Perù: la comunità italiana e la Grande Guerra. L’esempio del Capitano Ettore Marchand, caduto eroicamente sul Piave

Di Gerardo Severino*

LIMA (nostro servizio particolare). A partire dall’aprile-maggio 1915 in poi, almeno sino a quando fu possibile raggiungere via mare l’Europa, prima del blocco dei traffici, dovuti purtroppo alle aberranti azioni dei sottomarini austro-ungarici, i quali si macchiarono dell’affondamento, sia negli Oceani che nello stesso Mediterraneo, di non poche navi passeggeri, lasciarono l’America Latina migliaia di nostri emigranti, i quali, pur essendo molto spesso esentati dal farlo, si arruolarono volontari onde soccorrere la Patria in guerra.

Il fenomeno riguardò anche la Colonia che da anni viveva nell’ospitalissimo Perù (circa 7 mila persone), come abbiamo ricostruito in un apposito saggio pubblicato su Report Difesa.

Secondo alcune stime non furono tantissimi, ovviamente rispetto alle migliaia di “adesioni” che pervennero, invece, ai Comitati spontanei sorti sia in Argentina, Brasile che Uruguay, Nazioni ove la presenza degli italiani era di gran lunga superiore.

Ebbene, fra i volontari, reclutati dal “Comitato Italiano[1] e partiti dal Callao alla volta di Genova ve ne furono alcuni che purtroppo non sarebbero più tornati indietro, avendo spento le proprie vite sui vari fronti della “Grande Guerra”.

È il caso di Giovanni Bacigaluppi, Anacleto Comboni, Giuseppe Chersi, Ettore Marchand ed Enrico Modorati, ufficiali del Regio Esercito, di Lorenzo Ferreccio, Pietro Gallese, Ettore Pietro Lupi, Modorati, Gaetano Ramo, Ugo Scaletti, Antonio Vallarino ed Emilio Viale, tutti soldati morti in combattimento da veri eroi, ovvero tra strazianti agonie nei vari ospedaletti da campo.

Fra di loro alcuni furono promossi ufficiali per merito di guerra, decorati, quindi, al Valor Militare, come nel caso di Ettore Marchand, un giovane di origini piemontesi, uno dei primi a partire per l’Italia, consapevole dei rischi cui andava incontro ed al quale dedichiamo il presente contributo, in omaggio al suo leonino coraggio.

Ettore Marchand, da Lima al Piave, una vita spesa per l’onore d’Italia (1894 – 1918)

Ettore Gaetano Natale Marchand nacque a Torino il 21 dicembre del 1894, figlio di Romeo, classe 1862 originario di Bardi (Parma) e di Teodolinda Eugenia Genta, torinese di famiglia agiata, essendo proprietaria di una nota distilleria di liquori [2].

Ettore, in verità, avrebbe vissuto la sua fanciullezza proprio a Bardi, località ove fu costretto a trasferirsi dopo la separazione dei genitori e il trasferimento del padre Romeo in Perù, accolto in caso dello zio Giacomo, che non aveva figli propri.

Fu proprio a Bardi che il giovane ebbe modo di studiare e, in seguito, di approcciarsi alla professione di compositore tipografo, che avrebbe esercitato almeno sino al momento in cui si trasferì a Lima, ove il padre Romeo, che agli inizi esercitava la professione di Direttore Chimico e Tecnico della celebre “Compagnia Anonima La Concordia”, la più importante distilleria e fabbrica di liquori del Perù, fondata in Calle Cristoforo Colombo nell’aprile del 1900, prima di divenire titolare della celebre fabbrica di cognac e liquori vari “Romeo Marchand & Co”.

Ettore Marchand con l’elmetto da Bersagliere dei reparti d’Assalto

Purtroppo non disponiamo di ulteriori elementi riguardo al periodo che Ettore trascorse a Lima, molto probabilmente assunto da qualche Casa Editrice, Tipografia ovvero addetto alla composizione di qualche giornale locale, oppure assunto dalla stessa Azienda del padre, il quale, nel frattempo si era formata una nuova famiglia [3].

In seguito all’entrata in guerra dell’Italia (24 maggio 1915), Ettore fu tra i tanti emigrati che accorse all’appello della Patria – peraltro senza esserne obbligato per legge – decidendo di arruolarsi volontariamente.

Il giovane non aveva ancora compiuto i fatidici 21 anni d’età, allora contemplati per essere definiti adulti.

Raggiunta la sua natale Torino, Ettore già sapeva in partenza dove era stato assegnato dal Ministero della Guerra, il quale “interagiva” sia con le Ambasciate e le Legazioni che con i vari “Comitati” sorti in varie località estere, onde facilitare sia il ritorno a casa dei richiamati che l’arruolamento dei volontari. Ettore avrebbe, quindi, vestito i panni di Sottotenente di Complemento del 23° Reggimento Fanteria della gloriosa “Brigata Como” (che normalmente era di stanza a Novara), la quale faceva parte della 2^ Divisione del I° Corpo d’Armata.

