Difesa: il ministro Guido Crosetto disegna al Parlamento le linee programmatiche del suo Dicastero. La sua visione è quella di uno “Strumento Militare sinergico nelle sue componenti”

ROMA. Sono stati cinque gli obiettivi analizzati, oggi, dal ministro della Difesa, Guido Crosetto nel corso di un’audizione sulle linee programmatiche del suo Dicastero davanti ai parlamentari della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati e della 3^ Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato.

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto in una visita ai militari impegnati in missione in Romania

“La mia visione è quella di uno Strumento Militare sinergico nelle sue componenti – ha spiegato Crosetto . Agile nelle decisioni, efficace nei possibili scenari di impiego, proiettabile in ruoli di leadership nel sistema di alleanze e coalizioni e credibile strumento di difesa e sicurezza. Visione, questa, che, per essere realizzata impone di accettare una serie di sfide di trasformazione e cambiamento che vinceremo solo se sapremo fare nostra la capacità di guardare al di là del quadro contingente, trasformando continuamente l’esistente in nuove opportunità senza temere la messa in discussione dei pensieri, dei processi e delle scelte con cui fino ad oggi abbiamo affrontato la realtà”.

LO SCENARIO

“Stavamo e stiamo vivendo una trasformazione storica – ha spiegato ai parlamentari il ministro – dove vecchie e nuove potenze stanno ridisegnando i propri spazi vitali, dove i centri di gravità della geopolitica mondiale sono in continuo movimento e dove gli effetti distruttivi delle nuove conflittualità colpiscono le parti più inermi delle popolazioni. Direi che questo presente sembra un ritorno in chiave tecnologicamente evoluta agli orrori dei conflitti mondiali del secolo scorso.

Stiamo assistendo alla nascita di nuove dimensioni dell’attività storico-politica, di nuovi domini di sicurezza in cui lo spazio-tempo, e di conseguenza la velocità di pensiero, di azione e di autocritica costruttiva, dovranno essere i cardini di un’architettura politico-militare della Difesa sempre più dinamica, adattiva e snella”.

Crosetto ha usato il termine “politico-militare” con un chiaro intento di significato.

“Lo scontro sul terreno rappresenta, infatti, la punta di un iceberg di un’azione militare – ha aggiunto – che, attraverso nuovi domini, agisce molto più in profondità, alterando gli equilibri interni delle società occidentali fino a colpirne i principi fondanti.

Pertanto, seppur abbia ancora senso inquadrare le sfide dal punto di vista dei confini geografici e territoriali – a cui deve corrispondere una capacità di effettiva dislocazione operativa degli assetti militari – è necessario agire anche in quelle sfere di influenza dove il limite tra conflitto e pace è molto labile. È proprio in queste sottili lacerazioni degli equilibri dello scontro tra attori geopolitici che si annidano degli archi secondari di crisi dove la capacità di sviluppo e impiego di nuove tecnologie, ma soprattutto la maturità politica di governarne gli effetti, rappresenterà il vero discriminante”.

In tale scenario, alla luce dei necessari mutamenti dello Strumento Militare, dovrà corrispondere parimenti un rinnovamento dell’impianto normativo e istituzionale che sottende a tale apparato di sicurezza.

“Si dovrà partire dalla stesura di una chiara Strategia di Sicurezza Nazionale funzionale alla capacità di ogni singolo Dicastero della Repubblica Italiana di delineare conseguentemente una propria specifica strategia, per il conseguimento di obiettivi sinergicamente definiti all’interno di una visione unitaria dell’interesse nazionale – ha detto ancora il ministro –  Il contributo di visione e di pratica rappresentazione delle specifiche esigenze di ogni singolo attore del contesto istituzionale, così come degli obiettivi individualmente perseguiti, deve essere sistematizzato e raccordato in un quadro armonico complessivo di proiezione delle capacità e delle ambizioni del Paese”.

