-cattivo proposta, l’idea di Chamberlain che la guerra possa influenzare i suoi partecipanti in modo negativo o positivo è supportata dalla ricerca psicologica militare: se alcuni militari sperimentano significative reazioni negative (tra cui ansia, depressione, disgregazione della condotta personale, abuso di sostanze e disturbo post-traumatico), un numero ben maggiore mostra estrema resistenza alle avversità della guerra, e alcuni sperimentano anche una crescita personale.

Questo è un incoraggiamento per tutti noi che continuiamo ad affrontare le condizioni VUCA della pandemia.

Ma l’acronimo VUCA è molto di più: è anche la risposta e l’antidoto al problema. VUCA è infatti anche un modello strategico per gestire il cambiamento e creare successo in un mondo incerto.

Dai tempi dello scritto di Baber, VUCA è usato dalle Forze Armate come codice pratico per la consapevolezza e la prontezza individuale e collettiva: Vision (visione), Understanding (comprensione), Clarity (chiarezza) e Agility (adattabilità/agilità).

Al di là del semplice acronimo si tratta di un insieme di conoscenze che migliorano apprendimento, preparazione, capacità di proiezione nel futuro, abilità di intervento.

Nove sono i comportamenti che aiutano un individuo a prosperare in un ambiente VUCA:

  • Essere flessibili – disponibilità a provare cose nuove
  • Essere veloci – afferrare rapidamente le nuove idee
  • Sperimentare – testare nuove idee e soluzioni
  • Assumere rischi – affrontare le sfide
  • Assumere i rischi interpersonali – saper chiedere aiuto agli altri
  • Collaborare – dare attivamente il proprio contributo e usufruire delle competenze altrui
  • Raccogliere informazioni – informarsi e formarsi, aumentare le proprie conoscenze
  • Cercare feedback – chiedere riscontri
  • Riflettere – prendersi del tempo per riflettere sui risultati ottenuti ed i livelli di efficacia raggiunti

Come si può mitigare la paura della morte da un punto di vista pratico? Non c’è una risposta semplice, ma le ricerche in ambito militare suggeriscono che attività di supporto morale, psicologico e assistenziale-previdenziale al personale militare e ai rispettivi familiari, in caso di particolari eventi come la pandemia, sono di estrema utilità.

I Comandi possono poi ottimizzare i risultati stabilendo e mantenendo un clima positivo e ricordando ai leader che la cura dei bisogni dei singoli è della massima importanza, specialmente durante una crisi.

Da un punto di vista individuale, prepararsi alle inevitabili avversità della vita è più efficace che reagire ad esse.

Salute mentale e avversità sono collegate da una strada a doppio senso. Un trauma può infatti scatenare reazioni negative e disagio psicologico, ma una solida struttura psicologica può prevenire o ridurre l’impatto dei traumi, come ci ha suggerito Chamberlain.

Nel caso specifico della paura della morte, ciò significa:

  • Prendere nota di stati d’ansia e paura e pensieri di morte
  • Confrontare il proprio stato d’ansia con il pensiero della morte (quali sono i punti in comune?)
  • Riconoscere il legame tra ansia e anticipazione
  • Verificare quanto si è influenzati da terze persone o informazione a mezzo stampa, social media (infodemia)
  • Fare spazio ai sentimenti spiacevoli. Ai colpa, confusione, frustrazione, paura, rabbia, solitudine, …) sono reazioni normali.  Bisogna farne esperienza, accoglierle e trattarci gentilmente mentre ne facciamo esperienza.
  • Seguire questa tecnica ogni giorno alla stessa ora evitando le ore serali prima del riposo così da non coricarsi letto in uno stato di agitazione. Se in qualunque altro momento della giornata sorgesse una preoccupazione, accantonarla fino al momento prefissato
  • Sfidare i pensieri di morte. Quando sopraggiunge l’ansia di morte, chiedersi quante potrebbero essere le probabilità effettive di morire in una determinata situazione.
  • Darsi un tempo specifico per preoccuparsi di qualcosa, possibilmente sempre alla stessa ora e mai prima di andare a coricarsi. Se in qualunque altro momento della giornata sorgesse un pensiero preoccupante, va accantonato fino al momento prefissato a questo scopo.
  • Eliminare gli schemi di pensiero improduttivi e dare spazio a quelli positivi
  • Concentrarsi solo su ciò che si può tenere sotto controllo. Non è possibile controllare la morte. Ma è possibile controllare quello che facciamo nel qui e ora. Nel caso, stabilire un piano da seguire nel caso si fosse in fin di vita coinvolgendo familiari ed amici.
  • Gestire la propria vita, lasciando un certo spazio all’imprevisto
  • Fare le cose che contano davvero
  • Seguire i propri valori fondamentali. Solo agendo e ritrovando scopi, desideri e obiettivi che rientrino nei valori di riferimento, il timore della morte può essere gestito ed assumere un altro significato.
  • Condurre uno stile di vita sano e attivo
  • Coltivare le relazioni interpersonali ed i legami affettivi
  • Coltivare la propria interiorità
  • Proseguire nella formazione e dare spazio alle proprie passioni
  • Tornare in contatto con il proprio corpo. Ad esempio:
    • Portando una mano sulla parte del corpo che si sente più in tensione, sarà possibile notare una sensazione di calore durante l’auto-contatto;
    • Focalizzando l’attenzione sui piedi appoggiati sul pavimento sarà possibile avvertire la sensazione di radicamento che offrono.

Se la paura della morte diventasse così intensa e persistente da interferire con il quotidiano e la capacità di svolgere le normali attività, valutare di rivolgersi ad un esperto della salute mentale.

*M.Sc. in Clinical Psychology and Ph.D. in Experimental Neuroscience
PostDoctoral Research Fellow
Assistant Specialty Chief Editor for Frontiers in Psychology – Neuropsychology
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