Prima di raggiungere il fronte, il giovane italo-peruviano dovette sostenere il necessario corso di formazione, che si tenne presso la Scuola Ufficiali del Regio Esercito operante nella stessa città piemontese. Terminato il corso di formazione, Ettore fu spedito al fronte, esattamente nel Cadore, ove iniziò a distinguersi per coraggio e sprezzo del pericolo nel corso dell’offensiva verso il Monte Cristallo (Val Fiorenza), seguita, alla metà di ottobre, dall’attacco verso le pendici Nord del Monte Forame, dello Schonleitenschneit e del Rauchkofel al fine di completare la conquista del massiccio del Cristallo, già iniziata nel luglio con la presa di Cristallino e Cresta Bianca.

Verso la metà di febbraio del 1916, anche il Sotto Tenente Marchand fu dislocato in Val d’Ansiei, poi, verso la fine di marzo, in Val Padola (Cadore), ove la sua Compagnia continuò ad occuparsi della difesa, così come di ricognizioni, conducendo ogni tanto degli arditi colpi di mano.

Nel giugno seguente il 23° Reggimento fu provvisoriamente assegnato alla 1^ Divisione, che aveva ricevuto l’ordine di impegnare gli austriaci in Trentino, tra la Valle di Primiero e quella dell’Avisio, combattendovi per tutta l’estate e il successivo autunno. E fu proprio in quel contesto che il Sottotenente Marchand ottenne la sua prima medaglia di bronzo al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Durante l’attacco alle trincee nemiche, con slancio e sangue freddo portò il proprio plotone fin sotto il reticolato nemico: caduto ferito, continuava ad incitare i soldati a perseverare nell’attacco. Rufreddo, 16 giugno 1916″ [4].

Ricoverato presso l’ospedale militare di Livorno, ove rimase per circa 75 giorni, Ettore Marchand tornò in servizio, nominato Comandante del Distretto Militare di Ghemme (Novara). Da qui, dopo qualche mese, chiese e ottenne di tornare al fronte, ove si sarebbe distinto ancora per coraggio e sprezzo del pericolo, tanto da ottenere la promozione a Capitano ed una Croce al “merito di guerra”.

Nel frattempo le sue gesta erano approdate anche a Lima, ove un celebre quotidiano locale gli avrebbe dedicato un apposito articolo nel quale venivano elogiati il suo valore e il suo coraggio [5].

Ben presto la sua fortissima determinazione lo spinse ad aderire all’Arditismo, chiedendo così di entrare a far parte del glorioso LXXII° Reparto d’assalto “Fiamme Cremisi”, posto alle dipendenze del XXII° Corpo d’Armata, il quale era stato formato il 15 giugno 1918 a Castelfranco Veneto, tra le fila del quale avrebbe proseguito la lotta contro l’odiato austriaco. Sul finire del mese di ottobre, sempre del 1918, il bersagliere Marchand assunse così il Comando del reparto, prendendo il posto del Tenente Colonnello Luigi Ubertalli.

Erano, quelli, i giorni della decisiva “Battaglia di Vittorio Veneto”, nel corso dei quali il LXXII° Reparto d’Assalto passò il Piave assieme agli arditi della 1^Divisione d’Assalto con lo scopo di creare e coprire le prime teste di ponte per poi agire come truppe di rottura.

Il reparto prese, quindi, parte ai combattimenti nella piana di Sernaglia.

Alla mezzanotte del 26 ottobre – sotto un preponderante fuoco nemico – gli arditi della 2^ e 3^ Compagnia riuscirono ad attraversare il fiume, ma prima di essere raggiunti dal resto del reparto, le imbarcazioni per il traghettamento furono distrutte.

Un nucleo di arditi rimase così bloccato sull’isolotto di Luserna, mentre quelli che non erano riusciti a passare sulla sponda sinistra si attestarono a sud di Cao Villa, tra Case Mira e Falzè di Piave dove furono costantemente martellati dal fuoco nemico e dal tiro troppo corto delle bombarde italiane.

E fu proprio in quei luoghi che la giovane esistenza di Ettore Marchand si sarebbe spenta. Era il 28 ottobre del 1918, a pochi giorni dalla fine della stessa guerra, quando Ettore cadde in combattimento alle prime luci del mattino sul fiume Piave.

Alla sua memoria verrà concessa, nel marzo del 1920, la Medaglia d’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Splendido campione di comandante, di soldato e di organizzatore, dedicava tutta la sua intelligente ed appassionata attività alla riuscita del tentativo di passaggio del Piave dal saliente di C. De Faveri. Trasfondeva nei suoi dipendenti tutto l’ardore della sua fede e l’irresistibile impulso della sua volontà tenace. Nel passaggio del Piave, effettuato il mattino del 28 sotto l’intenso tiro di grossi calibri nemici. Slanciavasi primo alla testa dei suoi incontrando serenamente e coscientemente morte gloriosa. Piave 28 ottobre 1918“.

Animati dalla sua coraggiosa morte, il nucleo di arditi di Cao Villa – circa 150 uomini – tenne la posizione fino al 29 ottobre, giorno in cui riprese l’avanzata verso Pieve di Soligo dove il giorno 30 si ricongiunge con il resto del glorioso LXXII° Reparto d’Assalto, che nel frattempo (29 ottobre) era riuscito anch’esso a passare il Piave con buona parte del XXII° Corpo d’Armata.

