Giappone: il Sol Levante leader della nuova liberalizzazione in Asia

Di Pierpaolo Piras

Tokyo. Negli ultimi lustri, il Giappone ha conquistato un positivo ruolo di leadership dell’ordine politico-liberale nel complesso teatro asiatico, rappresentato dal settore Nord-Orientale dell’Oceano Pacifico.

il Giappone ha conquistato un positivo ruolo di leadership in Asia

Nell’ultimo decennio, e in particolare negli ultimi cinque anni durante la presidenza, per certi versi conflittuale, della Casa Bianca di Donald Trump, la classe politica giapponese ha potenziato i legami con i Paesi più vicini.

Trump, Abe e Modi al G20 di Osaka nel 2019

Ha anche reso più efficaci e curate le iniziative multilaterali e stabilito, tra le altre questioni, un’agenda regionale sul commercio e, in particolare, sulla governance digitale.

In quest’epoca così mortificata, politicamente dalla aggressività politico -economica cinese, dalle continue e gravi provocazioni missilistiche nordcoreane e dalla pandemia dilagante, il Paese del Sol Levante ha saputo mantenere compostezza comportandosi da partner affidabile sia per il suo alleato principale, gli USA, che come esempio di ordine liberale per gli alleati della regione più largamente intesa dell’Indo-Pacifico.

Oggi, il Giappone ha ben titolo di presentarsi come un positivo strumento per riparare la credibilità statunitense e riguadagnare  un punto d’appoggio nel futuro della regione.

In quale ambiente storico si è sviluppato il nuovo ruolo internazionale del Paese?

Nel corso della seconda metà del XX secolo, il ruolo del “Paese del Sol Levante” negli affari internazionali è stato condizionato dalle limitazioni poste dalla costituzione post-bellica entrata in vigore nel 1947, frutto delle severe condizioni poste dagli Stati Uniti a seguito alla resa incondizionata della Seconda Guerra mondiale.

Il Giappone firma la resta agli americani nel 1945

Inoltre, nel 1951 Giappone e USA firmarono un “accordo di sicurezza” che qualificava il primo come una nazione “pacifista” e li legava strettamente sotto il profilo militare e sugli affari politici internazionali.

Negli anni ’60 e ’70 è avvenuta la crescita a due cifre di questa nazione fino ad assumersi, su stimolo e appoggio degli USA, maggiori oneri nella difesa territoriale e, più in generale, nella sicurezza nell’area dell’ Indo-Pacifico.

All’inizio del secondo millennio, sono salite al potere esecutivo le forze nazionalistiche (non guerrafondaie) con Shinzo Abe in qualità di primo ministro.

Shinzo Abe

In ben quattro mandati (sino al 2020) ha guidato ulteriori riforme rafforzando le Forze Armate aumentandone l’azione.

Egli ha poi ridotto drasticamente la burocrazia statale con le sue lungaggini e potenziato i poteri dell’esecutivo.

Nel 2015, Abe è riuscito a far approvare un’importante riforma costituzionale , in accordo con Washington, per consentire ai propri militari di impegnarsi in Teatri “fuori area” secondo i sensi della Carta delle Nazioni Unite.

Shinzo Abe come nuovo leader liberale nel CPTPP

Si è adoperato per facilitare il rientro degli Stati Uniti nel Partenariato Commerciale Transpacifico (CPTPP) dal quale Trump si era ritirato all’inizio della sua Presidenza.

Il CPTPP (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership ) è fondamentalmente un trattato commerciale fra Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia,  Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.

Essi rappresentano il 13,4% del prodotto interno lordo mondiale, rendendo il CPTPP (insieme all’accordo USA- Canada e Messico) e collateralmente il mercato unico europeo, un’area di facilitazione dei commerci la più grande al mondo.

Dopo il ritiro di Trump, Shinzo Abe è diventato la nuova ancora per la realizzazione piena del progetto CPTPP.

L’elezione alla Presidenza americana di Joe Biden ha reso questo partenariato nuovamente proponibile e realizzabile.

Biden ha già pronunciato il suo assenso alla adesione degli USA.

Gli investimenti del Giappone

Negli ultimi anni il Paese asiatico ha dato ulteriore impulso alle sue iniziative politico-economiche incrementando i propri investimenti in Asia a livelli competitivi di circa il doppio rispetto a quelli della Cina.

