FESTA DELLA LIBERAZIONE: LE FIAMME GIALLE E IL FERMO DI BENITO MUSSOLINI ALLA FRONTIERA

Di Gerardo Severino*

DONGO (COMO) – nostro servizio particolare. “I nostri lettori avranno già appresa dalla radio e dagli altri giornali la grande notizia che conferma come i finanzieri abbiano, in quest’ora solenne della Patria, compiutamente e magnificamente assolto il loro dovere, conseguendo un’altra cospicua benemerenza in confronto del Paese. I nostri militari di guardia alla frontiera svizzera hanno catturato Mussolini, che si apprestava a cercare rifugio sul territorio della Confederazione elvetica. Non si conoscono ancora con assoluta precisione i particolari del fermo eccezionale; ma secondo la versione più generalmente accolta dai giornali, sarebbe stato operato dal Brig. Scappin, della Brigata di Dongo, una località sulle sponde settentrionali del lago di Como. Da Dongo parte un’agevole mulattiera che sale al passo di S. Jorio per scendere, quindi, sul versante svizzero, verso Bellinzona. Mussolini viaggiava solo in una automobile in convoglio militare, ma è stato riconosciuto dalla guardia Urbano Lazzaro, alias Bill, commissario della Brigata Baker, ed appartenente alla compagnia di Chiavenna” [1].

Il luogo esatto ove avvenne l’arresto di Mussolini (Collezione Gerardo Severino)

Fu con questo editoriale, apparso in prima pagina, che il periodico “Il Monitore del Finanziere”, storica testata dell’allora Regia Guardia di Finanza diede notizia ai propri lettori, a tre giorni dall’evento e appena il giorno dopo la fine di Benito Mussolini, quello che sarebbe stato forse l’atto più importante e, per certi versi anche conclusivo, di un ruolo, ben più cospicuo e imprescindibile, che le Fiamme Gialle avevano assicurato al Paese, all’indomani dell’8 settembre 1943, onde consentire il ritorno alla libertà.

Il fermo alla frontiera – da secoli vigilata da generazioni di Finanzieri – di Mussolini e dei suoi gerarchi è tutt’oggi un fatto ancora poco conosciuto ai più, anche perché la storia e i relativi dibattiti si sono sempre soffermati maggiormente sulle ultime ore di Mussolini e, naturalmente, su chi la eseguì e su come avvenne l’esecuzione del Duce.

I corpi di Mussolini e della Petacci

In occasione dei 250 anni della fondazione del Corpo, ho voluto ricordare tale evento, restituendo al protagonista di quella vicenda, Urbano Lazzaro (che il prossimo 4 novembre avrebbe compiuto 100 anni e che ho avuto l’onore e il privilegio di conoscere a Milano nell’aprile del 2005) quella riconoscenza e quella notorietà, che molto spesso gli è stata negata dai grandi storici, sia italiani che non [2].

DONGO, 27 APRILE 1945

Era trascorso appena un giorno dalla liberazione di Milano, evento straordinario al quale avevano decisamente contribuito anche le Fiamme Gialle di quel Comando di Legione, con in testa lo stesso Comandante, l’eroico Colonnello Alfredo Malgeri, molti anni dopo decorato con la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza, quando, verso le sei e mezza del mattino, una colonna di tedeschi fu “intercettata” in località Musso, nei pressi di Dongo, in provincia di Como.

La colonna viaggiava su numerosi camion e macchine (per l’esattezza 38), forte di 200 uomini della Contraerea, aventi a bordo armi pesanti e leggere d’ogni genere e un munizionamento per far fuoco un mese.

Dopo una breve sparatoria e in seguito a lunghe trattative, i soldati tedeschi ottennero il permesso di poter proseguire in direzione della Svizzera, ma a condizione che fosse effettuata un’ispezione, nel chiaro intento di verificare l’eventuale presenza di italiani a bordo.

L’ispezione della colonna tedesca fu, quindi, effettuata nella piazza di Dongo, verso le ore 16 dello stesso giorno.

E fu proprio sull’ultimo automezzo, il n. 34, che si verificò il “colpo di scienza”. Il Commissario “Bill”, nome di battaglia del Finanziere Urbano Lazzaro, già in forza alla Compagnia di Chiavenna, datosi alla macchia dopo l’8 settembre ‘43, salì a bordo assieme al partigiano Giuseppe Negri.

Urbano Lazzaro, a destra della foto, in compagnia di Pier Luigi Bellini (fotografia di Federico Patellani, 1945)

Ebbene, dopo aver effettuato il controllo dei documenti dei primi cinque militari tedeschi che si trovano sulla sponda destra del camion, in mezzo a bidoni di benzina (fusti da 100 litri) i due notarono, tra gli altri, un maresciallo della Luftwaffe che appare addormentato.

Fu a quel punto che il Negri si rivolse ad un soldato tedesco e gli chiese perché stesse dormendo, nonostante i rumori prodotti durante quel momento concitato.

Il tedesco gli rispose: “Essere tedesco ubriaco”. 

Ma il giovane partigiano non ne rimase convinto. Si  fermò allora presso di lui e battendogli con la punta del piede in uno stivale gli grido: “Documenti”.

Il militare non gli rispose. Allora il insistette, quasi in tono scherzoso: “Siete per caso italiano”?

La risposta fu inattesa, in quanto l’uomo gli rispose con voce rauca “Si, sono italiano”.

A tal punto intervenne il Finanziere Lazzaro, il quale invitò il falso tedesco a scendere dall’automezzo, togliendogli occhiali ed elmetto.

