Guardia di Finanza: Fiume d’Istria 1924. Cento anni fa il ritorno all’Italia. Il ricordo di Gabriele D’Annunzio, poeta, soldato e Appuntato ad honorem delle Fiamme Gialle

Di Gerardo Severino*

FIUME (CROAZIA) – nostro servizio particolare. Non è compito del presente saggio ricordare la figura di Gabriele D’Annunzio nella sua interezza, trattandosi di un personaggio poliedrico, uno dei più grandi scrittori che caratterizzò la Letteratura italiana e internazionale, a cavallo fra Ottocento e Novecento.

Il suo fine è, infatti, quello di ricordare quanto Egli ha rappresentato – e rappresenta ancora – per la Guardia di Finanza, naturalmente per le ragioni che andremo a breve a documentare [1].

Gabriele D’Annunzio col suo amato cappello alpino, lo stesso indossato allora anche dalle Fiamme Gialle

Non potevano, quindi, non partire che dalla stessa provincia pescarese, ove l’illustre “Poeta Soldato” nacque il 12 marzo 1863, il quale ebbe con le Fiamme Gialle un rapporto davvero privilegiato, peraltro avendole anche citate in alcuni suoi rinomati racconti.

È il caso di quando la sua città natia fu chiamata ad apprezzare la ferrea azione di controllo che i Finanzieri avevano assicurato nel Porto-canale di Pescara durante l’emergenza del colera, epidemia scoppiata durante l’estate del 1884, così come in quello successivo, e che avrebbe determinato una più incisiva vigilanza sanitaria negli scali toccati dalle navi mercantili provenienti dal Sud [2].

Il Gabriele D’Annunzio che vogliamo ricordare in queste pagine è, però, il D’Annunzio uomo d’azione: l’uomo “al limite della leggenda”, che dal discorso interventista di Quarto, del 5 maggio 1915, alla mutilazione all’occhio destro mentre ritornava dal bombardamento dei cantieri di Trieste, alla fulgide imprese di Cattaro, di Buccari, del volo su Vienna, nel corso della “Grande Guerra” e della marcia di Ronchi, seppe essere un Cavaliere, un Fante, un Marinaio ed un Aviatore, meritando peraltro ben 2 medaglie d’oro al Valor Militare, tre d’argento e una di bronzo.

Gabriele D’Annunzio sul suo celebre aereo SVA

Che dire, poi, della sua nomina ad Appuntato ad Honorem della Regia Guardia di Finanza e del motto che Egli stesso scelse per le sua amate Fiamme Gialle?

Di questi e altri argomenti tratteremo in questo articolo, utilizzando sia i suoi scritti originali, oggi conservati presso il glorioso Museo Storico del Corpo, sia i contributi offerti dalla pubblicistica militare propria della Guardia di Finanza.

Ci auguriamo, in ogni caso, di aver reso giustizia ad un nostro sincero amico, ad un uomo che col grado di Appuntato avrebbe fatto per sempre parte – e questo lo sapeva ancora in vita – della Guardia di Finanza, Corpo militare che, come approfondiremo meglio nelle righe che seguiranno, non lo dimenticò  dopo la sua scomparsa, nel 1938, ma nemmeno nel presente.

Gabriele D’Annunzio e le Fiamme Gialle a Fiume (1919 – 1924)

Per meglio comprendere come si ebbe a consolidare il fortissimo legame del Vate con le Guardie di Finanza, non possiamo fare a mano di ricostruire, seppure brevemente, cosa accadde a Fiume d’Istria oltre un secolo fa.

Gabriele D’Annunzio alle Fiamme Gialle: Onore di Fiume

Ebbene, in linea generale, la Storia d’Italia ci ricorda che con il Trattato di Londra del 1915 era stato convenuto fra gli Alleati e l’Italia che, una volta terminata la Prima Guerra mondiale, la città di Fiume sa­rebbe stata assegnata alla Croazia.

Da qui, purtroppo, sorsero tutte le future problematiche che avrebbero innescato la leggendaria Impresa Dannunziana.

Alla fine del 1918, due erano i Comandi militari stanziati in Fiume: uno interalleato, con a capo un Generale ita­liano, l’altro francese.

Nel frattempo, le interminabili discussioni che si svolgevano a Parigi stavano esasperando il patriotti­smo dei fiumani.

Nella capitale francese, peraltro, fu deciso che i Carabinieri, che vi erano intanto giunti con il contingente italiano, fossero sostituiti, nei servizi di polizia, dalla Gendar­meria inglese ovvero dai soldati americani.

