Traffico di esseri umani, i Carabinieri smantellano un’associazione di nigeriani che sfruttava giovani donne per la prostituzione

Catania. I Carabinieri del ROS (Reparto Operazioni speciali) e dell’Arma territoriale di Lecce, Verona, Sassari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, hanno smantellato un’associazione di cittadini nigeriani, finalizzata al traffico di esseri umani, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed altri reati collegati sempre alla tratta.

I Carabinieri hanno smantellato un’associazione di nigeriani dedita al traffico di esseri umani

L’operazione denominata “Nigeria” ha visto l’esecuzione da parte dei militari dell’Arma di una serie di ordinanze di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini preliminari (GIP) nei confronti di cinque donne (Joy Ewemande, Blessing Isibor, Evelyn John, Vivian Onohio, Loveth Ohnegbnwman) e di due uomini (Jacob Kennedy e Ivare Ovbiedo)  .

Cinque di questi indagati erano stati già raggiunti da un’analoga ordinanza emessa, a giugno, dal GIP presso il Tribunale di Lecce, dichiaratosi poi incompetente con trasmissione degli atti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. 

L’ordinanza ha accolto gli esiti un’articolata indagine del ROS e dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, originata dalla denuncia presentata da una donna nigeriana, dopo il sequestro della figlia minore ad opera di trafficanti.

A seguito del rapimento, secondo la denunci, da un’organizzazione criminale che aveva l’interesse ad inserire giovani nigeriane nel mondo della prostituzione, i sequestratori avevano richiesto il pagamento di un riscatto di 30 euro per la liberazione della ragazza.

Le indagini hanno successivamente permesso di verificare che la minorenne aveva deciso autonomamente di intraprendere il viaggio per raggiungere l’Italia, affidandosi alle persone ora indagate. 

Grazie al controllo delle comunicazioni dei presunti rapitori in contatto con la denunciante, i Carabinieri hanno progressivamente individuato una articolata organizzazione criminale di cittadini nigeriani costituita da più gruppi con base logistica sia nella nazione d’origine, sia nel nord Africa (in particolare in Libia nelle città di Sebha, Sabratha e Tripoli9, dove operano stabilmente referenti in accordo con bande criminali locali e di altre nazionalità, dedite alla gestione di giovani vittime, destinate allo sfruttamento sessuale da far giungere anche in Italia tramite i flussi migratori clandestini dal continente africano a quello europeo attraverso collaudate rotte di viaggio.

Le indagini hanno così consentito di individuare e identificare sia la figlia della denunciante – assicurandole un percorso di protezione – sia numerose altre ragazze giunte in tempi diversi sulle coste italiane e destinate al mercato della prostituzione, alcune delle quali hanno deciso di sottrarsi alle maglie dell’organizzazione e di raccontare agli investigatori tutto ciò che gli era capitato.  

L’indagine ha così permesso di individuare le fasi salienti del traffico delle migranti. In primo lungo, il reclutamento di giovanissime vittime che veniva, effettuato in Nigeria ad opera di persone spesso legati da vincoli di parentela con i referenti dell’organizzazione presenti in Italia. In particolare, si puntava sull’età, le fattezze fisiche delle ragazze, l’eventuale verginità. Il tutto documentato con foto.

Il secondo passaggio era quello del trasporto delle vittime, accompagnate da migranti uomini lungo le stesse rotte, attraverso il Niger e verso la Libia. A Sebha, tutti i migranti venivano trattenuti in attesa di essere trasferiti sulla costa e di salpare alla volta dell’Italia.

In attesa dell’imbarco, centinaia di uomini e donne venivano ammassati in edifici fatiscenti, sorvegliati da uomini armati al soldo delle varie organizzazioni criminali e fatti oggetto di umiliazioni psicologiche e di violenze fisiche. Alcuni passaggi contenuti nelle dichiarazioni delle vittime hanno consentito di comprendere l’estrema difficoltà del viaggio, effettuato con mezzi di fortuna, a volte con l’utilizzo di biciclette da parte di due o addirittura tre persone contemporaneamente per attraversare il confine con il Niger con l’ordine perentorio di abbandonare nella savana l’eventuale passeggero che, stremato dalla stanchezza, non era in grado di continuare il viaggio.

Drammatici anche i racconti dei momenti dell’attraversamento del deserto al confine tra Niger e Libia, quando i clandestini più deboli o privi di sensi venivano lasciati sulla strada, letteralmente lanciati dai camion in corsa. I gruppi dei migranti superstiti, giunti sulle coste libiche, restavano in balia di bande di “ribelli” armati che li utilizzavano come “merce di scambio” per la successiva rivendita ad altre organizzazioni criminali,

Il terzo passaggio è stato il recupero dei migranti presso i centri d’accoglienza ove venivano collocati dalle Autorità italiane. Un recupero attuato con l’ausilio di altri connazionali e, talvolta, agevolato dalla disponibilità di documenti falsi.

Le indagini hanno consentito di appurare, ancora una volta, la sottoposizione al rito voodoo delle ragazze reclutate per esser destinate alla prostituzione. Prima di iniziare il viaggio, ogni vittima veniva condotta dal “Native Doctor” (chiamato anche “Babalawoo”) per la celebrazione del rituale onde soggiogarle psicologicamente grazie ad una sorta di “obbligo spirituale”, che importa la la più stretta osservanza alle prescrizioni impartite dai trafficanti, onde evitare eventi nefasti in loro danno e delle loro famiglie.

Un rito voodoo

Giunte in Italia le ragazze passavano sotto il controllo delle “Madame”, le quali, attraverso ulteriori riti “voodoo”, la violenza fisica e le intimidazioni, le costringevano alla prostituzione per guadagnare il denaro necessario a saldare il debito contratto. Solo con l’estinzione di tale debito, le vittime potevano, infatti, affrancarsi dal controllo dell’organizzazione e “liberare” la propria anima dal vincolo spirituale attivato dal voodoo.

Le indagini hanno poi permesso di evidenziare un ingente volume d’affari originato dal traffico di esseri umani organizzato dagli indagati. Sono stati decisivi i tantissimi riferimenti emersi nel corso dell’attività alle transazioni (effettuate spesso in contanti o attraverso il frazionamento in piccole somme oggetto di money transfer da parte di soggetti compiacenti) nonché l’ammontare del debito di ingaggio accertato (ogni vittima si impegnava a pagare ai trafficanti dai 30 mila ai 35 mila euro per il trasferimento dalla Nigeria all’Europa e, all’arrivo sul territorio nazionale a queste somme si aggiungevano le spese di vitto e alloggio in Italia, con ciò stesso incrementando l’entità dell’esposizione delle vittime e il loro sfruttamento).

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