Di Armando Modesto
ANCONA. I finanzieri del Comando provinciale di Ancona, a conclusione di un’articolata indagine di polizia giudiziaria, hanno posto fine ad un radicato giro di sfruttamenti illeciti di manodopera, gestito da un soggetto di etnia pakistana, nel quale sono risultati coinvolti oltre 50 lavoratori e una decina di aziende agricole operanti nella parte meridionale delle Marche.
L’attività investigativa affidata agli specialisti del Nucleo Polizia Economico Finanziaria – Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata (GICO), sotto il diretto coordinamento dalla Procura della Repubblica di Fermo, ha preso avvio dall’analisi di alcune movimentazioni bancarie sospette che hanno condotto gli investigatori a un imprenditore pakistano domiciliato proprio nella citata cittadina marchigiana.
L’imprenditore, stando alla ricostruzione eseguita dagli investigatori, al fine di fornire manodopera a basso costo in favore delle imprese coinvolte nella vicenda, provvedeva a reclutare suoi connazionali, spesso irregolari sul territorio italiano, che versavano in evidente stato di bisogno, perché bisognosi di lavorare per garantirsi un sostentamento per sé o per i propri familiari o per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno in Italia.
Secondo quanto accertato dai finanzieri i lavoratori venivano sottoposti a turni di lavoro massacranti, senza interruzioni, fruizioni di pausa pranzo o riposi festivi e settimanali, tutto ciò dietro l’erogazione di un compenso ben al di sotto del salario minimo previsto dal contratto nazionale di categoria, ed in gran parte dei casi corrisposto “in nero” al fine di mascherare effettivi orari di servizio che andavano contro ogni norma.
Lo stesso responsabile, tra l’altro, pretendeva da ogni operaio la quota di 5 euro giornaliere, che a suo dire gli dovevano essere riconosciute a titolo di rimborso-spese per il trasporto della manodopera e per il consumo di carburante.
Inquietante anche la situazione alloggiativa degli stessi braccianti, ai quali veniva offerto di dimorare ma in locali completamente fatiscenti.
Alla luce degli elementi probatori che le Fiamme Gialle doriche hanno fatto giungere sul tavolo dell’Autorità Giudiziaria inquirente, nei confronti del “caporale” in questione è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita dagli stessi finanzieri del GICO.
Il provvedimento cautelare in parola interviene comunque nella fase delle indagini preliminari, dunque all’arrestato come ai denunciati va ancora riconosciuta la presunzione d’innocenza, che non potrà venir meno fin quando nei loro confronti non sarà stata emessa un’eventuale sentenza definitiva di condanna.
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