Cile: morire per la Democrazia. Cinquanta anni fa il golpe. Il ricordo del Presidente Salvador Allende

Di Gerardo Severino*

SANTIAGO DEL CILE (nostro servizio particolare). L’11 settembre 1973 il Telegiornale annunciò, anche in Italia, quanto era successo nel lontanissimo Cile.

Il Presidente del Cile Salvador Allende

Nel bellissimo Paese del Sud America era ancora presente una folta comunità nazionale, sorta nel corso dell’Ottocento, come abbiamo più volte ricordato su Report Difesa, trattando i temi dell’emigrazione italiana nel mondo.

Anche noi apprendemmo, purtroppo, la ferale notizia che, in un certo qual modo ci interessava da vicino.

A Santiago del Cile, dopo alcune ore di  combattimenti, sia per le strade che nei pressi dei Palazzi del potere, i militari avevano dato vita all’ennesimo golpe (purtroppo la storia del Cile ne annovera molti, da quando ottenne l’indipendenza dalla Spagna).

Nel destituire il legittimo Presidente, Salvador Allende (1908-1973), morto suicida, nella medesima giornata, all’interno del “Palazzo de La Moneda”, le Forze Armate diedero vita ad una delle più sanguinose dittature militari mai registrate prima in America Latina.

Al comando della Giunta sarebbe rimasto, per anni, il Generale Augusto Pinochet (1915 – 2006), come approfondiremo a breve.

 

Augusto Pinochet

Ebbene, la notizia fu registrata nelle nostre menti e, alcune settimane dopo, con la ripresa delle lezioni, il colpo di Stato fu oggetto di un’ampia discussione con gli insegnanti.

In effetti, sia la Scuola che il “mondo civile” non rimasero in silenzio.

Ricordo benissimo sia i titoli dei giornali che i programmi televisivi, così come ricordo le prime notizie che riguardavano da vicino i nostri connazionali, moltissimi dei quali cercarono disperatamente di fuggire dal Cile.

La tragedia di Santiago non sarebbe stata la prima, nell’America Latina del secondo dopoguerra, seguita, 3 anni dopo, dal golpe in Argentina, ma anche dai tanti altri “sovvertimenti” che avrebbero riguardato altri Paesi, colpevoli tutti di aver eletto democraticamente Governi di sinistra.

Per i giovanissimi che oggi si chiedono come tutto ciò sia potuto accadere, consiglio di andare al cinema e vedere il recentissimo film dedicato allo scienziato Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, nel quale si comprende facilmente quale sia stato il ruolo esercitato dagli Stati Uniti d’America nella lotta contro il Comunismo, sia sul proprio suolo che su quello di altri Paesi.

Il contesto storico che precedette il golpe militare

L’ennesimo “Pronunciamiento” (come tradizionalmente viene definito il “colpo di Stato” nei Paesi latino-americani) da parte dei militari cileni sopraggiunse a meno di 3 anni dall’elezione di Salvador Allende, candidato del partito “Unidad Popular”, alla Presidenza della Repubblica.

La sua leadership sarebbe stata caratterizzata da una coalizione di Partiti, formata da socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra.

Salvador Allende avviò, sin da subito, un programma di riforme volte a trasformare il Paese in un vero Stato democratico, varando, quindi, una serie di leggi con le quali si sarebbero approvate sia la riforma agraria che quella sanitaria, principali aspetti ai quali guardavano con attenzione le masse popolari.

Nel tentativo di risanare anche il bilancio statale, la Presidenza Allende decise, quindi, di nazionalizzare le grandi industrie, soprattutto quelle operanti nel campo minerario e siderurgico (il Cile è uno dei principali Paesi ove si estrae il rame), così come le banche, le agenzie assicurative, per non parlare delle aziende che provvedevano alla produzione di energia elettrica, ai trasporti ferroviari, aerei e marittimi, alle comunicazioni in generale, e così via.

Il Governo Allende, sempre nel tentativo di alleviare le condizioni delle classi più svantaggiate, fece approvare anche una modernissima legge che disciplinava il divorzio, andando così inevitabilmente incontro ad aspre critiche, soprattutto da parte del mondo cattolico.