Si dovesse poi eleggere un Governo provvisorio.

E della regolarità delle elezioni e del­l’ordine pubblico dovesse risponderne un’apposita Commissione in­teralleata composta di quattro Generali, uno per cia­scuna delle potenze alleate ed associate.

Non solo, ma le truppe ita­liane, dovevano essere ridotte alla sola Brigata di Fanteria “Regina”, la quale avrebbe lasciato un solo Battaglione in città, operando così con un Battaglione francese e uno inglese, mentre il resto del Regio Esercito doveva restare sulla linea di armistizio.

Incaricato dell’esecuzione di tali  ordini, per quanto si riferiva all’Italia, fu il Ge­nerale Pittaluga.

A questo punto, la situazione già alla fine di agosto del 1919 era diventa molto difficile, anche perché la popolazione fiumana si era decisa a resistere, tanto da formare un Battaglione di volontari posto agli ordini del Capitano Host Venturi.

Le energiche disposizioni impartite dal Generale Pittaluga riuscirono, almeno per qualche giorno, ad evitare disordini, tanto che si pensò anche di allontanare dalla città le truppe esuberanti, fra cui i Granatieri di Sardegna.

Mentre sembrava che tutto si stesse svolgendo secondo gli ac­cordi intervenuti fra i rappresentanti delle Grandi Po­tenze vincitrici riuniti a Parigi, quando Gabriele  D’Annunzio, d’intesa con il Maggiore Reina, dei Granatieri di Sardegna, da Ronchi, ove essi erano accampati molti volontari provenienti da varie località italiane, marciò sulla città.

Ottenuto dal Gene­rale Pittaluga che questi gli rimettesse il Comando, Gabriele D’Annunzio as­sunse il Governo della città, da cui poco dopo partivano tanto gli inglesi che i francesi, avendo, il Gover­no italiano, avocato a sé la definizione della situazione e garantito l’osservanza degli accordi che sarebbero stati presi in merito alla definitiva sistemazione di Fiume.

L’epilogo dell’Impresa Fiumana porta la data del 25 dicembre del 1921, allorquando le truppe del Generale Caviglia, vinto un tentativo di resistenza dei volontari, occuparo­no Fiume in esecuzione degli ordini del Governo, presieduto allora da Giovanni Giolitti.

Giovanni Giolitti

Nello specifico, invece, è veniamo finalmente al rapporto tra D’Annunzio e le Fiamme Gialle, ricordiamo che alla città di Fiume è legato il ricordo di due Compagnie della Regia Guardia di Finanza: la 30^, che aveva fatto parte dell’indomito 10° Battaglione, la quale era diventata “Autonoma” allorquando il Reparto era stato sciolto, nel luglio 1916, e la 9^, già del disciolto 3° Battaglione mobilitato, reduce dalla Val di Ledro, dove aveva combattuto con grande valore, così come pure si era comportata nei successivi fasti che avrebbero condotto le Armi italiane alla vittoria finale.

Gabriele D’Annunzio parla ai Finanzieri  (Fiume, 3 ottobre 1919)

Subito dopo l’armistizio, la 30^ Compagnia fu destinata al Cam­po di concentramento Prigionieri della III Armata, a Scorzè (Veneiza) e colà raccolse, smistò, sfamò, vigilò e scortò circa 100 mila pri­gionieri, con un lavoro grave e sfibrante.

Aveva appena assolto il suo difficile compito, quando il Reparto fu inviato d’urgenza a Fiume.

Dopo tre lunghi giorni di marce ininterrotte e defatiganti fino a Portogruaro, località dalla quale proseguì poi in treno alla volta di Fiume, dove giunse il 10 dicembre 1918.

In quella città, la 30^ Compagnia fu messa alla diretta dipendenza del Generale Grazioli, Comandante del Corpo di Occupazione interalleato, ed assunse così il compito della vigilanza nel porto e della Polizia Militare lungo la costa che va da Contrida alla baia di Val di Basso, coadiuvato da un M. A. S.

Fu pure incaricata della creazione e della reggenza di una “Dogana interalleata”, mentre il suo Comandante, Capitano Sepe, fu nominato presidente della Commissione inte­ralleata di Polizia portuaria, alla quale partecipavano un Capitano inglese, uno francese e un Tenente americano, con  truppe delle relative Nazioni.

L’opera della 30^ Compagnia, che il 1° luglio 1919 venne aggregata amministrativamente al 1° Battaglione, che presidiava Abbazia, fu altamente lodata in ogni occasione, mentre il Generale Marietti, che in aprile la ispezionò e ne controllò il servizio, riferì al Comandante delle Truppe interalleate in modo lusinghiero.

Ben presto, però, la situazione generale dell’ordine pubblico precipitò.

La sera del 2 luglio 1919 numerosi colpi di facile, di petardi e di bombe investirono le principali vie della città martire.

Erano i Croati e le truppe francesi di colore che spa­ravano sulla popolazione inerme e sulle sparse truppe italiane.

Il Comandante della Regia Nave “Dante”, intuito il grave pericolo, fece suonare le sirene di bordo, chiamando a raccolta le truppe nelle ca­serme, assumendo nel contempo un primo atteggiamento di reazione, inviando a terra un Plotone di Marinai in aiuto alle nostre truppe.

Un forte numero di croati e di francesi, ben trincerati in un punto di Porto Baros, aprì un nutrito fuoco contro i Mari­nai, appena questi giunsero allo scoperto sul Molo.

Cercarono essi di ripararsi dietro il Molo stesso, ma dal pericolo concreto li tolse proprio una coraggiosa Guardia di Finanza, Salvatore Izzo.

La Fiamma Gialla, che si trovava di servizio, si appostò die­tro un capace pilastro ed aprì così un rapido fuoco contro i nuovi “ne­mici”.

Ogni colpo andava a segno, tanto che, consumate le proprie cartucce, il Finanziere ne ebbe gettate abbondantemente dai vicini Marinai.

Assieme a loro continuò a sparare, costringendo sia i croati che i francesi, che subirono varie perdite, a ritirarsi.

Lo stesso Izzo, unitamente ai Marinai corse poi in città, contribuendo, con le altre truppe, fra cui altre Guardie di Finanza, a ristabilire l’ordine.

Come ci ricorda la Storia del Corpo, l’ammirazione di tutto l’equipaggio della Regia Nave “Dante”, per l’eroico comportamento del Finanziere Izzo fu grandissima, anche se di ricompense non ricevette, tranne un elogio verbale da parte dello stesso Comandante della Regia Nave.

Il 15 luglio giunse a Fiume anche la citata 9^ Compagnia, la quale, unitamente alla 30^, costituì un unico Battaglione.

Intanto, come si è ricordato prima, avveniva la ridu­zione delle forze italiane, partenti dalla città martire fra il la­cerante strazio della popolazione.

Durante tale periodo, il contegno e l’opera dei Finanzieri era stata comunque ammirato dalle autorità e dalla stessa cittadinanza.

Il 12 settembre 1919, Gabriele D’Annunzio, con piccoli nuclei di Granatieri Fanti e Arditi, entrava in Fiume col propo­sito di occupare militarmente la città e dichiararla per volontà di popolo annessa all’Italia.

Gabriele D’Annunzio a Fiume

Gli ufficiali del Battaglione di Finanza, intuendo subito l’importanza dell’impresa, dopo un attento esame della situazione generale, decisero di porsi con tutti i loro dipendenti agli ordini del nuovo Comandante.

Questi, confermava il Reparto nei delicati servizi sino a lì svolti, con accentuazione alla sorveglianza importantissima ai magazzini del Punto Franco, prova questa della grande fiducia che godeva nei riguardi del Corpo.

Intanto numerosi Finanzieri, soprattutto quelli operanti nei Reparti vicini, appresa la notizia, accorsero a Fiume, mettendosi così agli ordini del Comandante.

Furono tutti aggregati alle due Compagnie, le quali, in verità, si sarebbero trovate in grave imbarazzo, quando pervenne il “Bando” del 14 settembre a firma del Generale Gandolfo, il quale imponeva, entro le 24 ore del giorno 18, ai Reparti ed ai militari isolati di Fiume di rientrare ai rispettivi Corpi.

Per fortuna sopraggiunse un successivo ordine, con cui si spiegava che le predette Compagnie, comandate a Fiume d’ordine del Comando Supremo, dovevano continuare a prestarvi il loro servizio d’istituto, così come peraltro era pure gradito allo stesso Consiglio Nazionale Fiumano.

Fu così che il 20 settembre le Fiamme Gialle, al pari di tutte le truppe dislocate nel territorio di Fiume, prestavano solennemente questo pubblico giuramento: “Giuriamo di essere, ora e sempre, fedeli alla causa di Fiume per l’onore e la gloria d’Italia” quindi le medesime sfilarono davanti al Poeta Soldato.

Il 20 ottobre successivo, D’Annunzio visitò il Battaglione dei Finanzieri, mentre il giorno dopo agli ufficiali toccò l’onore di avere alla loro mensa il Comandante, accompagnato dal suo ufficiale d’ordinanza e dal suo Segretario particolare, la medaglia d’oro al Valor Militare Igliori.

La riunione si svolse in piena cordialità e il Comandante pronunziò un elevato discorso in onore della Regia Guardia di Finanza, ricordandone i meriti acquisiti durante la recente guerra e le benemerenze del tempo di pace.

Terminava inviando un fervido “Alalà” a tutte le Fiamme Gialle d’Italia, e inneggiando alla Patria e al suo Re.

Per quanto il Battaglione delle Guardie di Finanza si fosse tenuto appartato dalle questioni che erano estranee al servizio, con una linea rigida di condotta davvero encomievole, esso venne a tro­varsi, almeno in alcune circostanze, in gravi difficoltà, soprattutto quando si manifestò palesemente una certa tendenza politica non più d’accordo con le nostre istituzioni Monarchiche e Costituzionali.

Per fortuna, tale problematica fu superata, anche perché Gabriele D’Annunzio si liberò presto degli elementi accesi e tutt’altro che ortodossi.

Il nostro Battaglione non fu, quindi, costretto ad abbandonare volontariamente Fiume, come presumibilmente aveva deliberato di fare.

Il 4 dicembre 1919, in Piazza Cesare Battisti, Gabriele D’An­nunzio consegnava al Comandante del Battaglione di Finanza, con un breve, ma elevatissimo discorso, il Ga­gliardetto che le donne fiumane avevano voluto offrire ai Finan­zieri di Fiume.

Si trattava dello stesso stendardo, oggi conservato presso il Museo Storico del Corpo, sul quale, il 25 giugno 1920, il medesimo Poeta Soldato appuntò la Medaglia di Ronchi.

Trattenendosi a cena con gli ufficiali del Battaglione, accettò la promozione ad Appun­tato del Corpo, pronunciando la seguente frase: “Fiamme Gialle, debbo confermare che aggradisco di cuore il vostro pensiero di promuovermi Appuntato della Guardia di Finanza. il vostro Capitano mi aveva chiesto in precedenza di scegliermi un grado dei finanzieri: io mi glorio si essere Appuntato” [3].

In precedenza, il 20 maggio, al termine di un pranzo di Corpo tenutosi nella “Caserma Macchi” di quella stessa città, il D’Annunzio, su di una sua fotografia ufficiale, anch’essa fra i cimeli del Museo Storico, vergò la seguente frase: “Alle Fiamme Gialle, Onore di Fiume, Nec Recisa Recedit. Fiume d’Italia, 20 maggio 1920. Gabriele D’Annunzio“.

La Caserma Macchi a Fiume

In quella circostanza, il Vate si fece ritrarre sullo sfondo di un muro sul quale si era saldamente ancorata una pianta di edera, la quale, come si sa, nemmeno spezzata retrocede o si appassisce.

Vennero, subito dopo, i tristi giorni del cosiddetto “Natale Fiumano”, nei quali le Fiamme Gialle, sempre fedeli, continuarono ad operare per Fiume e per la sua popolazione, rimanendo così vigili al proprio posto.

Ai primi di gennaio del ’21, quando tutte le truppe legionarie erano quasi tutte partite, il Comandante D’Annunzio volle fare una visita di commiato alle sue amate Fiamme Gialle, alle quali confermò la propria ammirazione con parole altissime, rassicurandole che ben presto la situazione di Fiume sarebbe stata risolta positivamente.

Una Compagnia ridotta di Finanzieri presiedeva ancora Veglia e un Distaccamento era ad Arbe, quando, il 13 novembre 1919, i legionari, occuparono le isole.

I Comandanti dei due Reparti, con molta accortezza e con elevata fedeltà, dichiararono che non avrebbero violata la consegna e, con una logica ma pericolosissima risoluzione, ripiegarono rapidamente sulle sedi da cui pro­venivano, per fortuna senza incidenti.

La loro condotta venne altamente apprezzata e lodata.

Il 1° febbraio 1921, il Battaglione di Fiume fu definitivamente convertito in un Reparto territoriale, continuando ad operare in quell’area, naturalmente in attesa dell’evolversi della situazione.

