Azerbaigian: nel distretto di Tartar, a pochi passi dal conflitto con l’Armenia

Di Domenico Letizia*

Baku. Durante la nostra recente missione in Azerbaigian, abbiamo visitato il distretto di Tartar con l’obiettivo di conoscere e monitorare la situazione nei villaggi situati in prima linea lungo il confine del conflitto e visionare le condizioni degli sfollati interni.

Il capo dell’autorità esecutiva del distretto di Tartar, Müstaqim Mammadov ha illustrato e descritto, durante un breve colloquio, le opportunità, la storia e il futuro della regione.

Il distretto azerbaigiano del Tartar è sulla linea di contatto, a 48 chilometri dall’Armenia. A seguito della regolare violazione del cessate il fuoco da parte delle unità delle Forze armate armene, gli edifici amministrativi e residenziali, il bestiame locale e molte strutture agricole della città sono gravemente danneggiate e vi è concreta difficoltà con la vita quotidiana della popolazione.

Molte di queste persone vivono a meno di 200 metri dalla linea di contatto tra l’Esercito azero e quello armeno, in zone al momento sicure dopo i gravi fatti dell’aprile del 2016.

L’ospedale da campo nel distretto di Tartar

La primavera del 2016 ha sicuramente rappresentato la più tragica ripresa del conflitto, successiva all’accordo di cessate il fuoco raggiunto a metà degli anni ’90, dopo le operazioni militari che hanno portato all’occupazione della regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh e di altri 7 distretti dell’Azerbaigian da parte dell’Esercito dell’Armenia, occupazione che ancora continua.

“Sono stato nominato quattro anni fa dal Presidente Ilham Aliyev –  ha spiegato Mammadov, ribadendo che gli uffici dell’amministrazione locale sono ubicati a circa quattro chilometri dalla linea di contatto e che nel 2016 la linea di contatto era molto più vicina -. La città dove ha sede l’amministrazione del distretto ora è sicura, ma in prossimità della linea di contatto dei cecchini armeni sparano ai nostri camion per mantenere alta la tensione”. La vita del distretto continua e la comunità vive soprattutto di agricoltura. Cotone, thè, camomilla, fragole e ciliegie sono le principali colture della zona.

Si tratta di prodotti riconosciuti come biologici e le uniche fabbriche presenti nei dintorni si occupano della lavorazione e di distribuzione di tali prodotti.

Il Governo centrale di Baku dai fatti del 2016 ha investito molto per ripristinare la situazione alla normalità e gli effetti si vedono: “Nel 2017 abbiamo ricavato circa 6,1 milioni di dollari dal settore agricolo”, ha spiegato Mammadov.

La produttività agricola, oltre a essere una peculiarità del distretto è continuamente in pericolo a causa della “guerra dell’acqua” secondo quanto riferito dalle autorità, poiché dal lato armeno sono stati bloccati i corsi idrici e quindi è stato necessario costruire delle strumentazioni apposite per garantire l’irrigazione dei campi.

Durante i mesi estivi, il conflitto ha generato danni all’ambiente. Di conseguenza, le colture di cereali e altri prodotti agricoli sono stati gravemente danneggiati.

L’occupazione da parte degli armeni dei bacini artificiali di Sarsang e Madagiz crea difficoltà nell’irrigazione delle aree seminate.

Nella stagione invernale, l’apertura dei bacini, da parte delle forze di occupazione, provoca l’allagamento delle aree seminate e degli insediamenti.

Inoltre, le sostanze esplosive sono scaricate lungo il corso dei fiumi. Müstakim Mammadov ha osservato, con rammarico, che le azioni dell’Armenia provocano continuamente danni e problemi alla comunità locale e alla attività principale: l’agricoltura.

*Analista geopolitico. Presidente dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale (IREPI)

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