“Si dovrà assicurare, nel pieno rispetto dei dettami costituzionali e dei principi che ci legano alle Organizzazioni internazionali NATO, ONU e Unione Europea) – ha proseguito – la piena flessibilità d’impiego delle Forze Armate in tutti gli scenari e in tutti i domini fisici e non fisici dove è messo a repentaglio il futuro delle nostre istituzioni democratiche”.

Logo dell’Alleanza Atlantica

LE ATTIVITA’ OPERATIVE

Per il ninistro occorre “realizzare un Sistema Difesa sinergico nelle sue componenti; che esprima capacità all’avanguardia dello spettro operativo e quindi capace di generare effetti rilevanti nei possibili scenari di impiego; caratterizzato da processi decisionali agili, flessibili e adattivi; integrabile con ruoli di leadership nei meccanismi di risposta sovranazionali; baluardo credibile di difesa e sicurezza”.

Questi gli obiettivi disegnati dal ministro della Difesa:

Obiettivo 1: Sinergia delle componenti

Nello scenario delineato, che impone azioni immediatamente efficaci, la capacità dello Strumento militare di operare in contesti integrati e multidominio è superata dalla necessità di essere uno Strumento integrato e multidominio.

La sinergia delle componenti dovrà essere dunque un requisito intrinseco dello stesso Strumento militare e non un assetto operativo di contingenza o “solo” qualcosa da perseguire durante le operazioni o lo sviluppo di una nuova capacità operativa o sistema d’arma.

Tutto questo, ha ribadiro il ministro, “è in linea con l’evoluzione dottrinale della NATO che vede nel concetto di Multi-Domain Operations (MDO) il futuro della capacità di riposta dell’Alleanza. La capacità di essere perfettamente interoperabile, complementare e armonizzato è necessaria per prevalere contro futuri avversari, non solo in ambito Alleanza, ma anche a livello nazionale”.

Ma il raggiungimento di questo obiettivo è subordinato all’ottenimento di due condizioni.

1) Adottare una policy di formazione del personale della Difesa orientata all’integrazione, capace di alimentare una forma di cultura organizzativa in cui l’orizzonte di conoscenze, abilità e competenze superi quello di ciascuna Forza Armata.

Una forma di integrazione che entri nel patrimonio genetico del Sistema Difesa e che ne determini la crescita e lo sviluppo per i decenni a seguire.

Per Crosetto occorre “creare dei percorsi comuni durante le fasi iniziali e intermedie della formazione del personale che, parallelamente allo sviluppo di competenze specifiche di dominio, alimenti la capacità di comprendere, e quindi influenzare, l’ambiente multidominio. Analogamente si dovrà intensificare il focus di integrazione interforze in tutti i momenti della formazione avanzata, in modo che il personale che arriva nelle strutture di vertice non sia influenzato da improduttivi pregiudizi di componente”.

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto in una riuione a Bruxelles

2) Profonda evoluzione in chiave interforze dello strumento militare sul piano ordinativo, logistico, tecnologico e normativo.

“Sono molte le iniziative da avviare per arrivare a una simile condizione – ha ancora evidenziato il ministro – a partire da una revisione delle strutture di vertice che elimini le duplicazioni non dettate da esigenze di ridondanza operativa e che persegua il miglioramento della qualità e il contenimento dei tempi dei processi di lavoro. Occorre poi unificare settori e servizi comuni alle diverse Forze Armate”.

Ad esempio, nel breve termine: l’insegnamento delle lingue estere, il settore CBRN, la sanità.

Un operatore CBRN in attività

Mentre, nel medio termine, i settori dei sistemi di comunicazione ed informatica. E, nel lungo termine, Spazio e Cyber.

Proprio sul ruolo della Difesa nei domini Spazio e Cyber e su come lo sviluppo di capacità in tali domini debba essere declinato al nostro interno, serve un’attenta riflessione, capace, se necessario, di mettere in discussione anche quanto già fatto.

