Bangladesh: proteste degli operai del settore tessile-abbigliamento per gli aumenti salariali. Duri scontri a Dacca e in altre città. In 10 anni cambiate molte leggi per il lavoro

DACCA (BANGLADESH). Nel Bangladesh è scoppiata, da giorni, una durissima protesta dei lavoratori del settore del tessile-abbigliamento.

Centotrenta fabbriche, presenti in due importanti centri industriali, Savar e Ashulia, alla periferia di Dacca, hanno sospeso le attività per un periodo indefinito a causa delle proteste per salari più alti.

Una parte dei lavoratori continua a chiedere un salario minimo mensile di 209 dollari USA. Nei giorni scorsi hanno respinto la proposta del Governo di un aumento salariale del 56%.

Una fabbrica tessile nel Bangladesh

Secondo quanto riferito, le proteste hanno portato ad atti di vandalismo contro automobili e fabbriche, con scontri tra polizia e lavoratori a Dacca e dintorni.

Poliziotti bengalesi prima di una manifestazione

Una lavoratrice tessile è stata uccisa in uno scontro tra la polizia e i lavoratori che manifestavano nella zona di Konabari di Gazipur, alla periferia della capitale.

Il tessile e l’abbigliamento rappresentano il 10% del Prodotto interno lordo. Le circa 4 mila fabbriche tessili del Paese impiegano 4,4 milioni di lavoratori.

L’export nazionale è pari all’80%.

Il 24 aprile scorso è stato celebrato il 10° anniversario dal crollo della fabbrica tessile delll’edificio Rana Plaza. Morirono 1.134 morti e più di 2.500 feriti (https://www.ilo.org/global/topics/geip/projects/bangladesh/lang–en/index.htm).

Il crollo della fabbrica tessile delll’edificio Rana Plaza

In un decennio, il Bangladesh ha moltiplicato le iniziative di responsabilità sociale e ambientale. E si sta affermando come uno dei comparti tessili più sicuri.

Di contro c’è l’industria locale che si scontra con i grandi brand del lusso non sempre sono disposti ad accettare gli aumenti di prezzo legati al miglioramento delle condizioni di produzione.

E per i lavoratori tessili bengalesi, il Rana Plaza ha avviato un processo che ha portato a due aumenti del salario minimo, effettuati nel 2013 e nel 2018.

Questi aumenti minimi annuali sono ora stabiliti per legge, portando l’aumento del salario minimo dal 2010 al 381%,

Questo ora si attesta a 70 euro. Ed attualmente è oggetto di nuove rivendicazioni da parte dei sindacati, che chiedono un aumento a 202 euro, soprattutto in considerazione dell’inflazione che colpisce il Paese.

Il crollo del Rana Plaza ha portato a nuove leggi nel 2015 a tutela dei lavoratori.

In una nuova struttura di consultazione, il ReadyMade Garment Sustainably Council (RASC) riunisce industriali e sindacati per risolvere eventuali crisi.

Il personale che lavora in queste fabbriche è per lo più femminile. Per questo il settore del tessile-abbigliamento si è impegnato a sostenere la loro emancipazione delle lavoratrici bengalesi, in particolare attraverso la formazione dei futuri dirigenti.

Una partnership avviata con l’Asian University for Women ha già permesso di formare 90 future donne dirigenti del settore.

Si parte dalla graduale trasformazione del modello familiare bengalese. Infatti, mentre nel passato su 6-8 persone che componevano il nucleo familiare, con solo una di esse che lavorava, oggi  le famiglie sono ormai composte da più di 3 o 4 persone, con due persone che lavorano.

Grazie ad aumento dellavoro femminile le famiglie hanno acquisito un maggiore livello sociale

E questo risultato è stato ottenuto perchè alle donne è stato consentito di avere un accesso migliore al mondo del lavoro.

Il Bangladesh è il secondo fornitore di abbigliamento dell’Unone Europea, il quarto per gli Stati Uniti.

Dal 2021 il tessile ha riguadagnato e superato i livelli di export pre-crisi ma a leggere uno studio realizzato dall’Associazione Transform Trade (http://Associazione Transform Trade) , condotto tra 1.000 fabbriche con l’Università di Aberdeen e il Center for Global Development (https://www.cgdev.org/) si può capire cone ci siano alcune pratiche sleali da parte dei rappresentanti del grandi brand.

E, quindi, per convincere i committenti ad investire nel Paese, il Bangladesh ha anche puntato su fabbriche “verdi”.

Circa 187 strutture locali sono state incoronate come tali dall’USGBC (US Green Building Council – https://www.usgbc.org/)  di cui 110 hanno ricevuto la medaglia d’oro.

Dieci società bengalesi si trovano ora nella top 12 società elencate dall’Ente.

Sono investimenti che si inseriscono nella volontà di ridurre le emissioni del settore del 30% entro il 2030, in particolare attraverso il crescente utilizzo dell’energia solare nelle fabbriche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore