AUKUS: nasce tra molte polemiche il nuovo asse strategico tra Londra, Canberra e Washington. Gli australiani annullano un importante contratto con la Francia per la vendita di sottomarini

Di Fabrizio Scarinci

Canberra. I governi di Stati Uniti, Australia e Regno Unito hanno annunciato nei giorni scorsi la nascita del partenariato AUKUS, con il quale intendono rafforzare la propria cooperazione in ambito strategico, ponendo particolare attenzione a settori quali cybersecurity, intelligenza artificiale e difesa marittima.

Al momento, tra le maggiori novità connesse a quest’intesa figurano la concessione di parte della base navale di Perth alla marina statunitense, che dovrebbe schierare in loco alcuni dei propri sottomarini d’attacco, e alcuni accordi di cooperazione tecnico-industriale volti a potenziare le capacità militari australiane, tra cui la vendita di missili Tomahwak da parte degli Stati Uniti e la cessione di tecnologie utili alla realizzazione di sottomarini a propulsione nucleare da parte del Regno Unito.

Un sottomarino nucleare d’attacco della classe Astute in servizio con la Royal Navy. Londra fornirà all’Australia la capacità di produrre mezzi di questo tipo.

Per Canberra, la possibilità di dotarsi di tali sistemi costituirebbe certamente un fattore di enorme importanza. Già da alcuni anni, infatti, constatate le crescenti ambizioni cinesi nella regione dell’Indo-Pacifico (ambizioni che lo stesso partenariato AUKUS, al pari di altre iniziative, si propone di contrastare), i vertici politico-militari australiani hanno lanciato, in accordo con i propri alleati, un ambizioso programma di potenziamento delle loro forze armate, prestando particolare attenzione proprio alla marina, vista come uno strumento essenziale al fine di proiettare il proprio potere nell’area e fornire un contributo concreto al contenimento di Pechino.

Negli ultimi anni la componente oceanica di superficie della Royal Australian Navy ha ricevuto tre nuovi cacciatorpediniere antiaerei classe Hobart (derivati dalle fregate spagnole Alvaro de Bazan) e due LHD classe Canberra (derivate dal progetto, sempre spagnolo, della LHD Juan Carlos I), a cui, nei prossimi anni, in sostituzione delle 8 fregate antisommergibile classe Anzac attualmente in servizio, si aggiungeranno ben 9 moderne fregate ASW della classe Hunter.

Immagine del cacciatorpediniere Hobart, primo dell’omonima classe ad entrare in servizio

Quanto alla componente subacquea, invece, essa risulta incentrata da anni su 6 battelli Diesel-elettrici della classe Collins, realizzati da Canberra in piena autonomia ma sfortunatamente caratterizzati da numerosi problemi tecnici. Al fine di sostituirli (e, allo stesso tempo, aumentare la consistenza della propria flotta di sottomarini), negli scorsi anni il governo australiano aveva firmato con la francese Naval Group un contratto da 56 miliardi di euro per l’acquisto di 12 esemplari di una versione Diesel-elettrica del Barracuda. Tuttavia, la possibilità di ottenere tecnologie basate sulla propulsione nucleare (unita, forse, ad una qualche opera di persuasione da parte di Londra e Washington) ha fatto cambiare idea ai vertici politici e militari del Paese, che hanno annullato il contratto con Parigi e sembrerebbero ora intenzionati a costruire ed introdurre dagli 8 ai 12 SSN.

Rispetto ai battelli a propulsione convenzionale, questi sottomarini presentano, in effetti, numerosi vantaggi, tra cui un’autonomia praticamente illimitata (grazie alla quale non devono rifornirsi, col rischio di essere individuati dal nemico), una maggiore velocità ed elevatissimi livelli di furtività, che li rendono strumenti dal fortissimo impatto strategico.

Per tale ragione, specie a fronte delle minacce presenti nelle vicinanze del suo territorio, non c’è da stupirsi del fatto che l’Australia voglia unirsi a Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito (e, tra non molto, Corea del Sud) nel ristrettissimo “club” degli utilizzatori di questi battelli, che, in combinazione con i missili Tomahawk (lanciabili sia da mezzi subacquei che da unità di superficie) conferirebbero alla RAN capacità di attacco e deterrenza davvero notevoli.

