Reato di tortura in Italia, una legge inutile e di difficile applicazione

Di Alexandre Berthier

“Summum jus, summa iniuria!”.  Una legge che arriva dopo una gestazione durata trent’anni è sicuramente inutile, quando non è dannosa o pericolosa. Ma veramente la nostra Italia che annaspa ogni giorno in problematiche di sopravvivenza del sistema Paese, che dovrebbero atterrire chiunque abbia una seppur minima capacità di raziocinio, aveva bisogno di questa legge, ha bisogno di introdurre lo jus soli, e via di seguito, con sciocchezze degne di Paperopoli o di Topolinia?

Ebbene si, quando un Paese si dibatte in problemi vitali ma ha un Governo che non può e non vuole governare, complice un Parlamento ozioso e costituzionalmente illegittimo, ci si rifugia sistematicamente in fantasiosi ed improduttivi sofismi, nell’attesa che questo o quello – ma anche quell’altro – vinca immaginarie elezioni salvifiche e riporti la barra di questa nave “sanza nocchier” a dritta.

Ieri, una Camera dei Deputati che brillava, more solito, per l’assenteismo dei suoi membri, ha varato la legge sul nuovo reato di tortura con 198 voti favorevoli (i deputati sono 630!), 35 contrari e 104 astenuti. Ciò è avvenuto a 30 anni dalla Convenzione ONU sulla tortura e dopo 16 anni dai fatti del G8 di Genova.

Ma non solo i parlamentari assenteisti hanno dimostrato scarso, anzi nessun interesse per questa legge; anche la stampa nazionale c’è scivolata sopra, tutta assorbita da un’altra bestialità colossale, la telenovela dell’immigrazione che tanto ci preoccupa quanto ci soddisfa, perché colloca gli italiani al primo posto assoluto nel mondo per coglionaggine e propensione all’imbroglio.

Solo i quotidiani La Repubblica, Avvenire, Manifesto ed Il Secolo XIX hanno dedicato un titolo a tre o quattro colonne in prima pagina; gli altri piccoli e marginali richiami.

Significativo un sottotitolo del Manifesto: “Testo stravolto rispetto alle proposte di inizio legislatura, molto debole e di difficile applicazione nei tribunali”. Il Giornale, invece, ha sottotitolato: “Il PD tortura il Codice penale. E’ la legge norma anti Polizia”.

Da sottolineare che solo la metà dei deputati del PD ha votato il provvedimento! Ma la chicca più preziosa è una lettera che 11 magistrati inquirenti e giudicanti del distretto giudiziario di Genova, titolari dei processi sull’irruzione alla scuola Diaz e sui fatti avvenuti alla caserma di Bolzaneto, hanno ritenuto di poter inviare alla Presidente della Camera, Laura Boldrini che, ben sappiamo, come preferisca sbagliare da sola, senza bisogno di consigli tanto autorevoli, quanto formalmente inopportuni.

Questi magistrati hanno fatto sapere che “ci pare si debba riflettere su questo paradosso: una nuova legge, volta a colmare un vuoto normativo in una materia disciplinata da convenzioni internazionali, sarebbe in concreto inapplicabile a fatti analoghi a quelli verificatisi a Genova, che sono già stati qualificati come tortura dalla Corte Europea, garante della applicazione di quelle convenzioni”.

Ma a questi magistrati – e a quelli della CEDU – mai nessuno ha chiesto come mai si preoccupano tanto di punire più severamente una polizia che ha già pagato moltissimo, mentre non si preoccupano minimamente del fatto che coloro che hanno messo a ferro e a fuoco una città come Genova siano rimasti impuniti e addirittura siano, in primo piano, tra quelli che invocavano l’approvazione di questa legge, che non porterà certo più giustizia in Italia ma farà un sacco di danni.