La Difesa dovrà farsi promotrice ed essere protagonista di un percorso che porti all’unicità di indirizzo strategico e di policy sia a livello nazionale che nell’ambito delle Organizzazioni internazionali di riferimento.

Infine, l’adeguamento ordinativo, logistico e tecnologico così tratteggiato non può prescindere dall’integrazione del quadro normativo di riferimento, soprattutto in relazione ai domini Spazio e Cyber.

In tal senso, il Ministero della Difesa promuoverà tutte le iniziative necessarie per la definizione di adeguati impianti normativi.

Obiettivo 2: Sviluppo capacitivo ed efficacia d’impiego

Per Crosetto “la capacità di generare sicurezza, sia attraverso la deterrenza che attraverso l’impiego effettivo dello Strumento militare, è sempre stata strettamente correlata alla capacità di impiego in ambito militare delle innovazioni tecnologiche”.

Dal punto di vista militare, ha spiegato ai parlamentari, “siamo nel pieno di una nuova rivoluzione dettata dal tentativo di più potenze di raggiungere la supremazia nello sviluppo delle nuove tecnologie. La capacità autonoma di costruire sistemi a controllo remoto unitamente ai sistemi di difesa anti-droni, la possibilità di dotarsi di una propria e capacità cyber (sia offensiva che difensiva), il mantenimento di un sistema industriale aerospaziale in grado di garantire la possibilità di esprimere capacità militari in una frontiera così avanzata, lo sviluppo di sistemi e operazioni militari basati sull’impiego estensivo dell’Intelligenza Artificiale e delle nuove frontiere di calcolo, rappresentano solo alcuni degli elementi imprescindibili atti a garantire l’efficacia d’impiego delle Forze Armate”.

Militari impegnati in un’esercitazione cyber

Il raggiungimento di questo obiettivo è subordinato all’ottenimento di due condizioni.

1) Prima condizione: certezza e la stabilità dei finanziamenti. Serve certezza e stabilità dei volumi finanziari per l’ammodernamento delle capacità operative ad assicurare che i programmi rispondano alle esigenze delle Forze Armate. Solo il soddisfacimento di questa condizione, per il ministro, “può garantire la massima economicità, la valorizzazione delle capacità tecnologiche e industriali nazionali e un concreto supporto all’export”.

Per arrivare a questo, il passo più importante è quello di definire un nuovo modello di finanziamento del settore investimento della Difesa, basato su una “Legge triennale sull’investimento” e che accorpi in un’unica manovra i volumi finanziari relativi a 3 provvedimenti successivi, con profondità a 17 anni.

Tale intervento consentirebbe di supportare efficacemente la posizione nazionale ai tavoli internazionali dei vari programmi cooperativi, con positive ricadute sulle scelte di investimento ed occupazionali dell’Industria.

2) Seconda condizione: autonomia strategica nella ricerca scientifica e tecnologica. Per il ministro è “una sfida che vede il Sistema Difesa quale catalizzatore delle migliori energie creative, innovative e produttive del Paese. In questo ambito, deve proseguire l’impegno della Difesa nello sviluppo di programmi di ricerca scientifica e tecnologica che preservino la nostra autonomia strategica e l’importante ruolo dell’Italia nella comunità internazionale dei Paesi tecnologicamente evoluti. In questo senso, una base industriale solida e tecnologicamente avanzata, non vulnerabile a tentativi di penetrazione straniera ed in grado di sostenere la propria proiezione internazionale, non costituisce soltanto una leva economica, ma assume una valenza strategica per il Paese, presidio della sovranità tecnologica che si estrinseca attraverso capacità militari evolute”.

“E un dovere verso i nostri militari – ha ribadito il ministro – che con questi sistemi d’arma inviamo nel mondo a difendere, ancor prima che i nostri interessi strategici, il supremo interesse di pace e sicurezza. Equipaggiamenti ed armi non all’altezza dei compiti che assegniamo ai militari sono una condanna all’inefficacia e, ahimè come la storia insegna, essere inefficaci in battaglia ha conseguenze che nessuno vorrebbe mai provare”.

