Violenza, sicurezza, baby gang: la lezione mai imparata della tragedia alla Columbine

Di Marco Petrelli

COLUMBINE (COLORADO-USA)nostro servizio. Nell’aprile di 25 anni fa Eric Harris e Dylan Klebold, adolescenti del Colorado, entrarono nella storia con un orrendo primato: l’uccisione di 15 fra studenti e insegnanti e il ferimento di altre 20 persone nel loro liceo, quello di Columbine High School.

Nell’aprile di 25 anni fa Eric Harris e Dylan Klebold, uccisero 15 fra studenti e insegnanti

Violenza, possesso di armi e di esplosivi, un odio che covava nel silenzio di istituzioni e famiglie scoppiando a colpi di fucile e di tubi esplodenti.

E nessuno che, dopo la strage, fosse stato capace di assumersi la responsabilità di quanto accaduto.

Esattamente come oggi, un quarto di secolo più tardi, con le ormai arcinote baby gang.

Una baby gang in azione contro un coetaneo

Quell’immane sciagura (purtroppo non l’ultimo caso di strage scolastica) accese i riflettori sugli errori di due istituzioni della società americana: la scuola e le Forze dell’Ordine.

La prima, rea di aver taciuto episodi di prevaricazione e di bullismo che, portati all’esasperazione, hanno acceso la miccia di due menti deviate.

Le seconde, di non essersi sapute muovere per tempo: l’acquisto di armi ed esplosivi è passato inosservato, senza contare che, a strage compiuta, la squadra SWAT intervenne quando ormai Harris e Klebold si erano tolti la vita.

A 25 anni di distanza dalla strage della Columbine, le domande che ci poniamo in Italia sul dilagare di fenomeni criminosi fra i giovanissimi sono le stesse che accompagnarono i mesi successivi alla carneficina: è possibile che persone, neanche maggiorenni, possano non rendersi conto delle conseguenze delle loro azioni?

Se le Forze dell’Ordine di Columbine commisero errori grossolani ed imperdonabili, nel nostro Paese poliziotti e carabinieri potrebbero intervenire, ma hanno le mani legate da una politica che non ama le responsabilità.

Le armi ritrovate dopo gli omicidi

“Siamo minorenni, non puoi farci niente” Chiedetelo ad un poliziotto, ad un carabiniere, ad un vigile se si è mai sentito rivolgere parole simili.

I ragazzini, che si ritrovano per sfide di Tik Tok a colpi di bastone e di coltello nelle piazze, conoscono la legge meglio degli adulti.

Sanno di essere difficilmente perseguibili e che, al massimo, pagheranno i genitori per loro e, soprattutto, sanno che la Società li “coccola”, con atteggiamenti quasi di giustificazione di quei comportamenti.

Accade anche che arresto e detenzione risultino sistemi inefficaci.

Harris e Klebold finirono nei guai un paio d’anni prima della strage per il furto di materiale elettrico da un furgone. Svolsero un periodo di servizi sociali, per poi fare colpo sulle autorità sfoderando un pentimento ben poco autentico…

I membri delle baby gang vivono il carcere quasi come un passaggio necessario alla loro “carriera” nella banda, che sia il riformatorio, che sia la galera con gli adulti.

Nel corso di una puntata di “Dritto e Rovescio“, la dirigente sindacale del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia), Patrizia Bolognani ricordava che “chi si arruola fa il bene del Paese ed è l’unica barriera, perché la famiglia è fallita, la scuola è fallita e ci siamo noi a fare da barriera contro gli spacciatori, contro quelli che spaccano le teste agli anziani”.

Che famiglia e scuola abbiano miseramente abbandonato il loro ruolo è lampante.

E lo era anche ai tempi della Columbine: tacere sui diffusi episodi di bullismo – e sulle eventuali conseguenze legali e psicologiche – ha palesato le gravissime mancanze della dirigenza scolastica e del corpo docenti.

Quanto alle famiglie, sembra ancor oggi assurdo che nessuno si sia accorto del cambiamento dei ragazzi, a partire dall’acquisto delle armi: una pistola mitragliatrice TEC9, una doppietta, una carabina, un fucile a pompa, quattro coltelli e quantità d’esplosivo sufficiente a confezionare quasi 100 ordigni non passano inosservati. E poi, dove hanno trovato il denaro per acquistarle?

Ai giorni nostri la Scuola non ha più motivo di tacere. Si è infatti arresa: un brutto voto, un richiamo disciplinare, il convocare i genitori può causare più danni all’insegnante che all’alunno, quest’ultimo protetto da un mondo che tende a minimizzarne i comportamenti e a fargli credere che sia sempre nel giusto.

Inoltre, papà e mamma hanno appeso al chiodo qualsiasi forma di autorità, pensando che essere “amici” dei figli sia più importante (o più facile) che provare ad educarli.

Discorso che, sia chiaro, non vale per tutti gli adolescenti, né per tutte le famiglie. Ma è un dato di fatto che l’attitudine al non assumersi responsabilità sia ormai universalmente diffusa.

A questo punto la domanda non è tanto il come arginare fenomeni delinquenziali minorili – basterebbe infatti applicare le leggi vigenti – semmai discutere di quale sarebbe il vantaggio di declinare ogni responsabilità di contrasto e correzione di quei fenomeni?

Storicamente, le fasce più giovani della popolazione sono l’obiettivo preferito della politica.

Ciò accade nei regimi totalitari, ciò succede in democrazia. Lo spirito d’iniziativa, l’idealismo, il desiderio di essere parte di qualcosa rinunciando spesso a porsi domande, a chiedersi se ciò che si faccia sia davvero giusto o sbagliato tipico dell’età adolescenziale è manna per qualunque politico e leader religioso.

Pensiamo ai fanatici protagonisti della rivoluzione culturale maoista, ai khmer rouge, alla gioventù hitleriana, alla family di Charles Manson, ai seguaci delle ideologie green che imbrattano le opere d’arte e si rovinano con una denuncia.

Pur trattandosi di casi molto diversi fra loro (gli attivisti green non ricorrono certo alla violenza tantomeno all’omicidio!), la comune, genuina aspirazione dei giovani e giovanissimi ad essere parte di un progetto più grande, li espone ad essere preda di manipolatori che ne sfruttano l’ idealismo a proprio vantaggio. Edulcorate dalle parole, anche le cause più mostruose possono apparire nobili.

Se si vuole imparare qualcosa dal passato le istituzioni scolastica, familiare e di polizia giudiziaria vanno rimesse al centro e riabilitate nella loro importante funzione sociale. E questo va fatto, anche se può costare la perdita di un po’ di consenso…

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