Questa e le altre riforme prima descritte “inclinarono” ben presto anche i rapporti con il variegato mondo composto dai “capitani d’industria” e dagli esponenti di spicco dell’alta finanza, gran parte dei quali appartenenti a società straniere (soprattutto inglesi e americane) le stesse che da decenni sfruttavano l’economia del grande Paese andino.

L’inevitabile scontro sociale, caratterizzato anche da una notevole asprezza dei toni politici, s’ingigantì sempre più, aiutato, purtroppo, anche dalla forte crisi economica di quei primi anni ’70.

Questa, infatti, aveva comportato un’iperinflazione al 350%, al crollo delle esportazioni, ad un imponente calo del prodotto interno lordo e, di conseguenza, ad una sorta di perdita di credibilità internazionale.

Non è oggi “azzardato” affermare, di conseguenza, come la gestione Allende fosse allora malvista dagli Stati Uniti d’America, oltre che dalla borghesia cattolica e, soprattutto, dall’imprenditoria nazionale e internazionale.

Un anno prima del golpe, il Paese era stato interessato da un’ondata di scioperi che coinvolse varie categorie lavorative, soprattutto quella dei camionisti, che per settimane lo paralizzarono di fatto.

Fu così che le elezioni parlamentari, tenutesi agli inizi dello stesso 1973, fecero avanzare i Partiti di centrodestra, favorendo così una sorta di “stallo” tra il Parlamento e la Presidenza della Repubblica.

Ne venne fuori una situazione imbarazzante e, per certi versi, insostenibile.

Fu, quindi, già in quel contesto, che, sia in ragione dell’insanabile crisi politica, così come della grave situazione economico-sociale, gli stessi Partiti di centrodestra invocarono, purtroppo, l’intervento delle Forze Armate, giustificandolo col pretesto di ripristinare l’ordine pubblico e il rispetto della Costituzione, come raccontammo lo scorso 6 settembre 2022, attraverso il saggio dal titolo “Cile: La strage di Avenida Mackenna (16 giugno 1971) e il sacrificio di tre detective. Un analisi storica sul terrorismo degli anni ‘70”, apparso su questao quotidiano.

Undici settembre 1973, la parola alle armi

Il “Pronunciamiento” da parte delle tre Forze Armate, appoggiate dai Carabineros de Chile (l’Arma cilena), ebbe luogo la mattina dell’11 settembre 1973, attraverso studiate operazioni militari, le quali, nel giro di poche ore, come si diceva in apertura, avrebbero determinato la caduta di Salvador Allende.

Il tutto ebbe inizio verso le 6 del mattino, allorquando la Marina Militare occupò i punti nevralgici di Valparaíso, la più importante città costiera del Cile, procedendo all’immediato arresto di dirigenti politici e sindacali, in area di sinistra, ovviamente.

Un’immagine dell’attacco al Palazzo presidenziale di Santiago del Cile

Lo stesso sarebbe capitato in altre parti del Paese.

A Santiago, il golpe prese avvio, invece, alle 7.30, con lo schieramento dell’Esercito per le vie della città, con tanto di carri armati,  autoblindo e soldati in assetto di guerra.

Il Presidente Allende, appresa la drammatica notizia, si barricò all’interno de “La Moneda”, lo storico Palazzo presidenziale, seguito da alcuni coraggiosi collaboratori.

La storia di quell’infausto giorno per la Democrazia ci ricorda gli sforzi sostenuti dallo stesso Presidente, il quale per radio cercò disperatamente di convincere i democratici cileni alla Resistenza.

Salvador Allende, sperando sino in fondo in una riscossa da parte del popolo, si rifiutò sdegnosamente di arrendersi senza condizioni.

Fu a quel punto che, attorno alle ore 12, ebbe luogo un bombardamento aereo contro lo stesso Palazzo presidenziale, il quale fu colpito e danneggiato in vari punti.

Secondo alcune fonti, i militari avrebbero offerto al Presidente addirittura un aereo per andarsene all’estero, ma lui, da vero Patriota, rifiutò di nuovo la resa.

Poco dopo, alcuni commandos dell’Esercito penetrarono all’interno de “La Moneda”, facilitati dalla debole resistenza dei pochi difensori, i quali, di lì a qualche minuto s’arresero giocoforza ai golpisti armati sino ai denti.

Salvador Allende non capitolò affatto. Rimanendo fedele al giuramento prestato, non abbandonò l’idea di servire il Paese e, soprattutto, la Democrazia.

