Caso Sea Watch, una sciagurata gestione dell’immigrazione ha prodotto danni alla Repubblica. La pronuncia del GIP di Agrigento pone sul tavolo il problema della giurisdizione

Di Alexandre Berthier

Agrigento. Le cronache giudiziarie sono affollate in questi giorni da un profluvio di arditi e fantasiosi interventi che non si possono ascoltare senza far rivoltare nella tomba i maestri del diritto romano su cui si fonderebbe -ma non è più vero, e da molto tempo – il nostro ordinamento giuridico.

Senza dover essere grandi giuristi né latinisti, chiunque sia passato per Milano davanti al palazzo di giustizia potrebbe aver visto scritti, a caratteri cubitali, i precetti che sarebbero stati posti a fondamento della giustizia dell’impero romano: “honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere” (1).

Questi precetti li enunciò una grande giurista, Eneo Domizio Ulpiano, che così definì la giustizia: “Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. Iuris praecepta sunt: honeste vivere, etc. etc. “ (2).

Il grande giurista romano Ulpiano

Ebbene, l’articolata e spropositata pronuncia del GIP del Tribunale di Agrigento sul giudizio di convalida dell’arresto della comandante della Sea Watch 3, Carola Rackete nulla ha a che vedere con il povero Ulpiano, ma neppure con i giuristi Alberigo Gentili, Ugo Grozio e Francisco de Vitoria che sono considerati i padri del diritto internazionale.

Carola Rackete

La giustizia che oggi viene normalmente resa dai giudici italiani è una giustizia alternativamente creativa, a volte molto fantasiosa, non infrequentemente emotiva, spesso stagionale ma quasi sempre astratta, sia dagli eventi che per le leggi dello Stato, anch’esse spesso astratte se non astruse, prevalentemente inutili, normalmente incomprensibili, generalmente inapplicabili.

Il nostro odierno legislatore, va detto, è quanto di peggio uno Stato di diritto possa augurarsi. Sentiamo dire in giro oramai senza convinzione e tra tanti sbadigli che le sentenze si rispettano. In realtà nessuno crede più che le sentenze siano da rispettare in quanto tali.

Ma in verità sono rispettabili solo se chi le pronuncia è rispettabile, se è sicuramente super partes, se fa cose che la generalità delle persone ritiene normale.

Troppo spesso certe sentenze lasciano i destinatari e quelli che ne vengono a conoscenza sbigottiti, attoniti. E soprattutto ora, con gli scandali che sono esplosi investendo e delegittimando l’organo di autogoverno della magistratura, vi sono ancora tra i magistrati coloro che continuano a pensare di potersi ergere a maestri di vita, a censori dei costumi nazionali.

Ancora oggi qualche associazione della magistratura osa farsi avanti a censurare le recriminazioni del ministro dell’Interno sulla vicenda Rackete! Ma che faccia tosta . . .

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini

Anche il ministro della Giustizia ha fatto sentire la sua voce a difesa della decisione della GIP di Agrigento, ma chissà perché non lo abbiamo sentito invece mai censurare l’operato di chi, assurdamente, paradossalmente, ha inquisito un ministro dell’Interno, perché voleva – doverosamente e legittimamente – impedire uno sbarco di clandestini in Italia, come fanno invece ogni giorno, tutti i giorni, da sempre, i ministri dell’interno di Francia, Spagna, Austria, Germania, Olanda, ecc. ecc.!

Sì, viviamo una situazione surreale, frutto di una sciagurata gestione dell’immigrazione dei governi passati che neppure questo Governo è in grado di superare. Non solo il ministro della Giustizia è solito intervenire o tacere nel modo sbagliato e nei momenti sbagliati, ma vi è purtroppo per tutti noi un altro grande assente nella difesa dello Stato, che nostro malgrado gli è stato affidato inopinatamente da un Parlamento che lui stesso, da giudice costituzionale, aveva dichiarato illegittimamente eletto!

Si, perché quando un Procuratore della Repubblica assume certe iniziative surreali, beh ci si aspetterebbe che il primo magistrato della Repubblica faccia o dica qualcosa. Questa, signor Presidente della Repubblica, non è la Repubblica fiorentina che Savonarola faceva capeggiare dal Padreterno in persona (3), questa è la Repubblica italiana – poca cosa a vedersi in confronto, si direbbe – ma pur sempre una Repubblica, la nostra, di cui Ella è garante e rappresentante.

Siamo onesti, ma quella di Lampedusa è una storia buffa o è una tragedia? Ma veramente i nostri giudici sono più giudici delle corti internazionali? Ma veramente i nostri giudici ordinari ora sono maestri del diritto del mare, del diritto della guerra, giudici di tutto, meno che delle leggi dello Stato?

Ma se la CEDU per ben due volte ha affermato che i migranti che arrivano dalla Libia non hanno diritto di sbarco, perché la GIP di Agrigento ha fatto tanti voli pindarici su materie che non può conoscere – così tanto come vuol farci credere (4) – se non per sentito dire o facendo addirittura veloci copia incolla su Wikipedia.

Per lo stesso motivo, come ha potuto il Procuratore di Agrigento solo pensare di indagare il Ministro dell’Interno nell’esercizio delle sue altissime e fondamentali funzioni?

Ho ascoltato casualmente in televisione alcune ardite dissertazioni – del medesimo Procuratore – di diritto internazionale, nel corso di una audizione davanti ad una Commissione parlamentare, restandone basito.

Purtroppo sono in tanti che sui giornali, in televisione, sui social si spacciano per autentici esperti di diritto internazionale, che però tende a conclusioni che nella realtà internazionale non solo non trovano conferme ma evidenziano atteggiamenti e azioni del tutto opposte.

In conclusione, preso atto delle decisioni troppo spesso incredibili, immotivate, irrazionali e talora addirittura “contra legem”, adottate da uffici periferici della magistratura, pure in ossequio al principio della specializzazione, oggi tanto di moda, parrebbe urgente concentrare negli uffici inquirenti della capitale la esclusiva competenza a giudicare delle problematiche afferenti alla immigrazione clandestina, che prende avvio in luoghi lontani dal nostro territorio nazionale e che è difficilissima a distinguersi dalla tratta delle persone ed è sovente affidata a navi pirata.

Complesse fattispecie criminose che a oggi hanno visto le procure dei luoghi di sbarco assolutamente impreparate ed inidonee ad affrontare e fronteggiare il fenomeno.

Solo uffici giudiziari poderosi e sperimentati quali quelli romani possono rendere più omogeneo ed efficace il ruolo della magistratura, potendo fruire di un patrimonio di conoscenze e competenze di ampio respiro e largo orizzonte e consentendo così irrinunciabili quanto autorevoli unità di azione e indirizzo.

  1. Vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo.
  2. La giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente ecc. ecc. (vds precedente nota 1).
  3. “Rex regum, Dominus dominantium” (Re dei re, Signore dei signori) si legge ancora oggi sul portale di Palazzo Vecchio a Firenze. E sappiamo bene la fine che fece Savonarola. 
  4. Ci hanno insegnato che il giudice è “peritus peritorum”, ma oggi a questo assunto non crede più nessuno e si vede. . . 

 

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