Guerra russo-ucraina: Putin probabilmente otterrà qualcosa, ma il prezzo sarà salato

Di Fabrizio Scarinci

Kiev. La poderosa offensiva aero-missilistica lanciata da Mosca nelle prime ore del conflitto ha certamente conferito alle forze d’invasione russe una significativa superiorità operativa nei confronti dei loro avversari.

Stando ai dati diffusi dal Cremlino (da prendere comunque con le pinze), nei vari attacchi di questi giorni sarebbero, infatti, stati colpiti (e in parte neutralizzati) oltre 800 obiettivi militari, tra cui aeroporti, sistemi antiaerei, basi terrestri, centri di comando e controllo, depositi di munizioni e unità navali ancorate nei porti.

Un Sukhoi Su-34 Fullback dell’aeronautica russa. Secondo varie fonti alcuni di questi aerei avrebbero preso parte alla campagna militare in Ucraina

Tra i vari risultati ottenuti da Mosca con queste azioni vi sarebbero il pressoché totale annientamento della piccola flotta di Kiev (che, malgrado i suoi problemi e le sue scarse capacità, avrebbe comunque potuto costituire un fastidio per le unità della marina russa operanti nel Mar Nero) e un notevole indebolimento delle forze aeree e anti-aeree ucraine, che, già prima della guerra, soprattutto a causa della difficile situazione finanziaria del Paese, dovevano accontentarsi di una prima linea di velivoli da combattimento composta da soli 32 caccia Sukhoi Su-27, 37 MiG 29, 15 cacciabombardieri Sukhoi Su-24 e 12 “assaltatori” Sukhoi Su-25 (molti dei quali caratterizzati, peraltro, da una scarsissima prontezza operativa) e di una componente superficie-aria non proprio allo stato dell’arte (anche se comunque numerosa e supportata da una vasta rete di “early warning radar”).

Un MiG 29 Fulcum dell’aeronautica militare ucraina

Tuttavia, benché presumibilmente considerevole, la disarticolazione delle difese aeree ucraine non risulterebbe ancora essere totale, e quantunque l’aeronautica di Mosca sia riuscita, almeno in teoria, ad acquisire la possibilità di operare in modo relativamente consistente, negli ultimi giorni diverse batterie di missili SAM (e persino qualche caccia) di Kiev sarebbero comunque entrati in azione (causando, forse, anche la perdita di qualche aereo nemico).

In aggiunta a questo, sembrerebbe anche che, almeno finora, il supporto dato dall’aviazione del Cremlino alle proprie forze di terra non sarebbe stato né particolarmente intenso, né dei più efficaci.

Alcuni osservatori ricollegano questa circostanza alla “storica” preferenza russa per il fuoco di supporto fornito dall’artiglieria, che, come dimostrato dagli impressionanti sistemi di cui è dotata, sarebbe tenuta in grandissima considerazione dai militari di Mosca.

Lanciarazzi multipli TOS 1A. Dotati di razzi a testata termobarica, questi mezzi costituiscono uno dei fiori all’occhiello dell’artiglieria di Mosca

Nondimeno, averla a disposizione a ridosso del fronte o al fine di supportare azioni d’attacco in profondità non è sempre possibile, e qualora non vi fosse neanche un efficace supporto aereo il rischio di fallire diventerebbe piuttosto elevato.

Una situazione simile potrebbe, tra l’altro, essersi verificata proprio tra il 24 e il 25 febbraio nei pressi dell’aeroporto internazionale di Hostomel,  conquistato mediante un eli-assalto da parte degli Spetsnaz (essenzialmente con l’obiettivo di velocizzare l’arrivo delle truppe russe nella zona Kiev) e successivamente ripreso (anche se, a quanto pare, non completamente) dalle forze dell’esercito ucraino.

Unita alle forti difficoltà incontrate dalle colonne corazzate e meccanizzate russe durante la loro avanzata verso Kiev e all'”ardito” lancio di missili balistici Tochka sulla base aerea russa di Millerovo (che avrebbe causato la distruzione di alcuni Su-30), la parziale riconquista dello scalo ha certamente giocato un ruolo di primo piano nel riaccendere le speranze degli ucraini, che inizialmente tutti avevano dato per spacciati.

Dopo una prima frastornante giornata di guerra, infatti, il popolo si è massicciamente mobilitato e la resistenza all’invasione da parte dell’esercito si è progressivamente intensificata in ogni settore.

Insieme alla ferma reazione dell’Occidente, che pur non intervenendo militarmente, ha predisposto l’invio di armi e imposto durissime sanzioni nei confronti della Federazione Russa, questa inedita situazione sul campo potrebbe, effettivamente, aver avuto qualche effetto anche sullo stesso Vladimir Putin, che probabilmente non immaginava di avere davanti a sé un avversario così tenace.

Nel corso degli ultimi giorni, infatti, avendo, forse, compreso che gli scontri sarebbero durati più a lungo del previsto, il leader del Cremlino ha dapprima invitato i militari di Kiev a deporre il Presidente Zelensky, per poi lasciar trapelare una certa disponibilità a riaprire il dialogo.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky

A parere di molti osservatori, tuttavia, tali aperture (che si sarebbero, al momento, concretizzate in un incontro tra le due parti da tenersi sul confine tra Ucraina e Bielorussia) non sembrerebbero affatto uno strumento finalizzato a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative, quanto piuttosto un mezzo attraverso il quale Putin mirerebbe a presentarsi agli occhi del mondo (e, in particolar modo, a quelli della sua opinione pubblica interna) come il classico “attore razionale” costretto ad agire in modo risoluto a causa dell’intransigenza di una controparte irrazionale.

Del resto, anche al netto delle difficoltà riscontrate nel corso degli ultimi tre giorni, considerando l’indiscussa superiorità operativa di cui godono i russi (che sarebbero comunque arrivati ad assediare Kiev e, seppur molto a rilento, starebbero avanzando anche nei settori orientale e meridionale) risulta piuttosto difficile immaginare che Putin possa scegliere di far cessare i combattimenti senza ottenere dagli ucraini una lauta contropartita.

Di conseguenza, è altamente probabile che, malgrado l’eroica resistenza mostrata finora, a meno che non non ricevano ingentissimi quantitativi di armamenti dall’estero (o non si pervenga ad un accordo internazionale più ampio), le forze convenzionali ucraine siano destinate (se non nel breve, nel medio termine) ad essere sopraffatte.

Ovviamente, le conseguenze di una simile eventualità non sono ancora del tutto chiare (in linea di massima dovrebbero dipendere da quali risultati i russi effettivamente otterranno sul campo), anche se, per quanto ne sappiamo al momento, potrebbero consistere tanto in un semplice cambio di regime accompagnato da limitatissimi mutamenti territoriali, quanto in una vera e propria partizione del Paese (con la parte orientale che andrebbe ai russi e la parte occidentale che resterebbe libera o finirebbe sotto un governo fantoccio).

Quel che è certo, però, è che se i russi arrivassero ad occupare territori ostili alla loro presenza o ad instaurare a Kiev una sorta di governo fantoccio, potrebbero essere costretti a fronteggiare per anni una forte resistenza supportata dall’Occidente, che, insieme alle sanzioni, potrebbe costituire per Mosca un problema di non poco conto.

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