Lancio di un missile Tomahawk da parte di un Astute britannico, nei prossimi anni anche la Royal Australian Navy potrebbe conseguire questa capacità

 

La scelta australiana ha, però, provocato la furiosa reazione francese, sintetizzata dalle dichiarazioni del Ministro degli Esteri Yves le Drian, che si è dichiarato amareggiato, ricordando come non ci si debba comportare così tra Paesi alleati, e dell’ex ambasciatore transalpino negli USA Gerard Araud, che ha letteralmente parlato di “pugnalata alle spalle”, facendo notare, tra le altre cose, come per Canberra sarebbe stato molto più semplice acquistare dei Barracuda a propulsione nucleare (ossia nella loro variante originale), dato che tutti i problemi che hanno caratterizzato finora il programma franco-australiano sarebbero stati causati proprio dalla difficoltà di dotare tali mezzi di motori Diesel-elettrici.

Altri importanti funzionari francesi hanno poi aggiunto come, dal loro punto di vista, la nascita del partenariato AUKUS rischi di emarginare la NATO e l’Unione Europea (che in tutta questa vicenda non sarebbero state consultate né da Londra, né da Washington), con notevoli rischi per la tenuta del rapporto transatlantico, già piuttosto provato in seguito al recente ritiro dall’Afghanistan.

Non meno furente è stata la reazione di Pechino, che, oltre a scagliarsi contro la nascita dell’AUKUS, bollata come un’iniziativa irresponsabile e foriera di danneggiare la pace e la stabilità nella regione, ha anche ammonito l’Australia, dichiarando che in caso di guerra, a causa della sua decisione di ospitare i battelli nucleari d’attacco statunitensi, non verrebbe più trattata come un'”innocente Stato non nucleare”.

Il Portavoce del Ministero degli esteri cinese Zhao Lijan, che ha espresso le pesanti critiche di Pechino riguardo alla nuova iniziativa.

Dal canto loro, i governi di Regno Unito, Australia e Stati Uniti hanno invece assicurato come lo scopo del nuovo partenariato sia quello di cooperare al fine di promuovere sicurezza e prosperità, sottolineando i valori condivisi che da svariati decenni legano Londra, Canberra e Washington e dichiarando il loro impegno al fine di favorire lo sviluppo di relazioni pacifiche tra i vari Paesi della regione.

Tuttavia, al di là delle dichiarazioni ufficiali, ciò che si può evincere da questa vicenda è, da un lato, il fatto che la competizione per il primato mondiale tra Washington e Pechino, caratterizzata soprattutto da mosse di questo tipo, sia ormai un dato immutabile del panorama politico internazionale, e, dall’altro, come, in tale situazione, gli Stati Uniti si stiano mostrando sempre meno tolleranti nei confronti di quegli alleati (come Francia e Germania) che, per ragioni di natura commerciale, tendono ad avere posizioni ambigue nei confronti di Pechino, non esitando ad umiliarli facendo loro le scarpe in situazioni di questo tipo.

Tornando, invece, all’AUKUS, esso si configura certamente come un partenariato destinato a durare nel tempo e ad assumere un ruolo sempre più importante nella politica strategica dei tre Paesi coinvolti, che, oltre ad avere comuni radici linguistico-culturali, appaiono anche caratterizzati da interessi del tutto complementari.

A tal proposito, può infatti essere utile ricordare che se, al fine di contenere Pechino, gli Stati Uniti necessitano di una maggiore presenza sul suolo del proprio “satellite” australiano, per la stessa ragione gli australiani sono ben lieti di incrementare il proprio livello di cooperazione con gli americani, mentre per ciò che concerne i britannici, fuoriusciti dall’UE ed auto-privatisi della capacità contare influenzando la politica dell’Unione “per conto” di Washington, il nuovo partenariato rappresenta certamente una ghiotta opportunità per riaffermare il loro ruolo di junior partner globale accanto alla superpotenza americana.

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