Ciad: il rombo di aerei francesi sulla capitale N’Djamena, ultimo baluardo di Parigi nel Sahel

Report Difesa pubblica in collaborazione con l’Agenzia Dire questo reportage sulla situazione in Ciad, dopo il colpo di Stato in Niger dello scorso 26 luglio.

Di Vincenzo Giardina*

N’DJAMENA (CIAD). Sulla piscina dell’hotel ‘La Tchadienne’ plana il rombo dei caccia.

Sono francesi, come i soldati sulle sdraio dell’albergo e i commilitoni in mimetica ai tavoli del disco-pub ‘Perceptions’, non lontano dal Palais présidentiel, sulla riva destra dello Chari, nella capitale N’Djamena.

Per partecipare alla serata rock & blues e hip-hop bisogna superare i metal detector all’ingresso del locale.

Sono garanzie di sicurezza aggiuntive per i francesi, alleati numero uno di Mahamat Deby Itno: un Generale che ha preso il potere alla morte del padre-presidente sospendendo la Costituzione, ma che per Parigi resta dalla parte giusta.

A differenza dei militari golpisti del Niger.

Il Generale Mahamat Deby Itno

“Questo è un momento delicato” si confida un diplomatico europeo mentre sulla pista da ballo si fa avanti una coppia dai tratti asiatici: “I francesi hanno investito troppo nel Niger e non possono perderlo; nella regione del Sahel ormai il Ciad è rimasto il loro ultimo baluardo”.

Da quando nel 1960 N’Djamena è divenuta indipendente, nei confronti della sua ex colonia Parigi ha mantenuto una forma di tutela. Il Ciad doveva restare un alleato chiave nella regione del Sahel, sia sul piano politico che su quello militare.

La cartina del Ciad

La presenza dei soldati francesi è stata una costante.

Nel 1986 Parigi lanciò l’operazione ‘Eparvier‘ per salvare il presidente Hissene Habré, un golpista che aveva aiutato a prendere il potere e che anni dopo sarebbe stato condannato all’ergastolo da un tribunale panafricano per crimini contro l’umanità.

Allora l’intervento francese permise di respingere un’offensiva militare ordinata dal colonnello libico Muammar Gheddafi: fu la cosiddetta “guerra delle Toyota”, con i pickup con le mitragliatrici sul pianale di carico a sfidarsi nel Sahara.

Un altro golpe, quello del 1990 di Idriss Deby Itno, il padre dell’attuale generale-presidente, era stato messo a segno senza che Parigi si opponesse.

In seguito, nel 2008 e nel 2019, i servizi di intelligence e i bombardamenti francesi avevano bloccato la strada alle colonne dei ribelli che minacciavano N’Djamena.

Il golpe del 26 luglio in Niger ha seguito quelli in Mali e in Burkina Faso e non è stato il primo colpo al sistema di alleanze di Parigi.

Uno di troppo, forse: ed è con un’iniziativa guidata dai Paesi più vicini ai francesi che la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) minaccia un intervento militare nel caso a Niamey non sia ripristinata la legalità costituzionale.

Il Generale di Brigata Abdourahamane Tiani a cpo dei golpisti in Niger

La tensione è alta e, conferma il diplomatico, “ai militari prudono le mani”: proprio oggi scade l’ultimatum rivolto dalla giunta perché l’ambasciatore di Parigi lasci il Niger.

Mohamed Bazoum, il presidente deposto dai golpisti di Niamey, era alleato di riferimento dei francesi.

Era fondamentale sia per la stretta sui migranti in transito verso l’Europa, sancita da leggi ad hoc, sia sul piano energetico, perché continuava ad assicurare le esportazioni dell’uranio nigerino destinate alle centrali nucleari d’Oltralpe.

L’ex Presidente Mohamed Bazoum

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