Semestre europeo, Bulgaria e Austria alla guida di un’Unione dove i cittadini dell’Est chiedono più attenzione

Di Valeria Fraquelli

Sofia. E’ iniziata ieri la prima presidenza bulgara dell’Unione Europea. Si tratta di una grande novità perché il Paese è stato uno degli ultimi ad entrare a fare parte del progetto comunitario e, fino ad ora, aveva avuto un ruolo tutto sommato marginale nel processo decisionale europeo.

Partito il semestre europeo a guida bulgara

L’Unione Europea sta lentamente prendendo in considerazione anche le istanze dei Paesi dell’Est del Continente che in molti casi avevano lamentato di sentirsi esclusi dalle decisioni più importanti e dagli incontri che contano.

La Bulgaria riceve il testimone da un altro Stato da poco entrato a fare parte del progetto europeo, l’Estonia,. Un piccolo paese affacciato sul Mar Baltico, snodo fondamentale di molti traffici commerciali da per tutto il Nord Europa.

È innegabile che i Paesi dell’Est stiano crescendo e vogliano potere contare e fare sentire anche la loro voce. I cittadini che vivono in questi Paesi sono stanchi di essere considerati europei di serie B e di questo bisognerà per forza tenere conto.

Il vero banco di prova per la tenuta dell’Unione Europea sarà invece il secondo semestre, quando la presidenza passerà all’Austria e quindi al suo Governo di destra ed estrema destra che a molti a Bruxelles non piace e stanno chiedendo di boicottare.

Si temono politiche troppo restrittive soprattutto per quanto riguarda l’immigrazione e la libertà di circolazione; la paura è che l’Austria decida di allinearsi ai Paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad e decidere così di chiudere le frontiere e non accogliere neanche quel numero di rifugiati previsto dal sistema delle quote. In realtà, le politiche restrittive in Austria sono già presenti da qualche tempo, basta ricordare la disputa con l’Italia per il confine del Brennero e sono state pensate e realizzate da quei partiti tradizionali che sono molto graditi ai vertici dell’Unione Europea.

Se la presidenza austriaca dividerà l’Unione Europea e riporterà a galla nazionalismi mai sopiti vorrà dire che è tutto il sistema comunitario che deve essere cambiato ed adeguato alle nuove sfide che si devono affrontare in questo ventunesimo secolo. Il fatto che populismi di vario genere stiano emergendo in molti Stati europei, e non solo in Austria, significa che qualcosa non va e che il progetto comunitario non è più adeguato per fare fronte alle esigenze dei cittadini e deve essere da sprone per modificare le storture e capire cosa si aspettano davvero, da Bruxelles, gli europei.

Sul tavolo rimangono da risolvere i problemi più urgenti: la questione dei migranti e la revisione del sistema d’asilo europeo che di sicuro è la cosa che preme di più all’Austria e dai Paesi del gruppo di Visegrad, la Brexit con tutti i negoziati ancora in fase iniziale e da definire al più presto, la riforma della zona euro con tutte le sue ricadute importanti per l’economia e il futuro della stessa Unione Europea dopo il 2020.

L’orizzonte che si apre nel 2018, l’ultimo anno utile prima delle elezioni europee del 2019, per l’Unione Europea è più che mai un rebus.

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