Un’esclamazione improvvisa uscì a quel punto dalla bocca di “Bill”: “Non vorrei credere ai miei occhi, ma quella testa calva e quella figura di uomo si sono viste in fotografia mille volte, è Mussolini».

Il Finanziere Lazzaro, diventato rosso in faccia gli disse: “Come, voi qui, Eccellenza?”.

A quel punto, Mussolini diventò oltremodo pallido. I suoi occhi non erano più quelli di una volta, essi guardavano in terra smarriti. Forse temeva evidentemente di essere trucidato sul posto, magari a causa dell’ira di qualche altro partigiano che poteva riconoscerlo.

Come ricorda una successiva corrispondenza pubblicata dal giornale dei Finanzieri: “Bill, che ha intuito ciò, lo rassicura, dicendogli che non sarà fatto a lui alcun male; Mussolini prende coraggio e dice Lo so, che la popolazione di Dongo mi vuole bene. L’ex duce viene poscia condotto al municipio di Dongo” [3].

Nella stessa colonna si trovavano anche altre macchine, intercettate sempre nei pressi di Musso, con a bordo – si scoprì subito dopo – molti importanti ex gerarchi fascisti, dotati di bagagli al seguito, nei quali verranno poi ritrovati e sequestrati, una volta concentrati tutti a Dongo, sia gioielli, oro, valuta pregiata e documenti.

La storia di quei tragici giorni ci ricorda, infine, che il ruolo delle Fiamme Gialle non ebbe termine con la cattura di Mussolini, di Claretta Petacci e del seguito di gerarchi e loro familiari.

L’ex Duce fu, infatti, condotto e trattenuto nella caserma sede del Distaccamento della Guardia di Finanza di Germasino (poco distante da Dongo), in quel frangente posta agli ordini del Brigadiere Giorgio Buffelli.

In basso a destra la camera della Caserma di Germasino ove ri poso Mussolini il 27 aprile 1945 (Collezione Gerardo Severino)

Qui, Mussolini rimase a riposare circa 8 ore, prima di essere prelevato e, di conseguenza, andare incontro al proprio destino.

Ebbene, a tale evento è collegata un’altra storia: quella del cosiddetto “ultimo scritto” di Benito Mussolini, un pezzo di carta vergato a mano (una copia del quale è oggi esposta presso il Museo Storico della Guardia di Finanza), peraltro richiestogli dallo stesso Sottufficiale, nel quale il prigioniero, nel ricordare di essere stato arrestato dai partigiani della 52^ Brigata Garibaldina (comandata da Pier Luigi Bellini delle Stelle) a Dongo, dichiarò di essere stato trattato bene.

ll documento in copia conservato presso il Museo Storico della Guardia di Finanza sulla cattura di Mussolini

Fu, quella, l’ultima volta che Mussolini prese in mano una penna e la utilizzò, prima di esalare l’ultimo respiro [4].

Il Municipio e il centro storico di Dongo, ove si consumarono gli ultimi atti del fascismo italiano

Il Brigadiere Buffelli, certamente senza volerlo, avrebbe legato ancor di più alla gloriosa storia delle Fiamme Gialle l’epilogo di una vicenda umana, ma soprattutto Nazionale, la stessa che il grande regista Carlo Lizzani, esattamente 50 Carlo Lizzanni fa, avrebbe magistralmente ricostruito nello straziante film dal titolo “Mussolini ultimo atto”.

E sul protagonista più importante di questo incredibile fatto storico, il Finanziere Urbano Lazzaro, che il prossimo 4 novembre avrebbe compiuto 100 anni di vita: l’uomo al quale gran parte degli storici aveva per anni chiesto “maggiori dettagli sulla vera fine toccata a Mussolini” (il “prigioniero di rango elevato”, di cui diremo a breve), l’Italia ha concesso ben poco, in termini di riconoscenza nazionale, fatta eccezione la modesta medaglia di bronzo al Valor Militare, alla cui motivazione lasciamo il compito di terminare questo modesto contributo: “ Arruolatosi nelle formazioni partigiane, metteva in luce doti di iniziativa e di ardimento distinguendosi nel corso di due operazioni di montagna e raggiungendo posizioni di responsabilità e di comando. In azioni di pattuglia ed al comando di guastatori, eseguiva sabotaggi insidiando il traffico nemico. Impegnato in scontri a fuoco, animava gli uomini con l’esempio incitandoli alla lotta. Nella fase insurrezionale, predisponeva e guidava azioni di arresto e di disturbo contro forze nemiche ripieganti e riusciva, dopo aver bloccato una forte colonna tedesca, a catturare prigionieri di rango elevato. Zona di Como, settembre 1943 – aprile 1945″.

 

La lapide murata sull’ex Caserma delle Fiamme Gialle di Germasino

NOTE

[1] Cfr. Editoriale dal titolo “I Finanzieri di Dongo catturano Mussolini”, in Il Monitore del Finanziere, numeri 3-4 del 29 aprile 1945, p. 1.

[2] Urbano Lazzaro nacque a Quinto Vicentino il 4 novembre 1924 e si spense a Vercelli il 3 gennaio 2006.

[3] Cfr. Corrispondenza dal titolo “La cattura di Mussolini”, in Il Monitore del Finanziere, numero 24 del 23 settembre 1945, p. 2.

[4] Cfr. Corrispondenza dal titolo “La verità a proposito di uno storico episodio”, in Il Monitore del Finanziere, numero 10 del 10 giugno 1945, p. 1.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza- Storico Militare.  Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

 

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