Secondo alcuni biografi, gli effetti personali del Capitano Marchand, così come la sua amata cagnolina che aveva portato con sé al Fronte, furono inviati a Bardi, a casa di quello zio che tanto l’aveva amato e che, con grande dolore, lo aveva visto partire per il Perù e che avrebbe fatto di tutto per farne tornare le spoglie nella stessa Bardi, recuperandola dal cimitero di guerra di Montebelluna.

 La Colonia italiana in Perù e il ricordo dei suoi caduti (1918 – 1925)

Fu innanzitutto lo stesso “Comitato Italiano” che nella Capitale peruviana intraprese le prime iniziative onde onorare solennemente i caduti subiti dalla Colonia italiana durante la “Grande Guerra”.

Ad esso avrebbero contribuito, nelle varie località del Paese andino, anche le altre nobili Istituzioni, sorte nel tempo tra gli emigranti italiani, come nel caso delle varie “Compagnie Pompieri”, ma soprattutto del “Comitato Pro Croce Rossa Italiana e Famiglie vittime della guerra”, sorto a Lima nel corso dello stesso 1915, con dipendente Sotto Comitato operante al Callao, il quale, per tutto il periodo del conflitto avrebbe consegnato al Delegato della Croce Rossa Italiana in Perù, Cavaliere Ufficio Egidio Sassone, ingenti somme di danaro da inviare in Patria, per assolvere agli scopi sociali di assistere i più bisognosi colpiti dagli effetti della stessa deflagrazione europea.

Un ruolo molto attivo sarebbe stato svolto anche dalla stampa italiana attiva in Perù, in primo luogo dal celebre quotidiano “La Voce d’Italia”, diretto da Emilio Sequi e dalla “Rivista Italo-Peruviana”, capeggiata da Enrico Calcagnoli, entrambi testate che si pubblicavano in Lima.

A tali Sodalizi avrebbe fatto seguito il “Gruppo Combattenti Italiani”, sorto il 10 gennaio del 1921 e costituito dai numerosi reduci che avevano fatto ritorno in Perù, ovvero da coloro che vi si erano stanziati per la prima volta nei primi anni che seguirono la fine dell’immane conflitto mondiale. Si dovette proprio a tali nobili istituzioni la memorabile cerimonia che si tenne a Lima il 7 giugno del 1925, allorquando l’intera Colonia avrebbe ricordato solennemente i propri caduti, nel corso di una cerimonia organizzata nei locali dell’Ospedale Italiano.

Dopo la Santa Messa, celebrata dall’ex Cappellano Militare Don Sirio Simoni, fu il Presidente dello stesso “Comitato Italiano”, Avv. Adolfo Battilana ad invitare il Regio Ministro d’Italia, Fortunato Castoldi a prendere la parola e, successivamente, a scoprire la lapide riportante i nomi dei caduti subiti dalla Colonia nei quattro lunghi anni di guerra.

E fu proprio in quella circostanza che un periodico pubblicò alcuni strazianti brani dell’ultima lettera che Ettore Marchand aveva indirizzato al padre Romeo, il 21 ottobre 1918, tra questi il passaggio al quale affidiamo la conclusione di questo saggio: “Papà carissimo, Viva l’Italia! Se la sorte ti dovesse togliere un figlio, siane orgoglioso. Io sono sereno. Attendo con i miei arditi dalle fiamme rosse l’ora del Dovere, della santa riscossa, con frenesia. Evviva ancora e sempre l’Italia” [6].

 

NOTE

[1] Il “Comitato Italiano” era stato costituito a Lima il 23 gennaio del 1913, composto dai delegati delle varie Istituzioni italiane operanti in Perù e, per questo, rappresentante dell’intera Colonia.

[2] I Marchand di Bardi erano di origini francesi, venuti in Italia al seguito delle truppe Napoleoniche all’inizio dell’Ottocento, provenendo da Civry Chateaudun – Eure et Loire. Fra i vari membri si annoverava un Victor Marchand, proprietario e gestore del servizio postale di Bardi, ma soprattutto costruttore e Consigliere Comunale.

[3] Romeo Marchand si era unito in matrimonio con Maria Laura Sores, classe 1879, dalla quale ebbe altri figli.

[4] Cfr. Con Decreto Luogotenenziale in data 16 novembre 1916, in Ministero della Guerra, “Bollettino Ufficiale del Ministero della Guerra”, 18 novembre 1916.

[5] Cfr. Corrispondenza dal titolo “Nuestras Conocidos en la guerra – Teniente Hector Marchand”, in “Variedades. Revista Semanal Ilustrada”, n. 486, Lima, 23 giugno 1917, p. 684.

[6] Cfr. Corrispondenza dal titolo “La grandiosa celebrazione del 24 maggio e del 7 giugno”, in “Il Legionario. Organo dei fasci italiani all’estero e nelle colonie”, n. 29 del 18 luglio 1925, p. 18.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare

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