Finalmen­te, dopo laboriose trattative, il 27 gennaio 1924 (https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Roma_(1924) si fir­mava a Roma il Patto di amicizia fra l’Italia e la Jugoslavia, rappresentata dal ministro Nincic, per il quale, con la “Convenzione per Fiume” veniva riconosciuta sulla città la sovranità ita­liana rimanendo assegnato alla Jugoslavia il piccolo porto di Susak, a Oriente  di quello di Fiume.

Fiume: il confine tra l’Italia e la Jugoslavia

Le Fiamme Gialle vi avrebbero, quindi, prestato servizio per molti anni ancora, sino al tristissimo epilogo della Seconda guerra mondiale.

Gabriele D’Annunzio e le Fiamme Gialle, un’amicizia mai interrotta

Gabriele D’Annunzio continuò il suo rapporto con le Fiamme Gialle, che più volte aveva definito “Finanzieri di ferro”, anche negli anni seguenti, ricevendoli anche a Gardone Riviera ove visse gli ultimi anni della sua vita.

Mantenne anche rapporti epistolari con i vari Comandanti Generale del Corpo, come testimoniano alcune importanti lettere, oggi conservate presso il già citato Museo Storico.

Apprese, poi, con grande gioia la decisione Sovrana datata 14 febbraio 1933, in virtù della quale si autorizzava la Regia Guardia di Finanza riguardo all’uso del motto araldico “Nec Recisa Recedit”, che era parte della dedica di cui abbiamo appena trattato e che, pur essendo stata da lui prescelta per le sue amate Fiamme Gialle, aveva, in verità un’origine molto più antica.

L’antico motto latino risale, infatti, al 1623, anno in cui comparve nel libro di Giovanni Ferro e Gaspare Grispoldi dal titolo “Teatro d’imprese di Giovanni Ferro all’Ill. e R.S. Cardinal Barberino”, per l’esattezza accompagnava l’illustrazione di un medaglione che raffigurava una quercia sulla quale si era saldamente ancorata proprio una pianta di edera.

E, quando, il 3 marzo del 1938, nella stessa Gardone si spense il Vate, tra le numerose corone che precedettero il feretro del glorioso Comandante, ce n’era anche una in rappresentanza della Guardia di Finanza.

Su di un nastro verde profilato di giallo fu ricamata, in lettere d’oro, la frase: “La Regia Guardia di Finanza al suo glorioso Appuntato d’onore”.

Il Calendario 2024 della Società di Studi Fiumani di Roma

Lo stesso feretro fu poi scortato da un Plotone composto da 25 Fiamme Gialle, orgogliose e fiere del grande onore che quel giorno avevano ricevuto dalla Storia.

Alla prematura morte del Comandante fece, poi, seguito la pubblicazione in prima pagina, da parte della rivista “Il Finanziere” (numero 9 del marzo 1938), di un bell’articolo dal titolo “L’Appuntato d’onore dei Finanzieri di ferro non è più” con il quale furono ricostruite le varie vicende di quello straordinario rapporto che aveva sin lì legato il grande pescarese alla Guardia di Finanza.

Ma la riconoscenza che la Guardia di Finanza ha da sempre riservato al Vate ha avuto il suo apice il 16 maggio del 2009, data in cui fu solennemente inaugurata a suo nome  la Caserma sede del Comando Tenenza di Salò (Brescia), città nei pressi di Gardone Riviera (Brescia), come abbiamo prima ricordato storica dimora del Poeta Soldato, meglio nota al mondo intero con il titolo di “Vittoriale degli Italiani”.

La Caserma D’Annunzio della Guardia di Finanza di Salò (Brescia)

NOTE

[1] Ce ne siamo in parte occupati su questo giornale con l’articolo “Impresa di Fiume, a Gardone Riviera una mostra dedicata a Gabriele D’Annunzio” (https://www.reportdifesa.it/impresa-di-fiume-a-gardone-riviera-una-mostra-dedicata-a-gabriele-dannunzio) – 28 agosto 2019.

[2] Di tale emergenza, Gabriele D’Annunzio ne parlò nella novella La Guerra del Ponte. Frammento di cronaca pescarese, in Le Novelle della Pescara, F.lli Treves, Milano, 1902.

[3] Cfr. Galloni Scarlatti, Roma, Edizione Comando Generale della Guardia di Finanza, 1973, p. 50 ed ancora “Gabriele D’Annunzio appuntato dei Finanzieri”, in Il Finanziere. Giornale della Regia Guardia di Finanza, n. 24 del 10 luglio 1920, p. 1.

* Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza –  Storico Militare

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