Inoltre, quando l’Italia si muove lo fa nel rispetto della Costituzione e del Parlamento.

“L’impiego delle nostre capacità militari – ha evidenziato il ministro – è sempre stato e sempre sarà legittimo e rispettoso dei principi sanciti nel Diritto Internazionale Umanitario e dei Conflitti Armati. Sono sempre aperto al dibattito, ma se qualcuno ha dubbi su questo non vedo un terreno fertile su cui intavolare una discussione produttiva”.

Inoltre, una larga parte del progresso della nostra società è “una traslazione civile di innovazioni militari. Internet, il sistema GPS, il Radar, i Gruppi di Lavoro multi-disciplinari, i velivoli commerciali e i loro sistemi di sicurezza, i droni sono solo alcuni esempi delle ricadute civili della ricerca a scopi militari”.

Per l’autonomia scientifica e tecnologica si deve partire dal rafforzamento delle sinergie tra il mondo accademico, i Centri di ricerca e il comparto industriale, non trascurando le piccole e medie imprese, le Start-Up e i gruppi informali di esperti.

Per Crosetto “occorre valorizzare al massimo le collaborazioni con il mondo accademico e quello industriale, evitando la dispersione di energie ed incoraggiando gli sforzi dell’industria verso la messa a punto di prodotti ad elevato potenziale di mercato e di reale interesse per lo Stato.

È necessario, inoltre, sviluppare un piano per il supporto dell’Industria nazionale, anche attraverso l’applicazione in ambito Difesa dei Poteri Speciali, la cosiddetta Golden Power, finalizzati alla tutela di asset e know-how strategici nazionali che, dato il contesto globale sempre più complesso e ibrido, sono oggi più che mai a fortissimo rischio di ingerenza straniera. Parte di questo piano sarà anche il rafforzamento degli accordi Gov-to-Gov, per aumentare la rilevanza del nostro export, colmando il divario commerciale e industriale nel confronto con altri Paesi”.

Obiettivo 3: Rapidità dei processi decisionali

“L’organizzazione delle Forze Armate è un’eccellenza nel panorama istituzionale nazionale – ha ribadito il ministro -. Leadership capace, processi certi e garanzia di risultato sono solo alcune delle caratteristiche che fanno di questa complessa organizzazione un modello di efficienza. Tra le sfide di cambiamento e trasformazione, questa, forse è quella che richiede l’approccio più rivoluzionario e asimmetrico, poiché le condizioni in cui tale obiettivo si declina sono tanto ambiziose quanto aliene al normale modo di pensare delle strutture militari. Ma pensare allo stesso modo di sempre significa essere fermi, o muoversi assai lentamente. E chi va lento in un mondo che corre, finisce relativamente sempre più indietro”.

“La prima di queste condizioni – ha proseguito – è quella di avvicinare le decisioni ai centri dove risiedono le competenze. Da un lato si rende necessario spostare in basso il punto in cui le decisioni vengono concepite, verso il luogo della struttura dove risiedono le conoscenze e le competenze relative ai temi specifici allo scopo di favorire l’innovazione e lo snellimento dei processi attraverso una logica bottom-up.

Dall’altro occorre spostare più in alto possibile il punto dove risiedono le conoscenze e competenze necessarie alla comprensione predittiva dei fenomeni e, conseguentemente, alla diffusione della vision multidominio”.

E il primo passo da fare è quello della revisione del modello organizzativo della Difesa affinché al modello tradizionale-gerarchizzato si affianchi e si integri un modello più incline a favorire l’innovazione.

A tale riorganizzazione dovrà corrispondere una revisione normativa che riconosca a tutti gli effetti la specificità d’azione del militare, soprattutto in quei contesti dove la rapidità decisionale si scontra con vincoli legislativi pensati per contesti non militari.