Gli investimenti verso l’area dell’Indo-Pacifico sono stati maggiormente rivolti verso le Filippine, l’Indonesia e l’India, tutte preoccupate per la spregiudicatezza dell’espansionismo economico cinese.

A favore della politica estera giapponese in questi territori gioca il sostegno agli  finanziamenti delle grandi infrastrutture sociali, nel rispetto della trasparenza dei processi  e nella sostenibilità delle esigenze ambientali.

Si tratta di un metodo che ha suscitato la netta approvazione di quei governi e delle popolazioni, specie se paragonata alla opacità delle iniziative cinesi praticate nella cosiddetta “Via della Seta”, (Belt and Road Initiative).

Il Giappone come campione del liberalismo

Oltre a questi chiari esempi di liberalismo illuminato nel commercio, Shinzo Abe è stato capace di esercitare un ruolo internazionale simile a quello degli USA nel campo della sicurezza e dei diritti elementari.

La sua amministrazione ha elaborato una strategia , quella dell’ Indo-Pacifico libero e aperto, governato solo dai Codici giuridici internazionalmente riconosciuti.

E poi dalla libertà d’impresa e di navigazione negli Oceani Indiano e Pacifico.

 Il Giappone al G20

Nel 2019, in occasione del vertice del G20 ad Osaka, Abe ha dato un ulteriore contributo innovativo ponendo all’ordine del giorno la “governance” digitale”.

Ha proposto una strategia che passa attraverso la libera circolazione in sicurezza dell’immensa quantità di dati attraverso tutti i confini nazionali.

Ciò fa contrasto con le intenzioni cinesi che, invece, perseguono la “cyber-sovranità” del sistema informatico con la gestione dei dati frammentata nei singoli confini nazionali.

Il concetto informatico è quello sinteticamente proposto ad Osaka del “Data Free Flow with Trust“.

La nuova politica estera di Biden è nuovamente ispirata a favore degli alleati e ai già esistenti accordi internazionali.

L’obiettivo è quello di agire da protagonista nel multilateralismo costruttivo ripristinando la credibilità e la leadership degli USA in tutta l’Asia.

Già in occasione del G20 di Osaka del 2019, il Giappone ha manifestato di facilitare le intenzioni americane nell’enorme area dell’Indo-Pacifico.

Ultimamente ha richiesto anche un ritocco amichevole del trattato di pace con gli USA secondo il quale consistenti truppe americane sono ospitate in territorio e nelle isole del Giappone.

Soldati giapponesi

Al Presidente Biden si presentano, quindi, ottime occasione non solo di aderire a pieno titolo al CPTPP – e pertanto con gran parte dell’Asia – ma anche di partecipare alla positiva e preveggente iniziativa di Tokyo , detta “Partnership for Quality Infrastructure”, che si porrebbe in una consistente e valida alternativa rispetto alla cinese “Belt and Road Initiative”.

Il nuovo primo ministro del Giappone

Yoshihide Suga  è il primo ministro del Giappone dal 16 settembre 2020.

Il capo del Governo giapponese Yoshihide Suga

È sempre stato uno strenuo sostenitore di Shinzo Abe. Fin dalla sua nomina ha chiarito che   intende continuare ad osservare la tradizione politica del suo predecessore.

Ha sostenuto la diplomazia attiva di Abe, ha ribadito sia l’impegno del Giappone per il sistema commerciale libero e  multilaterale che la promozione delle norme internazionali sulla governance digitale.                   

L’orgoglio della classe politica giapponese  

Secondo il sito web di dati Worldometers, il Giappone ha avuto 7 decessi per 1 milione di abitanti per COVID-19.

Una proporzione davvero eccellente rispetto ad alcuni dei paesi più colpiti, come il Belgio con 829, il Regno Unito con 598, la Spagna con 580 e l’Italia con 562.

Alla domanda di un giornalista europeo su quale sia e sia stata la causa di tale clamoroso successo, Shinzo Abe ha risposto: “Il Mindo”.

Il “Mindo” ha un importante significato filosofico confuciano, nebuloso per gli occidentali. Esso può essere variamente usato per riferirsi al grado di maturità di una popolazione in termini di livelli di comportamenti intellettuali, educativi e culturali.

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