Di Arianna Briganti*
ROMA. La schiavitù moderna è un fenomeno globale, sostenuto da un modello economico che alimenta un business monopolistico, competitivo e altamente remunerativo.
Questo modello commerciale che, nel 2021 ha ridotto in schiavitù circa 50 milioni di persone in tutto il mondo, si alimenta di disuguaglianze sociali, vulnerabilità umane, povertà materiale, violenza, conflitti e tecnologia.
Secondo l’indagine del Global Estimates of Modern Slavery Report (2022) su 50 milioni, 27.6 milioni sono ai lavori forzati e 22 milioni in matrimoni forzati.
Più di 12 milioni di persone sono bambini; oltre la metà sono donne.
I lavoratori migranti hanno tre volte più probabilità di trovarsi in condizioni di lavoro forzato rispetto ai non migranti.
La schiavitù moderna genera profitti fenomenali mantenendo vivo un modello economico che vende gli esseri umani come prodotti.
L’ILO (International Labour Organization) ha calcolato che il lavoro forzato genera guadagni annuali di 150 miliardi di dollari, di cui 99 miliardi provenienti dallo sfruttamento sessuale e 51 miliardi derivanti dallo sfruttamento economico forzato, compreso il lavoro domestico, nell’agricoltura e in altre attività economiche.
Coadiuvate dalla tecnologia che rende più facile riciclare i proventi di reato, entrate impressionanti si muovono quasi senza vincoli, all’interno del mercato globale.
Outlaw Ocean Project descrive come giovani uomini vengano comprati e venduti come animali, costretti a lavorare giorno e notte a bordo di pescherecci non registrati, fatiscenti e malsani.
Picchiati e malnutriti vivono intrappolati in un sistema di lavoro chiamato “viaggia ora, paga dopo” che richiede di lavorare per ripagare il debito contratto per emigrare.
Secondo l’IOM (International Organization for Migration) in questo momento storico le persone stanno migrando più che mai.
Fuggono da conflitti come quelli in Afghanistan, Siria, Somalia e Iraq.
Migranti, richiedenti asilo e rifugiati subiscono discriminazioni, compreso l’accesso limitato ai servizi e alla protezione, aumentando il rischio di diventare vittima di tratta. Come sempre, le più vulnerabili sono ragazze e donne.
L’Afghanistan è al nono posto fra i Paesi con la più alta prevalenza di persone in schiavitù moderna.
Le vittime di tratta sono principalmente donne e ragazze a scopo di sfruttamento sessuale, lavoro forzato, rapimenti per matrimonio forzato, servitù, espianto di organi e reclutamento di bambini-soldato.
Quando i talebani sono tornati al potere, hanno smesso di riferire sulle vittime della tratta.
La crisi umanitaria che colpisce il Paese, con insicurezza alimentare, un altissimo numero di sfollati e povertà assoluta, ha aumentato il verificarsi delle peggiori forme di lavoro minorile.
Con Nove Onlus proteggiamo i diritti dei bambini, delle persone con disabilità e di tutti coloro la cui libertà è minacciata e potrebbero diventare vittime di tratta.
L’approccio olistico che adottiamo in Afghanistan contribuisce a sostenere la parte più vulnerabile della popolazione, vittime o potenziali vittime di forme di schiavitù moderna, lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, i matrimoni precoci, la servitù sessuale e domestica e il traffico di organi.
Il nostro progetto “Dignity” offre alle famiglie estremamente vulnerabili un sostegno mirato alle loro esigenze individuali comprensivo di formazione e studio.
Diamo priorità alle donne capofamiglia per ridurre il rischio della vendita delle bambine per sfamare il resto della famiglia.
Allo stesso modo, il progetto “Caring for Women in Emergency” sostenuto da OPM Tavola Valdese, mira ad arrestare la discesa in un vortice di povertà e violazioni dei diritti dal quale molte donne non riescono più ad uscire da sole.
Grazie ad OTB Foundation sosteniamo l’Orfanotrofio di Kapisa.
La vulnerabilità dei ragazzi li espone al rischio di essere reclutati come bambini-soldato o per la servitù sessuale.
La cattiva gestione degli orfanotrofi, specialmente in un periodo come questo, può creare un mercato che aumenta il traffico all’interno delle strutture di accoglienza per orfani.
*Co-fondatrice e vice presidente di NOVE Onlus, specialista in schiavitù moderna, giustizia di genere e anti corruzione
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