La seconda condizione da perseguire – ha ancora detto Crosetto – è quella di guadagnare e mantenere un vantaggio cognitivo, attraverso una supremazia informativa predittiva. Questo richiede un’ampia revisione delle metodologie di lavoro, ma, soprattutto, una netta apertura mentale all’innovazione continua. Tale approccio, come in parte già discusso, dovrebbe essere parte integrante del nuovo corredo genetico del personale della Difesa”.

Tra le linee d’azione necessarie vi è l’adozione di nuove metodologie di pensiero e di lavoro che perseguono la multidisciplinarietà anche attraverso la creazione di ambienti di lavoro condivisi ed aperti alla contaminazione di conoscenze e competenze esterne al perimetro della Difesa.

Obiettivo 4: Integrazione e leadership nei meccanismi di alleanza, coalizione e nei rapporti bilaterali.

La strategia di impiego dello Strumento Militare, in linea con il dispositivo normativo per le missioni militari approvato a fine luglio di quest’anno, si fonda sulla storica e radicata adesione del nostro Paese alle Organizzazioni internazionali di riferimento, ha ricordato il ministro, non tralasciando “la possibilità di cooperare, all’interno di coalizioni ad hoc, con Paesi e attori con i quali condividiamo interessi, rapporti di collaborazione o alleanze, nonché di sviluppare e sostenere iniziative di carattere bilaterale con Paesi di nostro immediato interesse.

Quale che sia la natura o la fattispecie della nostra partecipazione, il ruolo della Difesa italiana non può limitarsi meramente a quello di troops contributing nation (nazione contributrice di truppe). Deve aumentare la nostra rilevanza e la capacità autonoma di influenzare processi e operazioni in ambito internazionale, anche a mente di quanto previsto dall’articolo 3 del Trattato Atlantico ovvero che ogni Nazione deve mantenere e sviluppare la propria capacità individuale di resistere ad un attacco armato2.

Tale obiettivo si declina su due condizioni, ciascuna afferente a un livello organizzativo diverso: politico-militare ed operativo.

La prima condizione, pertanto, vede incrementare ulteriormente la capacità italiana di influenzare i processi decisionali politico-militari nei consessi internazionali cui partecipiamo.

In tale ambito vi sono segnali assai incoraggianti, primo tra tutti l’essere riusciti a far riconoscere dalla NATO la priorità del Fianco Sud nel nuovo Concetto Strategico.

“Di pari importanza – sostiene ancora Crosetto – è il nostro contributo nella stesura della Bussola Strategica in ambito UE. Considero questo un buon inizio. Ma occorre fare di più. Essere più coraggiosi e propositivi, soprattutto sul piano di coalizioni e rapporti bilaterali. Le prima linea d’azione in tale contesto è quella di assicurare la disponibilità di personale specificamente formato e addestrato per qualificare ulteriormente e a tutti i livelli la nostra presenza in seno alle alleanze/coalizioni di riferimento”.

L’efficacia delle relazioni internazionali passa anche da Esteri e Difesa, allargando il discorso con altri attori pubblici e privati e del cui potenziamento si farà promotore il Dicastero della Difesa.

La sede del Ministero della Difesa

Sul piano delle relazioni bilaterali occorre avviare un processo per rinvigorire ruolo e funzioni degli uffici militari presso le Ambasciate.

Per il ministro “l’efficacia di questi agenti di diplomazia militare risente in maniera assai penalizzante di un trend che ne ha affievolito le risorse disponibili (soprattutto umane) e, con esse, i potenziali ambiti di intervento. Occorre pertanto individuare delle soluzioni organizzative innovative per mettere a disposizione degli Addetti Militari competenze e risorse umane “operative” oggi accentrate nelle strutture di vertice delle Forze Armate2.

La seconda condizione è l’adozione di un postura più matura nei confronti delle operazioni militari, siano esse in seno all’Alleanza, in una coalizione o frutto di accordi bilaterali.

L’impiego di contingenti italiani all’estero è spesso subordinato ad un trasferimento di autorità verso un Comando designato che impiega i nostri militari e assetti secondo direttive ed obiettivi elaborati dal Comando multinazionale delle operazioni.

