Guerra cognitiva: un’analisi sul nuovo e riconosciuto battlefield

Di Giulia Botta

ROMA (nostro servizio particolare). Nel corso dei secoli, la natura e le origini dei conflitti sono rimaste costanti, cambia, invece, la tipologia.

Il significato etimologico della parola guerra, fa riferimento ad un conflitto aperto e dichiarato fra due o più Stati, o fra gruppi organizzati con legami di natura etnica, religiosa o politica.[1]

Ne consegue, quindi, che ogni volta che si sente parlare di guerra, si pensa ad uno scontro tra due o più attori, che ricorrono alle armi per il raggiungimento dei loro rispettivi obiettivi.

La guerra cognitiva nuovo terreno di scontro

Solo negli ultimi anni, accanto ad uno scontro di forze sul campo, si è iniziato a parlare di guerra cognitiva, che si svolge su un terreno non tradizionale, un campo di battaglia nuovo inteso ad influenzare le percezioni comuni.

Questo nuovo fronte ha un potere manipolativo tale da condizionare le percezioni, alterare le dinamiche cognitive ed interferire nel potere decisionale di un Paese.

Secondo questo nuovo postulato, la vittoria resterà dipendente dalla capacità di influenzare, cambiare o impattare il dominio cognitivo.

Il dominio cognitivo è un concetto chiave all’interno della psicologia, e si riferisce al funzionamento intellettuale e all’elaborazione delle informazioni da parte del cervello umano. Comprende varie abilità mentali, tra cui l’acquisizione della conoscenza, la comprensione, l’applicazione, l’analisi, la sintesi e la valutazione.

Il concetto di dominio cognitivo è fondamentale per comprendere come gli individui pensano, apprendono e applicano la conoscenza in diversi contesti e discipline.

Gli avversari statali e non statali utilizzano la guerra cognitiva per sfruttare ed influenzare i processi psicologici, modellare le opinioni e generare sfiducia nei processi istituzionali democratici. Questo tipo di confronto non fisico, comporta nuove minacce di tipo sociale ed ideologico.

La società, quindi, diventa un vettore attraverso il quale indirizzare gli attacchi versi obiettivi principali, come il potere decisionale di uno Stato.

Secondo Carl von Clausewitz, la guerra è un atto di forza che piega il nemico alla nostra volontà, anche la guerra cognitiva persegue quest’obiettivo, adoperando, però, anche mezzi non cinetici.

Carl von Clausewitz

Guerre cruente, minacce nucleari, attacchi cyber sono i mezzi tradizionali impiegati per attaccare una popolazione, e di conseguenza fare leva sul potere decisionale dello stato di appartenenza.

E’ opportuno ricordare che esiste un elemento informativo negli strumenti di potere nazionale – nelle riconosciute attività di diplomazia, informazione, militare ed economica.  Di fatto, ogni singola attività condotta in questi domini genera dei fattori che impattano le percezioni che, a loro volta, plasmano i comportamenti.

Accanto al concetto di multi-domain, si riconobbe il rilievo delle percezioni umane, al punto di parlare di dominio umano [2] come spazio di manovra nel cui ambito opera un attore.

La guerra cognitiva, proprio per la sua capacità di generare effetti, viene perseguita da un attore durante l’intero arco del conflitto (continuum of competition), cioè prima, dopo ed al termine di un eventuale scontro armato, evidenziando così la persistenza e simultaneità delle minacce da parte di un avversario.

Essa ha come obiettivo quello di influenzare l’opinione pubblica per destabilizzare le istituzioni di uno Stato.

Ne conviene che sia mezzi cinetici e non cinetici, come la manipolazione dell’informazione, possono essere tra i vettori per questo tipo di confronto.

La comunicazione umana ha subìto una trasformazione significativa nel corso dei millenni, passando da forme rudimentali e primitive a sofisticati sistemi di interazione.

Si è passati da un modo di comunicazione preverbale e gestuale, all’alfabetizzazione, fino all’emergere di nuovi mezzi di comunicazione di massa, come la radio e la televisione, che hanno trasformato radicalmente il modo in cui le persone accedono alle informazioni e si influenzano reciprocamente.

Tuttavia, la vera svolta è stata la rivoluzione digitale, con l’avvento di Internet e dei social media.

Questi hanno reso la comunicazione immediata, globale ed altamente interattiva, rendendo la stessa multidirezionale e partecipativa.

Usare l’opinione pubblica come arma è una realtà nuova, grazie all’ interconnessione globale, che ha reso possibile manipolare le masse su larga scala attraverso messaggi mirati alle varie audiences.

Ovvio che il positivo impatto di un messaggio, è il risultato non solo di evoluti mezzi telecomunicativi, ma anche di una conoscenza approfondita delle audiences cui lo stesso si indirizza.

Si creano in tal modo delle narrazioni che possono influenzare ed incidere sulle credenze e valori condivisi dagli utenti (credenze religiose, composizione etnica, scolarizzazione, livello occupazionale e altro ancora).

Le narrazioni che possono influenzare ed incidere sulle credenze e valori condivisi dagli utenti

Con questo nuovo tipo di guerra siamo di fronte alla manipolazione della mente umana.

La guerra cognitiva va al di là di ciò che di solito si intende per  guerra  informativa (info warfare), oltre al confronto per controllare il flusso delle informazioni, questo nuovo tipo di scontro consiste nel controllare o alterare il modo in cui le persone reagiscono all’informazione.

La consapevolezza di questi rischi ha indotto il Canada e i Paesi Bassi a promuovere la Dichiarazione Globale sull’Integrità dell’Informazione Online lo scorso settembre 2023, a margine della dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Nel documento firmato da diversi Paesi, si denuncia come l’erosione dell’integrità dell’informazione, inclusa la propagazione della disinformazione, indebolisce la forza dell’impegno democratico, perché ostacola un dibattito pubblico aperto su questioni rilevanti.

La guerra cognitiva come nuovo tipo di confronto non fisico, che mira a manipolare o interferire con lo stato cognitivo di un avversario, è il nuovo riconosciuto battlefield.

NOTE

[1] Enciclopedia Treccani

[2] Frank Hoffman e Michael C. Davies,  “Joint Force 2020 and The Human Domain” (2013)

 

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