Cultura: illustrati i primi risultati della campagna di ricerca della “Missione italo-francese per lo studio del relitto profondo Capo Corso 2”

TARANTO. Si è conclusa, nei giorni scorsi, la prima campagna della “Missione italo-francese per lo studio del relitto profondo Capo Corso 2”.

Un’immagine del relitto

Si tratta di un relitto, datato in via preliminare tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C. e che si trova a circa 350 metri di profondità nel tratto di mare fra Capo Corso (Corsica-Francia) e l’Isola di Capraia (Italia).

E’ il secondo caso noto fino ad oggi nel Mar Mediterraneo, di un naufragio di una nave romana con un carico composto quasi esclusivamente da vetro, trasportato sia allo stato grezzo, in diverse tonnellate di blocchi di varie dimensioni, sia lavorato, sotto forma di migliaia di manufatti di vasellame da tavola di vetro soffiato.

Il vetro trasportato

La missione bilaterale è stata coordinata per la parte italiana dalla Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo (Ministero della Cultura) diretta dalla Soprintendente Barbara Davidde e per la parte francese dal Département des Recherches Archéologiques subaquatiques et sous-marine-Drassm (Ministero della Cultura), sotto la direzione dell’archeologa Franca Cibecchini, responsabile della Corsica.

Collabora alla missione di studio del relitto anche l’Inrap, con l’archeologa specialista del vetro antico Souen Fontaine (responsable du Pôle Subaquatique-Inrap).

Per la prima volta, alla ricerca archeologica è stata associata l’osservazione biologica marina della fauna di questi particolari ecosistemi profondi grazie alla partecipazione diretta dell’ecologa Nadine Le Bris (Sorbonne Université-Museum National d’Histoire Naturelle).

Tre ricercatrici al lavoro

La diagnosta Carlotta Sacco Perasso è stata incaricata dalla Soprintendenza Nazionale dello studio della colonizzazione biologica in alto fondale sui manufatti archeologici del carico, un lavoro che contribuirà alla valutazione dello stato di conservazione e del restauro dei reperti recuperati.

Per lo svolgimento delle ricerche in alto fondale il Drassm ha messo a disposizione la sua nave di ricerca ammiraglia, “l’Alfred Merlin”, attrezzata con i suoi due ROV Arthur e Hilarion.

Arthur, é un nuovo prototipo di ROV progettato e creato con e per il Drassm dal professore Vincent Creuze (Università di Montpellier-LIRM) che ha partecipato attivamente alla missione.

Questo robot, uno dei più piccoli e leggeri della sua categoria, può raggiungere i 2.500 metri e permette non solo di fare delle riprese video ad alta definizione ma anche di ventilare o aspirare il sedimento e recuperare degli oggetti.

Il Rov Hilarion, pilotato dall’archeologo Denis Degez (Drassm) realizza video in alta definizione fino ad una profondità di 500 m.

Il relitto Capo Corso 2 si trova oggi per qualche centinaio di metri nelle acque territoriali italiane, in una zona in corso di delimitazione tra l’Italia e la Francia.

Scoperto dall’ing. Guido Gay nel 2012, il relitto era stato inizialmente dichiarato al Drassm che aveva immediatamente svolto una prima indagine del sito nel 2013, seguita da una missione di documentazione fotogrammetrica e mini-campionatura nel 2015.

Tuttavia, a seguito delle ultime trattative sullo spazio marittimo tra Italia e Francia, il Drassm nel giugno del 2016 ha segnalato il relitto al Ministero della Cultura italiano manifestando la disponibilità a collaborare a un progetto di studi congiunto.

 

Il programma di collaborazione è stato avviato nel 2022, dopo la creazione della Soprintendenza nazionale italiana, e la firma dell’accordo scientifico tra il Drassm, diretto da Arnaud Schaumasse, e la Soprintendenza nazionale, nell’aprile 2023.

Nel corso della prima campagna della “Missione italo-francese per lo studio del relitto profondo Capo Corso 2” è stato fatto un nuovo rilievo fotogrammetrico del relitto per verificare eventuali cambiamenti del sito dovuti all’azione antropica (per esempio il passaggio di reti a strascico) e alla sedimentazione; il ROV ha poi realizzato la pulitura superficiale di alcune zone del giacimento per una migliore identificazione dei reperti.

É stata infine effettuata una selezione di reperti, recuperati grazie a un sistema ad artiglio, molto delicato, montato sul ROV Arthur.

Sono stati recuperati vari oggetti di vetro (bottiglie, piatti, coppette, coppe, un unguentario) ma anche due bacili di bronzo e alcune anfore. Tutti i materiali archeologici saranno trasportati nel laboratorio della Soprintendenza Nazionale a Taranto per le analisi scientifiche, per la caratterizzazione del degrado biologico e per il restauro.

Al momento il relitto si data tra la fine del I secolo e l’inizio del II secolo d.C. ma lo studio approfondito dei materiali potrà fornire ulteriori precisazioni sulla cronologia del naufragio e maggiori informazioni sulla rotta percorsa dalla nave nel suo ultimo viaggio.

Ad una prima analisi del carico, vista la tipologia delle anfore visibili (anfore “a carota”, anfore orientali tra cui delle probabili anfore tipo Beirut e qualche anfora Gauloise 4) e la quantità di vasellame di vetro e di blocchi di vetro grezzo, le archeologhe ritengono che la nave dovesse provenire da un porto del Medio Oriente, forse dal Libano o dalla Siria e che fosse diretta verso la costa provenzale francese.

A chiusura dei lavori, la Missione bilaterale ha avuto l’onore di ospitare a bordo la Segretaria della Convenzione Unesco 2001 per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, Krista Pikkat, direttrice dell’Entité Culture – Situations d’urgence che ha partecipato alle operazioni in mare.

Il relitto di Capo Corso 2, con il suo carico perfettamente conservato, costituisce una sfida per i tutti i ricercatori coinvolti che potranno ricostruire una pagina di storia dei commerci del Mediterraneo, perfezionare le nuove tecnologie per esplorarlo e studiare un contesto ambientale peculiare, ancora poco indagato, che deve essere protetto e valorizzato per le future generazioni.

Vista l’eccezionalità del relitto ed i risultati di questa prima campagna d’indagine, i ricercatori di entrambi i paesi sperano di poter avviare nei prossimi anni un progetto multidisciplinare di più ampio respiro.

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