La capacità di comando e controllo nazionale è spesso limitata al solo rischieramento e sostentamento logistico delle Forze, con un minimo coinvolgimento nei processi di pianificazione delle operazioni.

“Il nostro personale – sostiene il ministro – viene inviato presso i citati centri di Comando multinazionali, ma si tratta di singole posizioni (spesso non in funzioni di leadership) e non espressione di una capacità nazionale di Comando e Controllo delle operazioni. Anche qui scorgo dei segnali incoraggianti, come il comando della NATO Training Mission in Iraq oppure la storica guida della missione in Libano e in Kosovo. Occorre, in primis, avviare un processo di revisione della postura con cui vengono generati i contributi nazionali alle operazioni internazionali, per arrivare a proiettare non più solo elementi di forza da asservire agli obiettivi elaborati da altri, ma moduli operativi, da integrare nel tessuto delle operazioni multinazionali, completi di capacità di pianificazione, esecuzione e gestione a 360° delle operazioni militari, inclusa la definizione e verifica degli obiettivi e degli effetti generati”.

Pattugliamento nel Sud del Libano

Discorso analogo si può fare per le missioni militari frutto di accordi bilaterali, dove si devono condividere gli interessi, i valori e gli obiettivi tra le due parti e il cui impianto operativo deve confrontarsi con l’ambiente di riferimento e con gli obiettivi ed effetti che in esso occorre perseguire.

“Tutto ciò può essere fatto solo a valle di una revisione della procedura di costruzione della Delibera Missioni – prosegue Crosetto – che deve essere la risultante di una visione unitaria delle relazioni internazionali e degli obiettivi strategici declinati a priori nella Strategia di Sicurezza Nazionale. Appare opportuno recepire talune modifiche che consentano:

  • una procedura autorizzativa della partecipazione agli impegni militari nell’ambito delle Organizzazioni internazionali, di cui il Paese fa parte, maggiormente flessibile e che tenga conto di possibili durate temporali che vanno ben oltre l’orizzonte annual
  • l’inserimento nella Delibera Missioni di bacini di personale, con orientamenti d’impiego per aree geografiche, da poter schierare, al manifestarsi di specifiche esigenze, quali “Ufficiali di Collegamento” presso gli organi e le istituzioni militari di Paesi d’interesse, tanto nell’ambito di missioni bilaterali e multilaterali, quanto in supporto agli Addetti Militari.

Obiettivo 5: Credibilità Strumento di Difesa

Per il ministro della Difesa, l’impiego in operazioni internazionali è, ad oggi, la principale occasione di feedback sull’effettiva capacità operativa dello Strumento Militare e “rincuora vedere ciò che sappiamo fare. Ma per quanto detto in precedenza, i futuri scenari di impiego saranno molto più complessi rispetto ai teatri operativi a bassa intensità fino ad ora affrontati. Occorre pertanto elaborare degli strumenti quantitativi e qualitativi che ci permettano di valutare l’efficacia operativa in assenza di un impiego effettivo dello Strumento Militare”.

La prima condizione da perseguire per assicurare credibilità allo Strumento Militare, pertanto, è quella del miglioramento e monitoraggio della performance addestrativa del personale.

“Il primo passo per arrivare a ciò – secondo il ministro – è il miglioramento della qualità e quantità delle attività addestrative complesse, nazionali e internazionali. Occorre quindi investire sul potenziamento delle strutture nazionali capaci di simulare le condizioni di impiego multidominio e, parallelamente, incrementare la partecipazione ad attività addestrative internazionali. Il passo più importante ai fini della misura dell’output effettivo dello Strumento Militare, è quello dello sviluppo di una capacità autonoma di valutazione. Questa, a similitudine di quanto la NATO fa per i singoli elementi inseriti nei bacini di risposta rapida, dovrebbe creare scenari esercitativi complessi per validare, a livello nazionale, la capacità complessiva del Sistema Difesa”.