“Historia magistra vitae”, sentenziò Cicerone. Ma a noi la storia non ha insegnato, non insegna e non insegnerà nulla: proprio adesso, con il terrorismo islamico globalizzato noi andiamo ad intimidire e disorientare ancor di più le Forze dell’ordine e le Forze Armate? Ma allora gli Stati Uniti, Paese democratico per antonomasia, le “extraordinary renditions” e Guantanamo (entrambi strumenti purtroppo resisi necessari) non ci insegnano nulla? Evidentemente no! Noi siamo il faro della civiltà, del diritto. Noi insegniamo agli altri: il Codice di Procedura penale del 1989 lo abbiamo ispirato al modello anglosassone, la fantasiosa legge elettorale sarà mezzo tedesca e mezzo francese .

Ma so bene di “uccidere un uomo morto” oppure, se preferite, di “sparare sulla Croce Rossa”!

Vediamo ora di tentare di individuare i danni che questa norma ci porterà sicuramente. Prendiamo per buoni i rilievi e gli apprezzamenti che le destre e le sinistre, tutte centralizzate non si sa su cosa, ci hanno propinato e dove non è il caso di perdere troppo tempo. Per i primi, grandi preoccupazioni per i poveri poliziotti che ora non potranno più operare e invece i giustizialisti contenti, perché così non siamo più il fanalino di coda tra coloro che hanno disprezzato la convenzione ONU sulla tortura. Ma neppure alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) la nostra legge piace .

Forse sarebbe il caso, quando il Governo decide di fare qualcosa, di affidarsi – per preparare testi legislativi degni della nostra tradizione giuridica – ai competenti e pagatissimi referendari e consiglieri parlamentari, anziché appoggiarsi a rissose, inconcludenti, e sovente incompetenti Commissioni parlamentari che sono, innanzi tutto, dei “gettonifici” (mi riferisco ai lauti compensi che spettano ai loro fortunati componenti).

Due gli aspetti più rilevanti. Il primo, l’effetto devastante che questa legge produrrà è quello che interesserà i migranti che, numerosissimi, affollano l’Italia. Non potranno essere più espulsi, respinti o estradati quelli che tornando in patria rischiano la tortura. Sappiamo bene che i nostri migranti economici vengono tutti da Paesi che non “brillano” per l’applicazione delle Convenzioni internazionali che tanto stanno a cuore all’ONU e alla CEDU. Così ora non solo non potremo rimpatriare nessuno tra i migranti, ma forse non potremo più neppure espellere i sospettati di terrorismo!

Altro aspetto: la situazione in cui si potrebbero venire a trovare i militari delle Forze Armate, impiegati nel soccorso ai profughi, nelle missioni internazionali e nella operazione “Strade sicure”, nonché gli appartenenti alle Forze di Polizia in tutti i casi in cui si deve, o si dovrebbe, usare necessariamente la forza nei confronti di persone extracomunitarie presenti sul territorio nazionale. Già prima dell’entrata in vigore di questa legge, ogni uso necessitato della forza – che provocasse qualsivoglia reclamo del destinatario dell’azione di Polizia – esponeva i nostri agenti ai rigori della legge ed alla inflessibile, spesso incomprensibile e generalizzata volontà giudiziaria di inquisire sempre e comunque chi ha fatto un uso legittimo della forza o delle armi (in quest’ultimo caso poi si deduce inspiegabilmente sempre la sola fattispecie della legittima difesa).

Ovviamente, d’ora in avanti, difficilmente un militare o un poliziotto, dovendosi fare uso della forza o delle armi, lo farà con tempestività e motivazione. La minaccia di essere incriminato per un reato che prevede la pena della reclusione da 5 a 12 anni appare ragionevolmente quale ipotesi di “male grave e ingiusto” per chi assolve istituzionalmente funzioni delicate e fondamentali volte ad assicurare ordine e sicurezza pubblica! Potrebbe capitare, ragionevolmente, che di fronte alle emergenze si aspetti comunque l’ordine di qualcuno che fino ad oggi è sempre rimasto in seconda battuta. E così nessuna emergenza verrebbe più affrontata in modo tempestivo: d’altronde, come diceva quello, “chi rompe paga e i cocci sono suoi”.

PER APPROFONDIRE:

convenzione Onu sulla tortura

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