Pur di non cadere nelle mani di coloro che avevano tradito il Cile, si sarebbe suicidato, sparandosi sotto il mento con un mitragliatore AK-47, un vecchio cimelio che, secondo alcuni storici, gli era stato regalato tempo prima dall’amico, Fidel Castro.

La dittatura di Augusto Pinochet (1973 – 1990)

A manovre terminate, il potere fu assunto da una Giunta militare, composta dai vertici delle Forze Armate e dei Carabineros de Chile, nell’ordine: Generale Augusto Pinochet (’Esercito), Generale Gustavo Leigh Guzmán (Aeronautica Militare), Ammiraglio José Toribio Merino Castro (Marina Militare) e Generale César Mendoza Durán (Carabineros).

I Generali che componevano la Giunta militare golpista

In realtà, di lì a poco, la Giunta avrebbe ceduto il potere ad un solo uomo: il Generale Augusto Pinochet, il quale si sarebbe fatto nominare Presidente del Cile, come del resto avevano fatto prima di lui anche altri dittatori.

Tra i primi effetti del golpe vi fu, ovviamente, la sospensione delle varie forme di libertà, prime fra tutte lo scioglimento del Parlamento, dei partiti  e dei sindacati, seguiti dall’immediata repressione di ogni forma di dissenso e, soprattutto, dal varo di una assurda stagione di crimini contro l’umanità, la quale avrebbe colpito sia i sostenitori del Presidente Allende che i militanti e simpatizzanti dei Partiti di sinistra.

Come molti lettori ricorderanno, anche attraverso le foto dello stadio di Santiago, trasformato in un vero e proprio campo di concentramento, la dittatura militare in Cile, durante i suoi primi 3 anni di potere, arrestò circa 130 mila persone, moltissime delle quali torturate e violentate, mentre migliaia e migliaia – tra loro anche molti oriundi italiani – furono, infine, le vittime mandate a morte, peraltro attraverso macabri rituali, volendo riferirci alla questione dei “Desaparecidos”.

Epilogo e considerazioni finali

Il Generale Augusto Pinochet tenne saldamente il potere politico-militare in Cile sino al 1990.

Un anno prima, erano state indette le prime elezioni democratiche, dopo il golpe del 1973.

Queste furono vinte da Patricio Aylwin, della Democrazia Cristiana.

All’ex dittatore, tuttavia, fu consentito di mantenere, sino al 1998, la carica di Comandante Supremo delle Forze Armate, decisione che lo avrebbe tutelato da eventuali processi.

Divenuto, in seguito, senatore a vita, Augusto Pinochet fu fermato a Londra di lì a poco, rimanendo agli arresti domiciliari fino al 2000, anno in cui gli fu concesso di tornare in Cile, dove si sarebbe spento – probabilmente senza provare alcun rimorso-– il 10 dicembre  2006.

Il golpe e la conseguente dittatura militare non furono, come si è già detto in premessa, scelte maturate dai soli vertici militari e da Partiti di destra cileni.

Gli americani, se non prima o durante il golpe, avrebbero appoggiato apertamente la “Presidenza Pinochet”, la quale sarebbe apparsa come un vero e proprio monito verso i vari Partiti di sinistra, soprattutto nell’area del Centro-Sud America.

È stato, d’altronde, sempre chiaro – lo dicevamo all’inizio, ricordando il film sul padre dell’atomica – l’intendimento degli Stati Uniti di impedire a ogni costo la formazione di Governi di ispirazione socialista, anche se democraticamente eletti.

Peraltro, si è trattato di un obiettivo reale, il quale sarebbe stato perseguito anche sul concreto, volendo ricordare la nota “Operazione Condor”, con la quale quella che ancora oggi si autoproclama come la più “Grande Democrazia del Mondo”, promosse, appoggiò e finanziò, con tanto di interventi diretti da parte della CIA, la formazione di Governi autoritari, proprio nel Centro-Sud America.

Dispiace di dover concludere con questa amara considerazione, soprattutto se pensiamo che 80 anni orsono furono proprio loro – gli americani – che iniziarono la liberazione di quella martoriata Europa, sconquassata dalla Seconda Guerra mondiale, così come dalle dittature nazi-fasciste, nel frattempo sorte non solo in Germania e in Italia, e sempre con lo stesso spauracchio: il Comunismo!

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare

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