La seconda condizione per la credibilità del Sistema Difesa è il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio delle consistenze organiche necessarie per assicurare i compiti istituzionali.

“Come prima cosa occorre avviare – secondo Crosetto – una riflessione sull’adeguata ripartizione delle dotazioni organiche del personale militare rispetto alle esigenze funzionali, in modo da orientare in maniera efficace le attività di modifica della normativa a valle della recente approvazione della legge numero 119 del 2022.

Ci si dovrà quindi occupare del contrasto agli effetti dell’invecchiamento del personale militare rispetto ad alcuni gravosi compiti da svolgere. Si tratta, in sintesi, di riequilibrare il rapporto tra competenze ed età media del personale attraverso alcune linee di azione come, fra quelle che reputo prioritarie, la revisione dei flussi di alimentazione e del bilanciamento tra forze in servizio permanente e ferma prefissata. L’attuale modello, basato essenzialmente sul meccanismo del transito in servizio permanente, preclude un regolare avvicendamento fra più anziani e giovani. Di contro, l’obiettivo dovrebbe essere di offrire ai giovani un’esperienza a tempo determinato, con un qualificato programma di sicurezza di reinserimento nel mondo del lavoro”.

Un’altra linea di azione consiste nella revisione dello strumento della riserva.

Negli ultimi 20 anni la “Riserva selezionata” ha arricchito i nostri contingenti con professionalità specifiche quanto mai necessarie anche negli scenari moderni: analisti, esperti di informatica ed elettronica e ad alcune figure nel campo ingegneristico.

Ufficiali della Riserva selezionato dopo il giuramento

Per il ministro “questo strumento va ora integrato, per numero e qualità, con un’ulteriore aliquota di completamento da alimentare sia con il personale che lascia il servizio attivo dopo una ferma prefissata sia, se necessario, con personale privo di pregresse esperienze militari”.

La terza condizione è la tutela e valorizzazione del personale attraverso cinque linee di azione che il Ministero della Difesa intende promuovere con e verso gli organi competenti, in un’ottica di reale e concreta attuazione della specificità del militare:

riforma del sistema pensionistico, indirizzata verso l’adozione dell’ipotesi di “previdenza dedicata”

– conseguimento di una piena equi-ordinazione in ambito Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico

– valorizzazione delle precipue funzioni, mediante la previsione di apposita tutela legale del militare

– miglioramento dei processi e gestione delle risorse umane. In tale ambito, occorre procedere con l’approvazione dei decreti delegati dalla legge numero 46 del 2022, al fine di dare concreta attuazione e piena operatività alle Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari

– procedere a nuove assunzioni del Personale Civile della Difesa, che ricopre un ruolo determinante non soltanto in ambito tecnico-amministrativo, ma anche all’interno delle strutture logistiche e industriali, con un decisivo supporto alle capacità operative delle Forze Armate.

La quarta condizione è l’integrazione del welfare state del personale del Comparto Difesa.

Per il ministro “il raggiungimento di tale condizione necessita di iniziative che tengano conto delle effettive e concrete esigenze del personale e dei loro famigliari. Un’innovativa e strutturata politica alloggiativa dovrà essere un fattore abilitante. In tale ambito, tenendo anche conto del lavoro svolto da queste Commissioni nel corso delle precedenti legislature, si dovrà lavorare alla definizione di nuovi processi e all’utilizzo di moderni strumenti che permettano di superare le attuali criticità”.

La quinta condizione è rappresentata dalla capacità dello Strumento Militare di promuovere e perseguire con convinzione i più alti obiettivi sociali per essere punto di riferimento e modello di cittadini e territori.

Per la Difesa si dovranno orientare comportamenti ed adottare iniziative in una logica di Green Defence attraverso:

– efficientamento energetico delle infrastrutture militari al fine di ridurre i consumi. Infrastrutture, mezzi e sistemi meno energivori o dipendenti da fonti non rinnovabili concorrono ad assicurare quella autonomia strategica cui ho già più volte accennato. Ovviamente, nel caso dei mezzi e sistemi da combattimento, tale orientamento non dovrà incidere sui loro requisiti operativi minimi

– strategica implementazione della produzione di energia da fonti rinnovabili mettendo a frutto le possibilità offerte dal vasto patrimonio immobiliare militare. I tale ottica si soddisferanno le esigenze, anche operative, della Difesa e, nel contempo, si contribuirà al fabbisogno energetico pubblico. In questo senso va letta la norma appena adottata “Contributo del Ministero della Difesa alla sicurezza energetica nazionale” di cui all’articolo 6 del decreto legge 18 novembre 2022, numero 176 convertito con la legge 13 gennaio 2023, n. 6. In sintesi totale indipendenza energetica in due anni

– razionalizzazione e l’ottimizzazione degli spazi, anche in chiave interforze, allo scopo di favorire una piena valorizzazione del patrimonio immobiliare della Difesa, quale asset volano per gli investimenti pubblici e privati capaci di supportare le opportunità di crescita dei Territori e più in generale del Paese.

La sesta ed ultima condizione da perseguire è lo sviluppo e la diffusione di una Cultura della Difesa.

La definizione e diffusione della “Cultura della Difesa” assume prioritaria importanza, fin da subito, all’interno della programmazione strategica dei competenti attori istituzionali.

Per il ministro “in questo rinnovato contesto dovrà cambiare la percezione dello Strumento Militare nazionale: da efficiente e apprezzato in tutto il mondo, ma costoso a efficace e apprezzato in tutto il mondo, utile alla tutela degli interessi nazionali quale strumento di politica estera nonché formidabile volano di crescita per il Paese. A tale scopo si dovrà creare una mutua contaminazione reciprocamente vantaggiosa con il mondo civile, attraverso un sistema dinamico di relazioni con i principali attori istituzionali, con la società e con il mondo del lavoro”.

Per arrivare a ciò occorre divulgare la consapevolezza che gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore risultano fecondi non solo per la Difesa sotto il duplice profilo dell’operatività dello strumento militare e dello sviluppo industriale, ma anche per il sistema paese in termini di incremento dei livelli occupazionali, di sviluppo complessivo del sistema industriale, di leadership tecnologica, di incremento della crescita e dunque delle entrate.

Inoltre, occorre poi promuovere ed essere protagonisti a livello nazionale di un percorso di comunicazione che valorizzi al massimo le capacità della Difesa che potrebbero essere oggetto di collaborazione con le altre Agenzie statali.

Questa la lista del ministro:

– funzioni industriali sia all’interno delle strutture dipendenti dai Comandi logistici di Forza armata quali arsenali, poli di mantenimento e centri specialistici sia con gli stabilimenti dall’Agenzia industrie difesa

– funzioni sanitarie, talune delle quali a carattere esclusivo, anche a tutela della disabilità, attraverso le strutture della sanità militare, già protagonista di un formidabile sostegno al Servizio sanitario nazionale in occasione dell’emergenza pandemica

– funzioni formative attraverso gli Istituti di formazione delle Forze armate, la Scuola di formazione della difesa (DIFEFORM), i licei militari e l’Università della Difesa presso il Centro Alti Studi per la Difesa (CASD)

– funzioni giurisdizionali mediante le strutture della magistratura militare

– funzioni di ricerca, sviluppo e innovazione attraverso le strutture preposte del Segretariato generale e dello Stato Maggiore della Difesa

– innumerevoli “funzioni in concorso” svolte dalle Forze Armate nell’ambito della tutela ambientale e a sostegno della Protezione Civile e dell’Amministrazione dell’Interno.

Infine, sempre relativamente alla Cultura della Difesa, per il ministro Guido Crosetto, emerge anche il ruolo fondamentale della comunicazione istituzionale nella sua corretta diffusione sia a livello istituzionale sia nella collettività.

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